C'è una riflessione preliminare da fare, a proposito delle giornate di relazioni e discussioni che si sono svolte a Teano tra il 23 e il 26 ottobre. E non riguarda il loro contenuto, ma quanto è avvenuto all'esterno e dopo il loro svolgimento. Dell'assenza della tv sarebbe francamente ingenuo lamentarsi, e non lo farò. Ma il comportamento della grande stampa democratica merita almeno un cenno, perché illustra un fenomeno, certo non nuovo, ma sempre più marcato e grave. Di cose anche culturalmente e politicamente importanti che avvengono nel Paese si dà notizia al loro annunzio, quando esse appaiono nuove, vendibili come prodotti freschi al pubblico dei lettori-consumatori. Dopo si tace, perché la merce-notizia è diventata già obsoleta, come ogni prodotto del capitalismo vorace del nostro tempo. E soprattutto non si dà conto dei contenuti. Credo che cada ormai sotto l'esperienza di molti un fatto sempre più generalizzato: non ci sono giornalisti a dar conto di iniziative culturali o politiche se non vi sono presenti grandi leader o vedette di una qualche notorietà, che consentano di rendere appetibile la notizia, farla apparire come un leggero gossip. Laddove c'è puzza di serietà, i giornalisti non vengono inviati. Col risultato che gli organi di stampa che lottano contro un'Italia che si va disfacendo, contribuiscono all'opera dando conto solo delle mosse dei leader, dei loro maneggi e litigi. L'immagine dominante dell'Italia, così, è quella che parla attraverso il politichese delle piccole e frantumate oligarchie di quel che resta dei partiti.
A Teano, una delle esperienze più originali e più singolari sono state le testimonianze dei sindaci dei piccoli comuni. Un primo dato sorprendente: la loro giovane età. Ragazze e ragazzi, già sindaci. Nei loro comuni, costoro hanno avviato, spesso con successo, importanti attività: dalla raccolta differenziata a pratiche di accoglienza degli extracomunitari, dalla difesa dell'acqua pubblica a politiche attive di difesa del territorio e dell'ambiente. Un'Italia della buona amministrazione, del rispetto della legalità e del bene comune è sfilata sotto i nostri occhi, avanguardia di una nuova cultura politica che i media non sanno intercettare. Erano sindaci del Nord e del Sud, ma anche del Centro. E sottolineo il Centro non solo per riprendere una saggia riflessione fatta da Asor Rosa sulle pagine di questo giornale. Ma anche per continuare a mettere in discussione questa divaricazione dualistica dell'Italia, fondata sull'economicismo del Pil e su una stantìa retorica novecentesca. L'Italia è molto più intrecciata e composita di quanto possa dire questa scolastica contrapposizione. Nord e Sud, nella misera esemplificazione mediatica dei nostri giorni, sono ormai Bianco e Nero, Progresso e Arretratezza, Vizio e Virtù Ma è davvero così? Se rimaniamo a questa schematica geografia dei valori, dovremmo chiederci: quanto Sud c'è al Nord? Non è meridionale la pratica di tante industrie del Nord di affidare alla criminalità i rifiuti tossici destinati alle campagne della Campania o della Calabria? Non è meridionale la cementificazione e la distruzione del territorio del Nordest, oggi ampiamente verificata dal suo sprofondamento nell'acqua dopo alcuni giorni di pioggia? E non è nordica la raccolta differenziata dei rifiuti messa in atto in tanti comuni della Campania o della Puglia, o il coraggio dei giovani meridionali nel manifestare in massa contro la criminalità organizzata, la dignità umana e civile degli operai di Pomigliano, che hanno espresso il 37% dei no al referendum voluto dalla Fiat?
La permanenza di una visione dualistica non solo cattura poco della realtà effettuale del nostro Paese, ma comincia a diventare pericolosa. Chi non si è accorto di ciò che sta montando oggi nel Sud della penisola? Un tardivo e recriminatorio leghismo meridionale si sta diffondendo in molti ambiti della società - destinato a creare nuove lacerazioni - per invocare antistoriche autonomie, per consegnare pezzi di società a nuove oligarchie politiche che hanno perduto il loro ruolo nazionale.
A Teano è stata elaborata e sottoscritta una Carta di principi irrinunciabili. Non va gettata nel dimenticatoio, ma fatta valere come un documento vivo, attorno a cui raccordare le forze sociali e politiche realmente preoccupate della tenuta della compagine nazionale e al tempo stesso impegnate a ricucire la tela frantumata della sinistra italiana. Questo doppio registro può fare anche delle ristrette forze che hanno organizzato l'iniziativa nel comune campano un punto di riferimento importante, portatore di valori politici e civili di ampia risonanza. Esso può diventare un centro promotore di iniziative unitarie, che concorrano a due fini distinti ma fortemente coincidenti. Occorre ricordare che la frantumazione della sinistra è anche una lacerazione dell'Italia? Che la difesa dell'unità del Paese non è una nostalgia patriottarda, né una difesa del centralismo, ma la condizione di una visione classista dei problemi del nostro tempo? Che lo Stato-nazione è ancora una trincea importante per combattere in Europa e nello scenario mondiale?
Ma ciò che nelle dirigenze dei partiti è litigiosità, divisione, rissosità incomponibile, nei movimenti, nelle vertenze locali, nei mille comitati che pullulano nel Paese è solo scollegamento, assenza di comunicazione, isolamento. Sui problemi reali le forze attive nei vari territori sono largamente concordi. Si pensi alla questione dell'acqua pubblica, al lavoro precario, all'aggressione al territorio e all'ambiente, al cibo «buono, pulito e giusto», come dice Petrini. Occorre perciò un grande sforzo di raccordo nazionale su questi singoli temi. Inventare momenti di unificazione su questioni determinate in cui confluiscano tutte le esperienze e le competenze maturate a livello locale. È ora che questa Italia nuova in incubazione appaia nella sua unitarietà, si imponga come nuovo progetto di società all'immaginario collettivo degli italiani. È ora che gli attivisti e i leader formatisi nelle lotte, numerose e talora sconosciute, di questi ultimi anni, emergano come nuovi gruppi dirigenti, locali e nazionali, portatori di visioni generali. L'esperienza di Teano e la sua Carta dovrebbero mettersi al servizio di questo processo.
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