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Giovanni Dispoto
Una vigna storica nel centro di Napoli valorizzata dal vincolo del Mibac
27 Febbraio 2011
Napoli
Storia di una vigna urbana scomparsa, fino al vincolo odierno, "coronamento di un percorso di pianificazione urbanistica durato un quarantennio"

Il Corriere del Mezzogiorno (vedi in calce)ha informato recentemente che il Ministero per i beni e le attività culturali ha dichiarato “bene d’interesse storico-artistico” un cospicuo lembo (7 ettari) di collina, in un’area centrale di Napoli, restato per anni incolto “in attesa di edificazione” nonostante un vincolo paesistico procedimentale e un vincolo a standard decaduto, nel quale la più specifica salvaguardia urbanistica disposta dalla variante di prg del 1998 ha indotto i proprietari a reimpiantare l’antica vigna scomparsa. Abbiamo chiesto a Giovanni Dispoto, che ha seguito la vicenda negli ultimi lustri, di raccontarla (e.)

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Descrizione dell’area



La Vigna s’identifica topograficamente con gran parte del pendio esposto a sud-est che raccorda i margini settentrionali dei quartieri Spagnoli (corso Vittorio Emanuele III) del centro storico, con la certosa di San Martino e castel Sant’Elmo, il complesso monumentale che sorge al culmine della collina del Vomero. L’area è altresì delimitata a Est e a Ovest da due storici percorsi pedonali: i gradoni della Pedamentina e quelli del Petraio. Questi, partendo entrambi da San Martino, si divaricano raggiungendo in basso il Corso Vittorio Emanuele III, il primo in corrispondenza di Montesanto, il secondo in corrispondenza di Cariati, dove si trovano anche il complesso monastico di San Nicola da Tolentino e l’ex complesso monastico di suor Orsola Benincasa, oggi sede universitaria. Adiacenti ai due percorsi, i tracciati rispettivamente della funicolare di Montesanto e della funicolare Centrale che collegano la città bassa e la città alta.

Il Prg del 1972



L’area era individuata nel Prg del 1972 come zona omogenea I1- Parco di particolare valore paesistico ed ambientale- e la sua attuazione era subordinata, come anche l’attuazione del Prg per l’intero territorio cittadino, alla redazione di piani urbanistici esecutivi che non furono mai elaborati. Con la prima giunta Valenzi venne considerata anche la possibilità di procedere all’esproprio dell’area per la realizzazione di un parco pubblico, ricorrendo alla legge 1/78 che avrebbe potuto consentire l’intervento anche in deroga al Prg. Tuttavia una accurata valutazione dei luoghi (un paesaggio di coltivi terrazzati in pieno centro storico che risalendo il ripido pendio culmina con la passeggiata dei monaci della certosa di san Martino) mise in evidenza la difficoltà di conciliare la conservazione dei caratteri paesaggistici, morfologici, agronomici dell’area ed un suo eventuale utilizzo come verde pubblico da standard che all’epoca s’identificava tout court con il cosiddetto “verde attrezzato”, con l’immancabile presenza di cavee, laghetti e verde ornamentale. In altri termini i tempi non apparivano ancora maturi per un progetto anche gestionale, che considerasse la campagna urbana come un bene di pubblico interesse anche ai fini dello standard urbanistico. L’obiettivo dell’amministrazione di realizzare un grande parco urbano fu così indirizzato al bosco esistente sulla collina dei Camaldoli, dove in quegli anni l’abusivismo edilizio minacciava di far sparire la selva di castagno ceduo che la ricopriva. Un progetto esecutivo elaborato dall’amministrazione e approvato all’unanimità dal consiglio comunale ai sensi della legge 1/78, consentì poi alla cassa per il Mezzogiorno di procedere agli espropri e alla realizzazione del parco boschivo dei Camaldoli (137 ha).

Dal punto di vista della tutela dell’area dall’abusivismo, la vigna San Martino, soprattutto per la sua posizione e il fragile equilibrio dei luoghi, appariva correre minori rischi . Vincolata ai sensi della legge 1497/39 con decreto del 22 novembre 1956, risultava appartenere per intero ad una società con sede all’estero.

La variante di salvaguardia e la variante al Prg



Con la variante di salvaguardia approvata il 29.06.1998, l’area viene compresa nella zona omogenea nEa –Area agricola. La perimetrazione dell’area rispetto al Prg del 1972 viene ampliata lungo il bordo meridionale attestandosi sui confini della cortina edificata al piede della collina, lungo il corso Vittorio Emanuele III (convento di San Lucia al Monte).

E’ in questo periodo che avviene l’acquisto del terreno da parte dell’attuale proprietario che reimpianta quasi subito la vigna e torna a coltivare i terrazzamenti prima abbandonati.

Con la variante al Prg approvata nel 2004, l’area viene assoggetttata alla disciplina della zona omogenea Ad – Agricolo in centro storico- e contemporaneamente individuata tra le aree reperite come standard di verde di quartiere.

I tempi sono maturi per conciliare la tutela e la permanenza della campagna urbana e in generale dei valori testimoniali del paesaggio agrario, con il dimensionamento degli standard urbanistici nel nuovo piano regolatore. Questo, anche in considerazione dei nuovi indirizzi comunitari sulla multifunzionalità dell’agricoltura specie in area urbana (agriturismo, attività didattica, vendita diretta dal produttore al consumatore, eccetera), e della possibilità di attuare forme di fruizione dei terreni, coltivati e non, con l’assoggettamento all’uso pubblico attraverso la stipula di convenzioni tra pubblico e privato, ipotizza che l’intero sistema collinare dei terreni ancora liberi, ivi compresa l’area della vigna San Martino, venga perimetrato come parco di interesse regionale (art.1 delle n.t.a.).

In ordine a tale scelta del Prg, la regione Campania con legge regionale 17 del 7 ottobre 2003 e successivamente con decreto di giunta regionale n. 853 del 16 giugno 2004, ha provveduto all’istituzione del parco metropolitano delle colline di Napoli che comprende nel suo perimetro anche la Vigna San Martino.

La stesura definitiva del Prg e l’istituzione del parco regionale ha dato, rispetto alla variante di salvaguardia, ulteriori e definitive certezze all’iniziativa del privato circa la coerenza esistente tra la strumentazione urbanistica vigente e le attività che l’imprenditore intende svolgere nella sua proprietà. Il recente vincolo dell’area, in quanto “Bene di interesse storico e artistico” da parte del ministero competente è, a ben vedere, il coronamento di un costante e coerente percorso di pianificazione urbanistica svoltosi nell’arco degli ultimi quaranta anni.

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