In epoca di sbarchi ed emergenza immigrazione, cosa accadrebbe se l’Europa potesse chiudere davvero le frontiere? L’Italia perderebbe oltre 4 milioni di lavoratori in quindici anni. I giovani diventerebbero merce rara: un milione e 300mila sparirebbero nel nulla. Boom invece di pensionati: aumenterebbero di due milioni e mezzo. Il resto d’Europa non starebbe meglio: nel 2030 dovrebbe dire addio a 30 milioni di persone in età lavorativa. Eccolo lo scenario “apocalittico” di un eventuale saldo migratorio pari a zero: «Un continente vecchio, più povero e meno produttivo».
A fotografare un’Europa chiusa nelle proprie frontiere è uno studio della Fondazione Leone Moressa, su stime Eurostat e Istat. I ricercatori partono dall’ipotesi, fantascientifica, di un saldo migratorio pari a zero. I risultati? Impressionanti. A frontiere chiuse (e con gli attuali tassi di fecondità), nel 2030 la popolazione Ue diminuirebbe dell’1,9%, sotto quota 500 milioni. Ancora più drastico il calo demografico in Germania (-7%, da 81 a 75 milioni) e in Italia (-5%, da 60 a 57 milioni). La fascia d’età lavorativa (15-64 anni), che attualmente rappresenta il 65,5% della popolazione europea, scenderebbe al 60,8%. Tradotto: 30 milioni di persone in meno. Per l’Italia si tratterebbe di una perdita di 4,3 milioni di cittadini in età lavorativa.
Ancora peggiore l’andamento in Germania: 9 milioni in meno. Calerebbero anche i giovani nella fascia 0-14 anni, dall’attuale 15,6% al 14,3%, con una diminuzione di quasi 8 milioni in Europa e un milione e 300mila in Italia. Al contrario, l’invecchiamento della popolazione porterebbe a un aumento di 6 punti percentuali tra gli over 65 (+28 milioni in Europa). In Italia gli anziani crescerebbero di 2,6 milioni, passando dal 21,7% al 27,5%.
Come sarà invece l’Italia tra 15 anni, con gli attuali flussi migratori invariati? Oggi tra gli italiani la popolazione in età lavorativa rappresenta il 63,2%, mentre tra gli stranieri il 78,1%. Gli anziani sono il 23,4% e solo il 3% tra gli immigrati, ma stando all’Istat nel 2030 saliranno al 29,2% tra gli italiani e all’8,2% tra gli stranieri. E ancora: nel 2015 gli immigrati rappresentano l’8,2% della popolazione residente in Italia. Valore che sale all’11,3% tra i bambini e scende addirittura all’1,1% tra gli anziani, «con un impatto dunque minimo sulla spesa pubblica».
Nel 2030, gli immigrati rappresenteranno ben il 14,6% della popolazione, arrivando addirittura al 21,7% nella fascia 0-14 anni e al 17,4% nella fascia 15-64. Cambierà anche il mercato del lavoro: oggi gli occupati stranieri sono oltre 2 milioni, con un’incidenza del 10% sul totale, nel 2030 saranno 4 milioni, pari al 18% degli occupati. Mantenendo gli attuali tassi di crescita, il Pil prodotto dagli immigrati ammonterà a 217 miliardi, pari al 15% del totale (attualmente è poco al di sotto del 9%).
«Oggi l’immigrazione rappresenta uno dei temi più delicati a livello europeo — scrivono i ricercatori della Fondazione Moressa, che l’11 ottobre presenteranno al Viminale il “Rapporto sull’economia dell’immigrazione” — basti pensare al referendum sulla Brexit, sul quale ha influito moltissimo la campagna anti-immigrati, al muro alzato dall’Austria o al prossimo referendum del 2 ottobre in Ungheria sui ricollocamenti dei migranti.
Nella maggior parte dei paesi Ue, il sentimento dominante è quello di chiusura delle frontiere e di contrasto all’immigrazione. Questo studio conferma invece ancora una volta l’importanza della componente straniera in Italia e in Europa, dal punto di vista demografico e di conseguenza sotto il profilo socio-economico».