«Genealogia significa sviluppare l'analisi a partire da un problema che si pone nel presente». Così, in un'intervista rilasciata nel 1984, Foucault tornava a chiarire l'intento, eminentemente politico, del proprio modo di lavorare in totale immersione nel tormentato mare della storia. Nessun interesse intrinsecamente filologico. Nessuna sorta di manierismo storiografico. Una genealogia non serve a riavvolgere il filo continuo delle identità nel fluire del tempo; sovvertire il presente è la sua vocazione politica. Letto in quest'ottica, il titolo dell'ultimo libro edito per la collana di UniNomade di ombre corte - Genealogie del futuro, a cura di Gigi Roggero e Adelino Zanini, euro 14 - getta luce immediatamente sul terreno strategico del suo scopo, proiettando, tuttavia, un cono d'ombra che soltanto la lettura del testo analiticamente dissipa. Cosa significa sovvertire il presente ricostruendo genealogie del futuro?
Autoformazione militante
È stentorea la formula con cui i curatori aprono l'introduzione al volume. Essa dischiude lo spazio al cui interno la soluzione di un simile nodo acquista, pagina dopo pagina, la propria fisionomia: «formazione militante». Posta in gioco alta, complessa, necessaria. Soprattutto se si considera il suo essere situata, al tempo stesso, come orizzonte tendenziale cui il libro mira e come ciò che, preziosamente, esso realizza. Il gioco di temporalità che già nel titolo del volume spiazza e tiene in sospeso, stabilisce le coordinate del programma politico che sostiene l'impianto del testo: conoscere il passato per comprendere l'oggi; sovvertire l'oggi per rendere possibile il domani. Occorre, in altre parole, divenire consapevoli dei luoghi, delle narrazioni, delle storie di soggettività e conflitto di un passato recente che, ancora, organizza le forme concettuali del nostro pensare la militanza comunista. Genealogie del futuro è questo fondamentale esercizio critico del pensiero. Vi si raccolgono le sette lezioni che lo scorso anno hanno dato vita alla prima esperienza del progetto Commonware. Si tratta di un corso di autoformazione, il cui nome rappresenta la trasfigurazione ironica dei pacchetti didattici delle aziende universitarie, i cosiddetti courseware. Una formazione militante che, tuttavia, non si rivolge solamente ad un pubblico di studenti, ma che apre le porte a tutte le realtà di movimento e a tutte le figure che oggi costellano il variegato panorama del lavoro vivo, nelle contemporanee trasformazioni dello sfruttamento capitalistico.
Nell'introduzione al volume i curatori fissano un punto di fondamentale rilevanza: il sapere è oggi in crisi perché ad essere in crisi è il rapporto sociale al cui interno esso si produce. Tale è il motivo per cui a dover essere riattivata è in primo luogo la funzione critica di un sapere in grado di mobilitare processi conflittuali, dentro e contro la crisi dei rapporti di produzione capitalistici. Il primo ciclo delle lezioni di Commoware - denominato Da Marx all'operaismo - intende riflettere precisamente tale specifica esigenza che si riassume nella volontà di interpretare la critica dei saperi, innanzitutto, come una critica dell'economia politica della conoscenza. Obiettivo che, tuttavia, non si persegue schiacciando la portata di tutta la lezione marxiana sull'interpretazione operaista, quanto piuttosto mettendo entrambe alla prova di un presente che richiede l'attivazione di dispositivi teorici in grado di intersecarlo all'altezza delle sue problematicità. Ecco allora che, attraversando i temi posti dalle più fertili riflessioni dell'operaismo italiano, gli autori delle lezioni riattivano alcuni fondamentali concetti del pensiero di Marx, declinandone il potenziale critico dentro alle metamorfosi del contemporaneo.
Come illustrato lucidamente dalla relazione di Sandro Chignola, tali trasformazioni congiunturali fanno capo principalmente a processi di ridefinizione e riarticolazione dello Stato, inteso, al tempo stesso, come quadro organizzativo dei rapporti produttivi e delle filiere del comando capitalistici. Utilizzando la formula foucaultiana di «governamentalizzazione» dello Stato, Chignola non elabora soltanto la mappatura puntuale di una nuova geografia del potere - in cui lo Stato si trova persistentemente ecceduto da sistemi di governance e da flussi di capitale deterritorializzati -, ma mostra come siano le insorgenze dei governati, collocandosi sempre al di là della capacità di captazione del potere, a costringerlo a riconfigurarsi, nell'incessante tentativo di governare l'ingovernabile.
Il confronto con il presente
In un simile contesto, un programma di formazione militante non può evitare di tornare a confrontarsi produttivamente con le categorie di composizione tecnica e politica di classe (se ne occupano le lezioni di Toni Negri e Sergio Bologna). È infatti di fondamentale importanza riconcettualizzare oggi quello che una celebre formula di Negri definiva, sul finire degli anni Settanta, come il passaggio dall'operaio massa all'operaio sociale. Comprendere come i meccanismi di sussunzione reale della cooperazione sociale estendano le proprie ramificazioni ben oltre il sistema della fabbrica, ben oltre il luogo di lavoro, nelle sfere della riproduzione, nel tempo libero e negli affetti, diviene fondamentale per organizzare, in forme militanti, una politica dei governati.
Genealogie del futuro ci spinge dunque ad analizzare in profondità la stretta connessione che coniuga le nuove forme di valorizzazione del capitale - dallo sfruttamento del lavoro cognitivo a quello del lavoro femminile nell'ambito della riproduzione (versante, quest'ultimo efficacemente sviluppato da Alisa Del Re) - con l'imbrigliamento materiale della soggettività politica delle moltitudini sfruttate. Come spiega Christian Marazzi nella sua relazione su Moneta e capitale finanziario, la nostra contemporaneità è sempre più caratterizzata dalla capacità strategica del capitale di captare il valore fuori dai processi direttamente produttivi. Cooperazione, linguaggio, sapere, relazione, divengono, pertanto, i pozzi senza fondo di una nuova accumulazione che segnala il progressivo divenire rendita del profitto, la realizzazione, cioè, di un plusvalore assoluto, ricavato dallo sfruttamento di un lavoro non pagato.
Lo sforzo di penetrare sempre più a fondo nell'ordine di tali meccanismi sussuntivi necessita quindi di essere accompagnato da un movimento ricompositivo su scala politica. Non a caso la lezione di Federico Chicchi e Salvatore Cominu che chiude il volume è dedicata alla descrizione degli strumenti, valorizzati dall'esperienza operaista, dell'inchiesta e della conricerca. In essi infatti si legano, in un'unica pratica militante, il momento conoscitivo e quello dell'intervento politico. Sovvertire la nostra attualità significa allora sottrarre la cooperazione del lavoro vivo ai meccanismi del proprio assoggettamento, al fine di giocarla creativamente in una nuova conflittualità, teorica e pratica, in grado di leggere ed interpretare solidamente le trasformazioni del capitalismo contemporaneo.