Legambiente, Wwf Italia, Rete dei comitati per la difesa del territorio, Comitato per la bellezza e Comitato terra di Maremma hanno condiviso, sottoscritto e presentato (Rispescia, 25 febbraio 2011) il documento che segue
Vale la pena riprendere il discorso sul corridoio tirrenico perché ci troviamo ad uno snodo interessante del processo di decisione: uno snodo dal quale possono prendere avvio aperture positive o, al contrario, ulteriori peggioramenti di un progetto già molto discutibile e discusso.
I fatti sono noti. Nel dicembre 2008 il Cipe ha approvato il progetto preliminare dell’autostrada Tirrenica con un tracciato di 200 km completamente in variante posizionato tra 50 e 100 metri dall’attuale Strada Statale Aurelia, la quale a sua volta veniva riportata per intero a due corsie, con a lato una pista ciclabile sui tratti oggi a quattro corsie. Abbiamo contestato fortemente questo progetto perché determinava un elevato consumo di suolo, un forte impatto paesaggistico in un territorio ancora integro, perché buttava a mare le risorse pubbliche investite fino ad oggi per adeguare l’Aurelia, ed aumentava le corsie a disposizione dei veicoli creando ulteriore traffico ed inquinamento.
Solo la Regione Lazio contestò quel progetto SAT, chiedendo il rifacimento della tratta laziale, con un progetto che utilizzasse ed ampliasse la Strada Statale Aurelia, soluzione che fu accolta dal CIPE nell’approvazione del dicembre 2008.
Di conseguenza la concessionaria SAT ha dovuto presentare un nuovo progetto del lotto 6A tra Tarquinia e Civitavecchia di circa 14 km, con una nuova procedura di Valutazione di Impatto Ambientale che è stata pubblicata ed avviata nell’estate 2010 e di cui si attende il parere da parte del Ministero per l’Ambiente.
Le caratteristiche del progetto definitivo recentemente presentato nel tratto laziale sono assai diverse da quelle del progetto preliminare del 2008 e approssimano in buona misura, tranne l’introduzione del pedaggio, a quelle del progetto ANAS del 2000:
- è cambiato il posizionamento territoriale, che passa dal tracciato distante dall’Aurelia a un tracciato pressoché totalmente sovrapposto all’attuale Aurelia;
- è cambiato il sistema di pedaggiamento, che passa da un sistema chiuso di esazione a svincolo ad un sistema misto di esazione a barriere intercalate da entrate/uscite regolate con il sistema free flow multilane. Un sistema che consente il passaggio dei veicoli in velocità, il pagamento differito del pedaggio e la selezione tra traffico pagante e traffico non pagante;
- e sono cambiate le stime di traffico: la nuova configurazione porterebbe ad una diminuzione del traffico atteso di circa il 40% rispetto a quello riportato nel Piano Economico Finanziario del 2008.
Questo calo dei dati di traffico futuri danno ragione alle obiezioni degli ambientalisti sulle stime gonfiate del progetto 2008, che tra crescita del traffico tendenziale e capacità della nuova autostrada di attrarre traffico dall’autostrada A1, arrivava a ben 52.000 veicoli/giorno nel 2030 sulla nuova Autostrada della Maremma. Un calo del 40% stimato adesso nel nuovo progetto definitivo significa arrivare a circa 31.000 veicoli/giorno nel 2030, sostanzialmente la crescita che si avrebbe sull’Aurelia, secondo le simulazioni di SAT, anche in assenza di qualsiasi intervento di adeguamento.
Va anche detto che più in generale la crescita del traffico è molto legata all’andamento dell’economia e del PIL e quindi ogni previsione deve fare i conti con l’andamento futuro dell’economia reale: anche passare dai 18.000 veicoli al giorno di oggi alla stima per 31.000 veicoli/giorno nel 2030 è comunque una stima assai ottimistica e di piena ripresa economica che al momento risulta invece altamente incerta. E senza calcolare le incertezze che gravano sul prezzo e la fine del petrolio.
Al di là della questione del pedaggio (che oggi ANAS propone su molte strade statali) c’è da chiedersi come mai nel 2005, quando venne presentato il progetto poi approvato nel 2008, l’adeguamento in sede dell’Aurelia del progetto del 2000 fosse stato ritenuto inaccettabile a causa dell’impossibilità di rispettare le nuove norme tecniche per la costruzione di strade e autostrade ed ora divenga improvvisamente possibile. Se si poteva fare, chi pagherà i dieci anni che sono stati persi? A leggere i termini con cui lo studio commenta il confronto tra l’alternativa del 2005 e l’alternativa di oggi emerge chiara la miseria progettuale di allora. Il progetto del 2005 si collocava “a metà tra la SS1 Aurelia e la ferrovia Roma – Pisa – Livorno, creando una frattura nel territorio e interferendo con moltissime attività locali e vincoli di tipo archeologico, naturalistico e paesaggistico”. Quello di oggi “ annulla la maggior parte delle problematiche ambientali connesse al progetto precedente del 2005”.
Meglio tardi che mai viene proprio da dire, e nello stesso SIA viene indicato che anche per il resto del tracciato in corso di progettazione, quindi per tutto il tratto tra Civitavecchia e Rosignano, verrà realizzato “come adeguamento dell’attuale Aurelia” abbandonando quindi il progetto approvato nel 2008.
Le ragioni addotte dalla concessionaria SAT per tale profondo cambiamento si richiamano alle prescrizioni del CIPE sia sul piano ambientale che sul piano economico finanziario, nonché alla difficile situazione economica ed alla necessità di ridurre i costi dell’intervento. Ma è evidente che la SAT ha cambiato atteggiamento perché è stato smascherato il suo tentativo si scaricare sulla collettività i costi dell’investimento (alla fine della concessione) e quindi non gli è stato consentito di realizzare profitti e speculazioni spacciandolo per “autofinanziamento”.
In questo quadro di inedita prudenza finanziaria lo studio di impatto dei 14 km tra Civitavecchia e Tarquinia si spinge a promettere che tutto il tracciato da Rosignano a Civitavecchia verrà rivisto in base agli stessi principi.
Riteniamo positivo il fatto di intervenire sull’adeguamento dell’Aurelia, così da non introdurre un nuovo elemento di sfascio del territorio, ed in buona sostanza è quello che come ambientalisti abbiamo sempre chiesto in alternativa all’Autostrada della Maremma, interna o costiera che fosse. Ma proprio perché si sta andando nella giusta direzione come per il nuovo tracciato presentato del lotto 6A tra Tarquinia e Civitavecchia, riteniamo si debbano fare ancora altri passi in avanti verso il miglioramento del futuro progetto Rosignano–Civitavecchia in corso di progettazione che suscita, a nostro avviso, più di una preoccupazione.
A partire dal tratto Ansedonia-Fonteblanda che, secondo le prime intenzioni della SAT riportate dai giornali, si sarebbe trattato non più del pessimo tracciato interno in arte in galleria del 2008, bensì un nuovo tracciato a “ridosso” del massiccio di Orbetello. Tracciato che ha suscitato una forte preoccupazione nella popolazione del luogo e che rischiava davvero di avere un impatto paesaggistico inaccettabile.
Sembrerebbe che queste proteste siano state recentemente e giustamente ascoltate se alla fine di gennaio 2011, Ruggiero Borgia, Amministratore Delegato di SAT, ha annunciato sui giornali una ulteriore svolta con un tracciato interamente sulla sede dell’Aurelia anche nel tratto orbetellano. E di tracciato interamente in sede ha parlato anche SAT anticipando ai giornali a metà febbraio 2011 come sarà la Tirrenica.
Certo se la pretesa è quella di mettere semplicisticamente “una grande autostrada” su di una strada statale, di sicuro non potrà funzionare, mentre quello che serve è un adeguamento e riqualificazione sull’Aurelia, per renderla una strada sicura ed omogenea, inserita al meglio nel territorio.
Resta da vedere quindi quale sarà davvero il progetto definitivo che verrà presentato, con quali caratteristiche e con quale tracciato, di cui valuteremo gli impatti, l’utilità collettiva e come risolverà i problemi di viabilità locale dei territori maremmani. Ma di sicuro non è invocando il ritorno al progetto devastante del 2008 come si fa oggi da più parti, che avremo fatto passi in avanti verso la tutela del territorio, del paesaggio, delle attività e delle popolazioni della Maremma.
Un’altra preoccupazione riguarda lo “spezzettamento” del progetto definitivo, che solleva un’importante questione di metodo. Ciascuna tratta è sottoposta separatamente alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale: prima i 4 km tratta Rosignano-S. Pietro in Palazzi, poi i 14 km del tratto Civitavecchia-Tarquinia, poi in futuro, forse entro i primi mesi del 2011, la presentazione del tratto Tarquinia-S.Pietro in Palazzi. Ai fini della Valutazione di Impatto Ambientale (da rifare sul progetto definitivo visti i rilevanti cambiamenti di tracciato rispetto al preliminare, così come prescritto dalla Legge Obiettivo) un tale frazionamento, evidentemente motivato dal solo desiderio di poter dire di aver iniziato l’opera, condiziona la valutazione dei tratti successivi al fatto compiuto dei tratti precedenti ed è esplicitamente vietato dalle direttive europee e dalle norme italiane dal momento che impedisce la valutazione della compatibilità ambientale dell’opera nel suo complesso.
In secondo luogo questo modo di procedere lascia senza risposte una serie di interrogativi che sono invece di fondamentale importanza per valutare le proposte di intervento. Tre sono, in sintesi, le questioni principali, ovviamente tra loro fortemente interrelate: il problema della fattibilità economico-finanziaria, il problema del ruolo territoriale dell’infrastruttura e il problema dell’impatto ambientale.
Questioni di fattibilità economico-finanziaria
La fattibilità economico-finanziaria dell’opera è estremamente importante perché la storia ci ha insegnato che piani finanziari del tutto campati per aria hanno dato luogo a grandi deficit nei bilanci delle concessionarie, ma nessuna concessionaria insolvente è mai fallita e il ripiano dei debiti è stato ottenuto grazie alla devoluzione di rilevanti risorse pubbliche, sottratte ad altri più importanti impieghi di interesse collettivo.
Sussistono ad oggi forti dubbi circa la possibilità della concessionaria di ripagarsi con le entrate da pedaggio. In occasione della stipula della Convenzione unica firmata da SAT ed ANAS l’11 marzo 2009 , avevamo sottolineato tutte le criticità già allora evidenti: il traffico era troppo scarso (per quanto fosse “gonfiato” come oggi SAT riconosce) per giustificare la realizzazione di un’autostrada e per ripagare con le sole tariffe un investimento da 3,8 miliardi di euro, nonostante la proroga dal 2028 al 2046 della concessione, a cui ha dato il proprio assenso anche l’Unione Europea bocciando purtroppo il ricorso delle nostre associazioni ambientaliste.
I fatti si sono prontamente incaricati di confermare la ragionevolezza delle nostre critiche. Oggi SAT stima il traffico di un buon 40% inferiore a quello contemplato nella Convenzione già firmata nel 2009. Per di più la delibera CIPE che doveva ratificare la convenzione ANAS-SAT verificando che non avesse effetti negativi sul bilancio dello Stato, ha opportunamente bocciato il “valore di subentro” di 3,5 miliardi di euro che lo Stato avrebbe dovuto corrispondere alla concessionaria a fine concessione (praticamente l’intero costo di costruzione), stabilendo invece che tale valore deve essere “pressoché nullo”.
Altri elementi di costo non hanno invece ancora trovato alcuna esplicitazione e sarà opportuno che vengano chiariti: quanto dovrà corrispondere la concessionaria all’ANAS per l’uso della strada statale Aurelia già portata a 4 corsie con risorse interamente pubbliche e che quindi non potrà essere ceduta gratuitamente ad una concessionaria privata? E ancora, cosa accadrà delle risorse (172 miliardi di lire) elargite nel 2000 a SAT come forma di compensazione dallo Stato a motivo della sospensione della realizzazione dell’autostrada decisa nel 1999? Ora che l’opera è ripartita queste somme verranno restituite?
Sono tutti legittimi quesiti, che dovranno trovare una risposta nella nuova Convenzione ed allegato Piano economico e finanziario che la concessionaria presenterà nei prossimi mesi, così come richiesto dalla delibera Cipe del 22 luglio 2010 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 7 ottobre 2010.
In questo quadro oggi SAT parla di un progetto da ridimensionare e ha annunciato un progetto che deve costare complessivamente circa 2,2 miliardi di euro. Anche questo costo a nostro avviso è molto rilevante e sulla base delle esperienze italiane di infrastrutture in autofinanziamento (come ad esempio la BreBeMi tra Brescia e Milano) sembra molto difficile che possa ripagarsi con le sole entrate da pedaggio. In sostanza la fattibilità finanziaria complessiva dell’opera presenta aspetti, allo stato delle cose, ancora di grandissima incertezza.
Questioni di ruolo territoriale dell’infrastruttura
Occorre dunque attendere il nuovo Piano economico e finanziario e la nuova convenzione per capire come si prevede che l’opera possa ripagarsi, ma fin d’ora sembra necessario avanzare le questioni relative al secondo irrisolto problema: ovvero il ruolo territoriale dell’infrastruttura, che proprio dal piano finanziario dipende in larga misura.
Infatti nel Piano finanziario dovrà essere chiarita non solo l’entità degli introiti, ovvero il livello delle tariffe e le loro dinamiche nel tempo, ma anche la ripartizione tra traffico pagante e traffico non pagante, la tariffazione del traffico di lunga percorrenza e del traffico locale, il trattamento del traffico portato in loco sottraendolo ad altre infrastrutture. A quali condizioni e per quanto tempo gli utenti locali saranno esonerati in tutto o in parte dal pagamento dei pedaggi? Ne deriverà un peggioramento funzionale e un aggravamento del costo della mobilità locale? In quale misura l’adozione del sistema di pedaggiamento free flow eviterà complanari e ulteriori aggiunte di viabilità e in quale misura l’autostrada sarà connessa alla viabilità ordinaria? Si tratta ovviamente di un problema centralissimo dal momento che si consegnerebbe alla concessionaria l’intero sistema di relazioni territoriali stratificato intorno all’Aurelia.
E ancora: quale struttura tariffaria sarà adottata e come terrà conto di quella politica di trasferimento modale verso la ferrovia che tutti i documenti programmatici comunitari, nazionali e regionali di politica dei trasporti non perdono occasione di riaffermare?
In questo contesto non possono che destare una forte preoccupazione due fatti attuali. Da una parte il taglio dei servizi di trasporto ferroviario lungo la ferrovia tirrenica ventilato (e in parte già attuato) da Trenitalia per il traffico di lunga percorrenza considerato poco conveniente, su di una direttrice già oggi debole, con scarsi servizi veloci (due Eurostar al giorno) e nessun servizio mirato in estate quando aumenta moltissimo la domanda di turismo in Maremma . Dall’altra gli effetti dovuti ai tagli del trasporto regionale e locale ferroviario e stradale (e/o robusti incrementi tariffari) che si faranno sentire nel 2011 a causa della manovra Tremonti; tagli contro cui si sono impegnati anche i sindaci e gli amministratori locali della provincia di Grosseto.
E’ chiaro che se si tagliano i treni e gli autobus, se non si sostiene il trasporto via mare delle merci e non si investe sulla portualità (come succede anche a Livorno dove il porto è addirittura commissariato dal Ministro Matteoli che non ha accettato le proposte degli Enti locali per la Presidenza), tutto il traffico resterà e crescerà sulla strada alimentando non solo inquinamento, rumore e congestione ma anche la “fame” di nuove strade ed autostrade. E’ evidente dunque che per noi il ruolo del corridoio tirrenico deve essere accompagnato da un potenziamento del trasporto ferroviario e marittimo, per offrire diverse e valide integrazioni ed alternative agli utenti ed al trasporto delle merci.
Come dicevamo quindi la struttura tariffaria è un elemento determinante per definire concretamente il ruolo territoriale dell’infrastruttura, questione che i progetti presentati lasciano del tutto al margine. E’ appena il caso di osservare che un progetto di autostrada che punta ad utilizzare l’Aurelia solo “per risparmiare” sui costi appare inadeguato fin dall’impostazione.
Il riconoscimento, sempre più evidente, della non fattibilità di una nuova autostrada in variante, quale era il progetto preliminare del 2008, dovrebbe invece portare ad una reale modifica, di significato oltre che di geometria, del progetto di ammodernamento dell’infrastruttura esistente, con un progetto di potenziamento e riqualificazione sull’Aurelia.
Una infrastruttura che sarebbe assurda e controproducente se finalizzata ad attrarre in un territorio delicatissimo e meraviglioso nuovo traffico di transito di merci e passeggeri tra il nord ed il sud del Paese, ma che può invece divenire interessante da molti punti di vista se serve a risolvere i problemi di mobilità di chi vive e lavora in quel territorio, se supporta in modo adeguato la qualità dei luoghi i flussi turistici destinati alla Maremma, se collega quei territori con il resto del mondo senza distruggere le preziose (e ormai rare) risorse paesistiche su cui si fonda la capacità locale di benessere economico e sociale.
Un tale progetto dovrebbe essere calibrato sulle reali esigenze dei territori interessati ed essere frutto di politiche di trasporto decise in accordo tra Stato, Regioni ed enti locali piuttosto che dalle concessionarie autostradali. Sarebbe il caso che SAT ed ANAS rendessero noti i dati di traffico dell’attuale SS Aurelia, con una indagine accurata, capace di chiarire quali siano le percorrenze medie, quali gli itinerari verso le aree interne e la costa che utilizzano almeno in parte l’Aurelia, quali le entrate ed uscite maggiormente utilizzate, quali i traffici di transito e le ragioni d’utilizzo. Così da avere reali elementi di conoscenza per poter decidere in modo condiviso sia il miglior adeguamento dell’infrastruttura sia coerenti politiche di pedaggio.
E sarebbe anche il caso, trattando di traffico ed intermodalità, di ragionare a livello regionale e locale sull’incremento dell’uso del treno, dei bus e della bicicletta come modalità concrete di accesso e spostamento in Maremma, con parcheggi di interscambio alle stazioni, con un sistema di reti e strade ciclabili sicuro, e magari anche un sistema di trasporto pubblico efficiente, tipo Metro del Mare, per spostamenti lungo la costa tra i principali punti di attrazione turistica.
Tutti interventi e misure che hanno concrete connessioni con il progetto di ristrutturazione stradale e ne condizionano la natura, i caratteri fisici e funzionali e la desiderabilità per gli abitanti e le attività insediate. E’ una partita che non può evidentemente essere affidata ai soli calcoli della Concessionaria circa i propri equilibri finanziari, ma deve essere riportata alla sua sede naturale di dialettica e concertazione con Comuni, Provincie e Regione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Il pedaggio è dunque un problema centralissimo per la definizione del ruolo territoriale dell’infrastruttura e dovrà essere oggetto di discussione pubblica. Ma fin d’ora si possono avanzare i criteri di fondo: sarà necessario stabilire tariffe elevate per il traffico di passeggeri e merci di lunga percorrenza in transito mentre occorrerà invece un pedaggio alleggerito per gli spostamenti di area provinciale, che fanno poche decine di km. Occorrerà infine consentire entrate ed uscite gratuite per gli spostamenti quotidiani di breve raggio. La tendenza, evidente anche in altri analoghi progetti, pare oggi quella ad esonerare i residenti per un certo periodo, cinque anni per esempio, ma si tratta di una condizione inaccettabile, che serve solo a rinviare il problema.
Questioni di impatto sull’ambiente e sul paesaggio
L’insieme delle condizioni vecchie e nuove che ruotano intorno alla questione dell’autostrada tirrenica rendono del tutto evidente la necessità di modificare il Progetto Preliminare del 2008 sotto il profilo dell’impostazione concettuale prima ancora che delle soluzioni geometriche: occorre un progetto che serva ai territori attraversati e faccia dell’inserimento ambientale, della valenza paesaggistica, della riqualificazione i suoi elementi essenziali. In sostanza serve un progetto di adeguamento in sede sull’Aurelia, perchè rimane, in ogni caso, non condivisibile la scelta di promuovere la realizzazione di una grande autostrada secondo gli standard tecnici ordinari come di sicuro faceva il progetto del 2008. Infatti, una simile infrastruttura, sarebbe indiscutibilmente connessa ad un modello gestionale che punta a “maggior traffico uguale maggiori introiti”.
Certamente aver abbandonato il progetto preliminare del 2008 per puntare su di un tracciato sull’Aurelia, va verso questa direzione migliorativa ma occorre attendere la concreta presentazione del promesso progetto di adeguamento in sede dell’Aurelia tra Tarquinia e S. Pietro in Palazzi per poter esprimere un giudizio definitivo. Ma è possibile esprimere fin d’ora una forte preoccupazione per i problemi ambientali: in primo luogo l’inquinamento dell’aria, le emissioni di gas serra ed il rumore.
Secondo il progetto del lotto tra Tarquinia e Civitavecchia, la trasformazione in autostrada porta a risparmiare tempo (da 70 a 115 km/ora) e su questa base si costruisce la valutazione dei benefici. Ma proprio la maggiore velocità porta a peggiorare il clima acustico, così che saranno necessarie barriere per proteggere gli abitati dal rumore. Il pessimo effetto dei tunnel di barriere fonoassorbenti, l’impatto sul paesaggio per coloro che le vedono da fuori e anche sulla qualità del percorso per coloro che le vedono dall’autostrada è davvero uno dei problemi più delicati sul quale il nuovo progetto dovrà impegnarsi. E ancora l’aumento di velocità peggiora non solo il consumo energetico dovuto al traffico, ma anche le emissioni soprattutto per quanto riguarda le polveri fini. Mentre il risparmio di tempo dovuta alla velocità viene monetizzato ed entra a far a far parte del bilancio di fattibilità dell’autostrada, l’inquinamento, il rumore e il peggioramento della qualità ambientale dei luoghi dovuti alla stessa velocità non entrano nel bilancio della concessionaria.
Una stima prudente delle emissioni in atmosfera, atteso l’aumento del traffico secondo le ultime elaborazioni di SAT (31 mila autoveicoli/giorno al 2030 rispetto ai 18.000 attuali) comporterà per la sola tratta Civitavecchia - Livorno un aumento delle emissioni stimabile tra 120.000 e 300.000 ton/anno di CO2, a seconda delle diverse tipologie di veicoli, delle percorrenze medie e della crescita del traffico. Non va dimenticato che questa crescita di emissioni di gas serra, andrebbe viceversa ridimensionata anche rispetto ai dati attuali, secondo gli accordi internazionali ed il protocollo di Kyoto. Come verranno dunque compensati o mitigati questi impatti? Al momento, sembra non esistere alcuna volontà al riguardo da parte della SAT, che punta al massimo profitto e a far ricadere sulla collettività gli oneri ambientali.
Riuscirà il nuovo progetto a fare davvero i conti con questi problemi e ad attrezzare l’infrastruttura per regolare quantità e velocità del traffico in modo da rispettare le soglie di qualità ambientale garantite dalle norme a tutti i cittadini?
Infine la questione del paesaggio, che è assai rilevante in questi luoghi, dove il preteso “ritardo” costituisce oggi un vantaggio competitivo di straordinaria rilevanza per costruire un modello di sviluppo basato proprio sulla qualità delle risorse paesaggistiche, territoriali ed ambientali. Le mitigazioni esemplificate nella tratta Tarquinia Civitavecchia, che consistono nel mascheramento dell’infrastruttura con striminziti filari di alberi, non appaiono in grado di migliorare granché l’inserimento paesaggistico. La progettazione del paesaggio intorno alla strada, come molti esempi francesi o olandesi ampiamente dimostrano, offre invece possibilità straordinarie di inserimento paesaggistico dell’infrastruttura a bilancio positivo. Anzi in alcune parti deve diventare una riqualificazione secondo le caratteristiche storiche, ambientali e paesaggistiche dei luoghi, intervenendo sulle situazioni più degradate che già oggi si sono posizionate qua e là in modo disordinato lungo l’Aurelia, con capannoni, luoghi commerciali ed attività artigianali.
Ma certo occorre disporre di spazio, concordare con i proprietari di quello spazio le sistemazioni necessarie, operare e manutenere anche fuori dallo stretto sedime dell’infrastruttura. Tutte cose che costano e chiedono un atteggiamento del tutto nuovo da parte delle concessionarie di “stile italiano”.
Sarebbe interessante cogliere le aperture pur presenti nel nuovo atteggiamento SAT per rilanciare la sfida: è capace la concessionaria di realizzare una infrastruttura realmente innovativa? Un itinerario integrato pienamente con il sistema del trasporto pubblico e della viabilità locale, non penalizzante per la mobilità quotidiana degli abitanti, attrezzato con tutte le tecnologie telematiche per la sicurezza, il segnalamento, l’esazione automatica del pedaggio? Ma anche progettato per essere un reale contributo alla qualità del paesaggio, per ricucire e arricchire la rete ecologica, per “dosare” traffico e velocità in relazione alla sensibilità degli ambienti e delle circostanze, per offrire una inedita gamma di servizi agli utenti e anche ai territori attraversati?
In sostanza una strada fortemente innovativa, destinata ad assomigliare pochissimo ad una tradizionale autostrada, su cui non sarebbe neppure difficile, in luoghi di questa bellezza e preziosità, far confluire risorse comunitarie di progettazione e sperimentazione da costruire con la partecipazione delle collettività locali. Si può fare? A nostro parere ne varrebbe la pena.