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Serena Righini
Una storia italiana di prefetti e legalità
11 Marzo 2011
Scritti ricevuti
Criminalità organizzata, controllo del territorio, permeabilità delle istituzioni, la tragica telenovela continua: scritto per eddyburg

Da qualche giorno alcuni esponenti delle Prefetture italiane sono protagonisti di vicende non proprio trasparenti. Corrado Catenacci, prefetto di Napoli ed ex commissario ai rifiuti della Regione Campania è stato arrestato nell'ambito di un'operazione per reati ambientali, in particolare e' stata accertata l'esistenza di un accordo illecito tra pubblici funzionari e gestori di impianti di depurazione campani che ha consentito, per anni, lo sversamento in mare del percolato senza alcun trattamento preventivo, contribuendo ad inquinare un lunghissimo tratto di costa.

A Genova la Corte dei Conti ha aperto un fascicolo per accertamenti sulla spesa sostenuta (pari a € 105.000,00) per i lavori di ristrutturazione della stanza da bagno dell’appartamento del prefetto, Francesco Musolino, che comprendono l’installazione di un bagno turco, di idromassaggio e di coperture marmoree.

E ancora, dagli atti giudiziari del “caso Ruby” emerge come il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi , abbia ricevuto, in almeno tre incontri, presso gli uffici prefettizi, la sig.ra Garcia Polanco Marysthell, assidua frequentatrice e animatrice delle serate di Arcore, per favorire la sua pratica di cittadinanza, come richiestogli dal Presidente del Consiglio Berlusconi.

Insomma, se la carica di Prefetto è la massima rappresentazione sul territorio dello Stato e dell’ordine pubblico, lo scenario non sembra particolarmente rassicurante.

Un ulteriore caso emerge dalle vicende lombarde dell’ultima ora ed ha come soggetto il marito del Prefetto della città di Lodi.

Il contesto è quello lobbystico e corporativo della Regione Lombardia, settore sanità, in perfetto Comunione-e-Liberazione-style.

Già la nomina a direttore generale dell’ASL – Milano 1 di Pietrogino Pezzano, decisa dal governatore Roberto Formigoni nel dicembre scorso, aveva suscitato molte polemiche, fino a spingere i gruppi consiliari regionali di opposizione (Pd, Sel e IdV) a presentare una mozione per la revoca dell’incarico, in quanto erano presenti gravi accuse sui rapporti di Pezzano con alcuni ambienti mafiosi (mozione bocciata poi dalla maggioranza del Consiglio Regionale). Il nome di Pezzano compare infatti nei documenti della maxi inchiesta “Infinito” sulla presenza della ‘ndrangheta in Lombardia condotta dalla Procura di Milano. Alcune fotografie lo ritraggono assieme a ‘ndranghetisti della Brianza come Saverio Moscato e Candeloro Polimeno e il suo nome viene rintracciato in alcune intercettazioni di Pino Neri, ‘ndranghetista di casa nel Pavese.

Ed ecco che Pezzano nomina, solo il 27 gennaio scorso, il Dr. Giovanni Materia quale Direttore Sanitario della stessa ASL – Milano 1. E solo 6 giorni dopo, il 2 febbraio, lo stesso è costretto alle dimissioni in quantorinviato a giudizio per abuso d’ufficio dal gup di Messina, Maria Teresa Arena. I fatti contestati risalgono al novembre 2005 quando Materia era direttore sanitario del Policlinico di Messina dove, secondo gli inquirenti, operò delle pressioni sulla Commissione d’esame che doveva valutare i candidati di un concorso all’Istituto di Medicina del Lavoro del Policlinico al fine di favorire Umberto Bonanno, ex presidente del consiglio regionale.

Ho avuto modo di conoscere personalmente il Prefetto di Lodi, Dott.ssa Strano, quando, sulla scia della mia tesi di laurea sugli effetti delle infiltrazioni mafiose nei processi di governo del territorio, l’Ufficio Tecnico comunale nel quale lavoro, di un piccolo paese della provincia di Lodi, ha elaborato un Protocollo di Legalità da inserire nel proprio Piano di Governo del Territorio di prossima approvazione.

La consultazione con il Prefetto aveva l’obiettivo di verificare i contenuti anche dal punto di vista giuridico e di costruire un percorso istituzionale che potesse introdurre nel lodigiano criteri di trasparenza nei processi decisionali di tipo urbanistico e territoriale.

Nonostante durante l’incontro il Prefetto si sia dichiarata interessata a questa iniziativa, a quasi 2 mesi dall’incontro non ci sono pervenuti riscontri o richieste di approfondimento, solo, in risposta ai numerosi solleciti del nostro Sindaco, abbozzi di scuse e rimandi in nome delle troppe carte da sbrigare sulla scrivania e di eventi contingenti improrogabili.

Non resta che prendere atto che, nonostante la Direttiva sui controlli antimafia, scritta nel giugno scorso dal Ministro Maroni ai Prefetti , nella quale si ribadiva la necessità di affinare gli strumenti a disposizione, tenendo conto delle realtà territoriali ed ambientali, per colpire le organizzazioni criminali nei loro interessi economici, garantire libertà di impresa in sicurezza e favorire lo sviluppo dell'economia legale, alcune lungaggini burocratiche disincentivano iniziative potenzialmente virtuose.

In particolare, la direttiva sottolinea l'esigenza di valorizzare quelle iniziative pattizie, i protocolli d'intesa, che si sono già rivelate strumento prezioso per tutti quegli operatori economici che hanno chiesto, ed ottenuto, la "prossimità" delle istituzioni a supporto della libera attività d'impresa.

Peccato che non tutte le istituzioni ci credano allo stesso modo.

Nonostante qualcuno si ostini ancora a sostenere che la criminalità organizzata al nord non esiste, che leggi speciali sulla legalità “giù al nord”, nella terra dei giustizieri padani, non servono, dalla lettura degli atti dei processi, dalle testimonianze dei pentiti, dai documenti delle forze di polizia emerge l’immagine di una Pianura Padana controllata da un’economia illegale sempre più vischiosa e camaleontica, pronta a fare affari con chiunque. Riciclaggio di denaro per investire in imprese di movimento terra, per interrare nei cantieri (alle porte di Milano, non nella Locride!) tonnellate di rifiuti tossici, sui quali, una volta ricoperti, giocheranno i nipoti di questa Milano-bene, che forse sa, ma che continua a fare finta di niente e a stringere mani poco pulite in nome di lauti guadagni.

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