Settemila abitanti in meno dal ’ 91 a oggi e una popolazione over 65 ormai prossima alla soglia del 25%del totale. Fosse un film sarebbe «2011, fuga da Varese» e anche se la flessione non è certo cominciata ieri chi governerà la città nei prossimi cinque anni dovrà fare i conti con questa tendenza: una comunità che fatica a ridarsi una identità dopo la perdita delle vocazione industriale e che sente — in fatto di dinamismo — il fiato sul collo degli altri centri della provincia, Gallarate e Busto (quest’ultima, proprio all’inizio di quest’anno ha scavalcato Varese per numero di abitanti).
Sconfiggere il senso di marginalità e di «città -dormitorio» , sottrarsi a quel piano inclinato che porta sempre più giovani, sempre più talenti a migrare verso Milano: per quanto non apertamente dichiarato, questo è stato uno dei temi della campagna elettorale. Basti pensare che uno dei temi più dibattuti tra i candidati, nei forum dei sostenitori, negli incontri pubblici è stato l’eterna incompiuta dell’attività culturale a Varese. Costruire o no un teatro pubblico (il progetto di trasformare in questo senso l’ex caserma Garibaldi «balla» da un quindicennio)? Investire o no in mostre, appuntamenti, musica, università proprio per ridare smalto e capacità attrattiva a un capoluogo sempre più con i capelli bianchi?
«Con la cultura non si mangia» è stato detto di recente e il rischio di giocarsi il consenso annunciando in campagna elettorale roboanti investimenti in un periodo in cui mancano i soldi anche per rattoppare i marciapiedi ha indotto quasi tutti i candidati a non sbilanciarsi. D’altra parte nessuno dei «competitors» ha ceduto ai richiami della piazza promettendo mari e monti su un altro fronte su cui sarebbe stato facile fare «cassetta elettorale» : il Varese calcio dopo decenni di quaresima sportiva si sta giocando l’ascesa in serie A e la tifoseria reclama uno stadio nuovo. Ma anche in questo caso la classe politica ha scelto il profilo basso.
Detto dei temi chiave che saranno sul tavolo di Palazzo Estense nel prossimo quinquennio, resta da stabilire chi saranno i nuovi inquilini del municipio varesino. Sulla carta non sembra esserci partita: nella città -vetrina del Carroccio il sindaco uscente Attilio Fontana (Lega), che nel 2006 fece suo il 57,8%dei voti si ricandida e si è garantito il sostegno del Pdl. Rispetto a cinque anni fa, tuttavia, Fontana ha perso per strada l’Udc e i finiani che si affidano a Mauro Morello. In più nel campo dell’elettorato moderato e di centrodestra il fronte è quanto mai frammentato: in questo bacino elettorale «pescheranno» altri pretendenti alla carica di sindaco come Mauro della Porta Raffo, Raffaella Greco, Alessio Nicoletti o Flavio Ibba.
Alla pattuglia va aggiunto anche l’indipendentista padano Egidio Castelli. Ognuno di loro potrebbe diventare decisivo in caso di ballottaggio. Di converso il centrosinistra ha litigato molto meno che in passato e si è concentrato con sufficiente anticipo sulla candidatura di Luisa Oprandi, insegnante di estrazione cattolica, appoggiata da Pd, Idv e Sel e da una lista civica. Unica «concorrenza» a sinistra sarà quella rappresentata di Carlo Scardeoni (Rifondazione e Pdci) e Francesco Cammarata (Movimento 5 stelle). In definitiva decideranno gli indecisi: nel 2006 appena 67%dei varesini espresse il suo voto alle amministrative ma per scuotere la città dal torpore quasi nessun leader politico nazionale ha fatto tappa a Varese. Hanno compiuto una «capatina» solo Casini e Di Pietro, nei prossimi giorni si farà vedere Umberto Bossi. Ma è davvero il minimo sindacale, per una città capoluogo.