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Maurizio Giannattasio
Uno dei padri del Pirellone bis: «Cento borghi nel Parco Sud»
7 Ottobre 2009
Milano
La ricetta dell’archistarlet per rilanciare l’agricoltura periurbana: la sostenibilità è questione di pilastri. E magari qualche geranio. Il Corriere della Sera ed. Milano, 7 ottobre 2009 con postilla (f.b.)

Una Grande Milano dai cento borghi. Dove? Intorno alle cascine del Parco Sud. Con nuclei di 500-600 abitanti. Paolo Caputo, architetto, conosce bene la città. Ha vinto il concorso per la realizzazione del villaggio Expo a Cascina Merlata, si è aggiudicato la gara per il Pirellone bis assieme a Pei, Cobb, Freed e Partners, ha fatto la sua parte realizzando una serie di strutture a Santa Giulia prima dei problemi finanziari di Zunino. E sa bene che andare a toccare il Parco Sud è come andare a toccare i fili dell’alta tensione. «Ma questo sarebbe l’unico modo per tutelare veramente il parco».

Come?

«Partiamo dall’inizio. E cioè da Expo».



Expo?

«Sì, Expo e il suo tema legato all’agricoltura di prossimità».



Che può fare Expo per la trasformazione urbanistica di Milano?

«Rafforzare un modello insediativo metropolitano che da una parte si oppone alla città infinita di Milano Nord e dall’altra alla contrapposizione storica tra città e campagna di Milano Sud. La chiamerei la Metropoli Giardino».

Cos’è la Metropoli Giardino?

«Una città fatta più di vuoti che di pieni, di intervalli tra il costruito e il non costruito, i campi».



In pratica?

«In pratica, bisogna ridisegnare il bordo della città nei confronti della campagna come è previsto dal nuovo piano del governo del territorio».

Come?

«Con la valorizzazione delle cascine che caratterizzano il sud di Milano e sono al centro del progetto Expo. Si può pensare a realizzare dei veri e propri borghi intorno alle centinaia di cascine sparse sul territorio».

Quanto grandi?

«Cinquecento o seicento abitanti. In modo da raggiungere quella dimensione critica che giustifica la creazione di servizi per le persone a partire dagli asili nido».

E i terreni agricoli?

«Con la realizzazione dei bordi e dei borghi si definisce finalmente il parco vero e prop rio e non un rimasuglio di territorio agricolo».

Tutto bene se non si trattasse del Parco Sud. Un «non costruito» che secondo lo stesso Comune dovrebbe rimanere «non costruito».

«Nel momento in cui si consolida un sistema come quello dei borghi e della Metropoli Giardino e si arriva alla definizione di un parco a tutti gli effetti, abbiamo la garanzia che il verde verrà tutelato. Apparentemente si va ad erodere del territorio, in realtà si costruisce una quota parte contenuta e con questa quota parte si va a tutelare la parte più cospicua del territorio ».

Altra contestazione. Ricreare un borgo non è antistorico?

«Sarebbe antistorico se i borghi venissero considerati un’antitesi alla città come è stato nell’Ottocento e poi alla fine degli anni ’50 con la costruzione di quartieri autonomi rispetto alla città ».



Invece?

«Costruire borghi oggi vuol dire realizzare reti di collegamento che costituiscono il sistema metropolitano. Per cui a borghi solo residenziali si devono affiancare nuclei che si appoggino a eccellenze sanitarie, universitarie, di ricerca. Penso al Cerba».



Temi scottanti. Al centro del braccio di ferro tra Comune e Provincia...

«Se si individuano i contenuti, verranno a mancare i motivi dell’incomprensione. Il vero tema è lavorare tutti su un modello insediativo che se è chiaro è in grado di mettere tutti d’accordo».



postilla

A ben vedere è del tutto logico e coerente: l’architetto armato delle migliori intenzioni vuole “riqualificare” il territorio, e lo fa coi propri strumenti di lettura e proposta: il territorio è tale soprattutto nella sua versione antropizzata, e l’uomo moderno mica abita in un buco nel suolo, ma per esempio dentro a un bel “borgo”. Peccato che questi borghi siano, esattamente e storicamente, quanto poi ha cancellato e cancella il territorio agricolo della greenbelt metropolitana. Qui non siamo, che so, nella Capitanata foggiana degli anni ’20, dove l’ingegnere milanese Cesare Chiodi progettava piccoli borghi rurali, new towns agricole tascabili, a contenere l’esodo di manodopera dalle campagne, nel quadro della bonifica integrale fascista. Siamo invece nel regno dei Ligresti & Co. per i quali l’agricoltura si esprime al massimo in una bella bancarella in centro storico, dove una comparsa in abiti rustici porge caciotte a peso d’oro all’elegante moglie dell’evasore che può comprarsele. Tutto il resto, è retorica per gonzi: diciamocelo, il fango e il letame fanno un po’ schifo a tutti! Se sono queste le premesse dell’Expo, e pare siano proprio e quasi solo queste, stiamo proprio freschi, con buona pace delle migliori intenzioni progettuali, che sono proprio mal poste in assenza di strategie metropolitane. Almeno, di strategie diverse da quelle della neo installata Provincia di centrodestra che contesta la Milano da due milioni di Cielle, ma solo per proporre di “spalmare” cubature democraticamente sui comuni di cintura. Magari travestendole proprio da borghi, magari con qualche impavido amministratore/trebbiatore pronto a tagliare il nastro … pardon: il fieno (f.b.)

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