«La pastasciutta forse non piaceva a Leopardi, perché a causa del suo stomaco debole preferiva i brodini. In compenso gli spaghetti hanno pieno diritto di appartenere alla civiltà italica come e più di Dante Alighieri», scriveva Giuseppe Prezzolini nel suo indimenticabile saggio del 1957 "Maccheroni & C.". «Il mondo della pasta è essenzialmente popolare», sosteneva. E non è un caso che la ritroviamo tra i più importanti indicatori di spesa del paniere Istat. Così popolare e italica, irrinunciabile, che pare che certi grandi distributori, a volte, la usino addirittura come specchietto per le allodole, vendendola sottoprezzo per dimostrare quanto sono mirabolanti le loro offerte.
Forse i veri incassi si fanno su altri prodotti, ma quello che interessa a noi è che è avvenuto un fatto straordinario: da giugno in poi il prezzo del grano è aumentato, ora è al 132% in più rispetto all, anno scorso. Il prezzo della pasta deve risentirne, inevitabilmente. E qualcuno ci potrebbe speculare. Infatti l, Antitrust vuole capire se gli aumenti sono regolari o no, se esiste un cartello dei pastai che intende aggirare le regole della sana concorrenza a approfittarsi dei cittadini.
Va detto che l, aumento del grano duro è realmente stato incredibile, il prezzo era fermo da tre anni, tanto che molti contadini, una volta venuti meno i contributi europei, avevano smesso di coltivarlo perché non conveniva. Impennata incredibile e sorprendente, dovuta alla diminuzione della produzione (per siccità, boom dei biodiesel e altre storie) e al contemporaneo aumento della domanda, soprattutto da parte dei Paesi emergenti come India e Cina, vogliosi della moda alimentare occidentale. Tutti sono stati colti impreparati: l, Unione Europea per esempio, aveva tranquillamente venduto tutte le sue scorte (ai Paesi emergenti?) a giugno, appena aveva fiutato il possibile affare. Ora i magazzini europei sono vuoti, e cercare di calmierare i prezzi è praticamente impossibile. Anche l, Australia ha dovuto contingentare le esportazioni.
E la pasta? Beh, l, aumento del grano si è trasferito quasi intatto fino alla semola, che è la materia prima che i pastai comprano dai mugnai: più 122%. Ora, se calcoliamo che per una pasta artigianale, di qualità superiore, la semola incide sul prezzo finale per circa il 40%, l, aumento finale della pasta dovrebbe attestarsi sul 25% circa. Per la pasta industriale, in cui la semola incide per il 70%, l, aumento finale dovrebbe essere anche maggiore, fino al 40%. Quella industriale, la più diffusa, è la pasta che costa meno, comunque: di base un euro e mezzo al chilo (se ne trovate a meno comincia a essere difficile pensare che contenga solo semola). I pastai ora sono in crisi: la grande distribuzione deve stoppare i prezzi che salgono, non gli compra il prodotto a quanto vorrebbero, non gli riconosce gli aumenti. Del resto la pasta è sacra.
Ho la netta impressione che sia difficile immaginare un cartello dei pastai, alleatisi per speculare sui prezzi pazzi. La filiera è complessa, ha molti punti poco chiari e la situazione mondiale è davvero straordinaria. Senza voler dare ragione per forza a qualcuno (speriamo ci pensi l, Antitrust, se serve) però proviamo a fare un altro ragionamento: gli italiani consumano mediamente 28 chili di pasta pro-capite all, anno. Se costava un euro e mezzo al chilo fanno 42 euro all, anno a testa. Con il peggiore degli aumenti previsti, stiamo parlando di circa 15 euro in più a testa. In un anno!
Non mi sembra una cifra spropositata di fronte alle spese per altri consumi. A quanti minuti di telefono in meno basterebbe rinunciare per pagarsela? Può darsi che stiamo esagerando nello scandalizzarci, forse è un buon modo per non pensare ad altro, forse è perché si tratta della «civiltà italica». Se qualcuno ne approfitta è giusto che sia punito, ma siccome si tratta della nostra identità, parliamo anche della qualità della pasta. Se incide così marginalmente sulle nostre spese è uno dei pochi prodotti su cui quasi tutti potrebbero trattarsi da re e passare addirittura a un consumo di eccellenza. Molte signore di buon senso in tv hanno dichiarato che se aumentano gli alimentari sposteranno i loro consumi, rinunceranno a qualcos, altro. Di fatto andando in aiuto ai contadini. Mi sa quasi che era ora.
Se volete delle ricette sperimentate andate nella cartella Paste, riso e sughi.