Premessa: cronaca dell’incontro
Il documento che presentiamo è stato discusso l’11 maggio scorso, nell’ambito di un interessante incontro sul Piano d’inquadramento territoriale della Toscana. Si è trattato di un confronto tra un gruppo di docenti della Corso di laurea in Urbanistica e pianificazione territoriale e ambientale di Firenze, che aveva preparato un documento critico sul PIT, e l’assessore Riccardo Conti, accompagnato da funzionari ed esperti della Regione.
L’incontro è iniziato con un intervento di Alberto Magnaghi, che ha ampiamente illustrato il documento preparato - a conclusione di un’attività seminariale che aveva visto partecipare numerosi docenti della facoltà - da lui stesso e da Paolo Baldeschi (il documento è scaricabile utilizzando il link in calce). Nel documento erano espresse numerose critiche al PIT e alcune proposte alternative, sulle quali ci si aspettava una puntuale replica degli interlocutori regionali. Questi (Marco Gamberini, riccardo Baracco e Massimo Morisi) si sono limitati a ribadire le tesi e gli argomenti del PIT evitando di entrare nel merito delle proposte avanzate nel documento Magnaghi-Baldeschi. Le critiche al PIT sono state ribadite e accentuate negli interventi di altri docenti (Pardi Pizziolo, Sgrelli, Ventura).
Il dibattito veniva a questo punto riassunto da Paolo Baldeschi, il quale presentava un documento nel quale, a partire dalla critica sulla tutela dei beni paesaggistici, si propone di rendere operativi ed immediatamente efficaci alcuni articoli della Disciplina del PIT riguardanti le invarianti strutturali “patrimonio collinare” e “patrimonio costiero”. Si tratta dei territori più interessati dalle ‘aspettative e le conseguenti iniziative di valorizzazione finanziaria nel mercato immobiliare’, aspettative che il PIT si propone di disincentivare mediante una revisione degli strumenti urbanistici, rinviando però l’efficacia di questa espressa intenzione a un tempo indeterminato.
Intervenendo con molta durezza l’assessore Conti, pur dichiarandosi aperto al confronto per una revisione a lungo termine delle posizioni, delle scelte e delle procedure espresse nel PIT, ha ribadito con forza la validità dell’impostazione del PIT. Ha tratteggiato la linea politica regionale come caratterizzata da una forte regia pubblica (diversamente che in Lombardia, in Toscana si rivendica un primato della politica sull'impresa), una forte differenziazione dei ruoli (la regione usa la leva finanziaria-programmatoria, i comuni decidono l'uso del territorio), la scelta di una collaborazione invece che di un riscontro di conformità. Nessun ripensamento quindi, nessuna disponibilità a correggere il PIT, nessuna intenzione di porre limiti certi (condizioni, tutele, statuti) alle pratiche di concertazione istituzionale.
In particolare, Conti ha affermato che il PIT non può né vuole delimitare alcun ambito e quindi eventuali norme di salvaguardia sono impossibili (se non per i “beni paesistici” già perimetrati da atti amministrativi pregressi). Rovesciando il senso di una importante acquisizione culturale in merito alla tutela ha proposto di sostituire il termine “invariante strutturale” con l’espressione “capacità o potenzialità dei suoli” (sic). Infine, ha suscitato lo stupore degli urbanisti presenti affermando che in nessuna parte di Europa le trasformazioni territoriali sono il risultato di piani di area vasta, ma ovunque decidono i piani, comunali dimostrando di ignorare che in tutt’Europa (per non parlare delle esperienze degli anni Quaranta del secolo scorso, si sta individuando da oltre un decennio nella pianificazione sovracomunale uno strumento essenziale per la lotta al consumo di suolo e il controllo della diffusione urbana. Ultimo caso: il nuovo Schema directeur de la région Ile-de-France, che perimetra rigorosamente le aree rurali, rendendo efficace (opposable alla pianificazione comunale comunale) la direttiva“pérenniser l’espace agricole” (si veda l’articolo di Maria Cristina Gibelli per eddyburg)
UNA PROPOSTA PER RENDERE IMMEDIATAMENTE OPERATIVE ALCUNE NORME DEL PIT RELATIVE ALLA TUTELA DEL PAESAGGIO
La proposta che qui viene avanzata è integrativa di quella già formulata dal Corso di laurea in Pianificazione urbanistica territoriale e ambientale e dal Corso di laurea in Progettazione e pianificazione della città e del territorio con il titolo “Note sul Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana”. Mentre quest’ultima proposta ha un carattere strutturale e richiede un processo dialogico che porti alla revisione contestuale di parti del PIT e della LR 1/2005, il presente documento ne anticipa alcuni contenuti in forma di salvaguardia. E’ ovvio che, data la forma negativa delle prescrizioni di salvaguardia, esse dovranno essere superate in un arco ragionevole di tempo da disposizioni di tipo positivo nell’ambito del processo di revisione cui si è fatto cenno.
La proposta mira a rendere operativi ed immediatamente efficaci alcuni articoli della Disciplina del PIT riguardanti le invarianti strutturali “patrimonio collinare” (art.20 e sg.) e “patrimonio costiero” (art. 26 e sg.). Si tratta dei territori più interessati dalle ‘aspettative e le conseguenti iniziative di valorizzazione finanziaria nel mercato immobiliare’, aspettative che il PIT si propone di disincentivare mediante una revisione degli strumenti urbanistici (si veda: Disciplina del PIT, art. 21 comma 2, art. 27, comma 4)
Lo Statuto territoriale del PIT ha formulato una serie di prescrizioni volte alla tutela di tali invarianti strutturali, prescrizioni che tuttavia postulano (salvo pochissime eccezioni) un adeguamento degli strumenti urbanistici di Province e Comuni. Alcune di queste prescrizioni sono integrate o riformulate come “obiettivi di qualità” nelle schede del PIT riferite agli “ambiti paesaggistici” e tuttavia anche in questo caso gli obiettivi sono espressi come direttive o indirizzi agli enti locali con la formula “gli strumenti di pianificazione territoriale assicurano il perseguimento dei seguenti obiettivi .... ”, senza alcuna efficacia immediatamente cogente. Il rischio, ma si potrebbe dire la certezza, è che, una volta portato a termine il complesso iter di adeguamento degli strumenti urbanistici, buona parte del patrimonio territoriale che si vuole tutelare attraverso il piano paesaggistico sarà irrimediabilmente compromesso. Anzi, lo stesso piano paesaggistico può dare un’accelerazione alle operazioni speculative per i suoi effetti di tutela procrastinata.
La necessità e opportunità di rendere immediatamente operative alcune norme contenute nel PIT, in modo tale che esse assumano una funzione di salvaguardia rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti è supportata da solide ragioni sia di natura sostanziale sia di natura normativa.
Si è già accennato alle questioni di merito e, d’altra parte, è sufficiente prendere atto delle numerose “iniziative di valorizzazione immobiliare” in corso, per lo più costituite da lottizzazioni a villette destinate a seconde e terze case e comunque non rispondenti ad alcun fabbisogno abitativo solvibile. Le ragioni per cui i Comuni sono a parole virtuosi nei Piani Strutturali e nei fatti promotori o acquiescenti alla speculazione edilizia nei Regolamenti Urbanistici sono state ampiamente analizzate e qui sono date per acquisite. E’ tuttavia opportuno sottolineare che i Comuni hanno una debole capacità di resistenza rispetto ad un blocco di interessi che vede coinvolti capitali finanziari, imprese ed operatori edili, proprietari fondiari e come, in tali circostanze, assuma un’importanza vitale la “protezione” di un supporto normativo e pianificatorio meno sensibile alle pressioni locali.
Da un punto di vista giuridico norme di “salvaguardia” di immediata efficacia sono previste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio e pertanto giustificate dal fatto che lo Statuto territoriale del PIT ha valore di Piano paesaggistico, contenendo l’individuazione delle invarianti strutturali e la formulazione delle prescrizioni correlate.
Si ricorda a tale proposito che ‘le disposizioni del Piano paesaggistico possono avere efficacia sia immediatamente precettiva e direttamente operativa che efficacia di direttive necessitanti[1], per trovare applicazione, della mediazione di uno strumento di pianificazione sottordinato[2]. Si veda a questo proposito l’art. 3 dell’Intesa tra il Ministero per i beni e le attività culturali e la Regione Toscana siglata il 23 gennaio 2007[3] . Particolarmente significativo in questo senso (cioè relativamente alla possibile immediata efficacia precettiva di punti cruciali della disciplina del PIT), l’art. 48, comma 4d della LR 1/2005 che recita: ‘Ai fini di cui al comma 3, il piano di indirizzo territoriale stabilisce: (....)
d) le misure di salvaguardia immediatamente efficaci, pena di nullità, di qualsiasi atto con esse contrastanti, sino all’adeguamento degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio di comuni e province allo statuto del territorio.
Le norme di immediato valore precettivo
Riportiamo dalla Disciplina del PIT le norme di cui si propone un’immediata efficacia.
Articolo 20 – Il patrimonio “collinare” della Toscana quale terza invariante strutturale dello Statuto.
Definizione tematica.
2. Il lemma “patrimonio collinare” - di cui al paragrafo 6.3.3 (con riferimento al primo obiettivo conseguente ivi contemplato) del Documento di Piano - designa ogni ambito o contesto territoriale - quale che ne sia la specifica struttura e articolazione orografica (collinare, montana, di pianura prospiciente alla collina ovvero di valle) - con una configurazione paesaggistica, rurale o naturale o a vario grado di antropizzazione o con testimonianze storiche o artistiche o con insediamenti che nerendono riconoscibile il valore identitario per la comunità regionale nella sua evoluzione sociale o anche per il valore culturale che esso assume per la nazione e per la comunità internazionale.
Articolo 21 – Il patrimonio “collinare” della Toscana come agenda di applicazione dello statuto. Direttive ai fini della conservazione attiva del suo valore.
7. Nelle aree di cui all’art. 20 sono comunque da evitare le tipologie insediative riferibili alle lottizzazioni a scopo edificatorio destinate alla residenza urbana.
8. Nelle more degli adempimenti comunali recanti l’adozione di una disciplina diretta ad impedire usi impropri o contrari al valore identitario di cui al comma 2 dell’art. 20, sono da consentire, fatte salve ulteriori limitazioni stabilite dagli strumenti della pianificazione territoriale o dagli atti del governo del territorio, solo interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, nonché di ristrutturazione edilizia senza cambiamento di destinazione d’uso (ns corsivo).
Articolo 27 – Il patrimonio “costiero” della Toscana come agenda di applicazione dello statuto. Direttive ai fini della conservazione attiva del suo valore.
2. Il lemma “patrimonio costiero” - di cui al suddetto paragrafo 6.3.3 (sottoparagrafo 2) del Documento di Piano - designa il valore paesaggistico e funzionale del territorio - urbano ed extraurbano - che dipende dal mare e dalle relazioni organiche che con esso intrattengono le comunità e le attività umane insediate sul litorale toscano e nelle sue città, insieme alle testimonianze storico-culturali e alle specifiche funzioni portuali, ricettive e infrastrutturali che quelle comunità e quelle attività identificano e qualificano nell’insieme del territorio regionale sia per il passato sia per il futuro.
3. Sono da evitare nuovi interventi insediativi ed edificatorî su territori litoranei a fini residenziali e di ricettività turistica, se non in ottemperanza alla direttiva anticipata nel sottoparagrafo 2 del paragrafo 6.3.3 del Documento di Piano. (ns corsivo).
In sintesi, per ciò che riguarda il patrimonio collinare la disciplina del PIT prevede che nel tempo occorrente affinché gli strumenti urbanistici si adeguino alle sue direttive di tutela paesaggistica, siano permesse solo operazioni relative all’edilizia esistente (escludendo peraltro la ristrutturazione urbanistica). Si propone perciò di integrare l’agenda con una uguale disposizione riguardante il patrimonio costiero, tenendo conto delle analogie esistenti fra le due invarianti strutturali rispetto agli interventi di “valorizzazione immobiliare” e, conseguentemente, della necessità di simmetriche misure di salvaguardia.
Conclusioni
Rendere immediatamente efficaci le disposizioni precedentemente indicate non comporta alcuna modifica di poteri e competenze, né richiede varianti al PIT adottato se non per un comma che ripeta nell’art. 27, relativamente al patrimonio costiero, quanto già previsto dal comma 8 dell’art. 21 per il patrimonio collinare. Per rendere operative le norme di salvaguardia di colline e coste tuttavia è operazione essenziale e sostanziale definirne con precisione gli ambiti di applicazione, cioè quali siano i confini delpatrimonio collinare e dei territori litoranei. Si tratta di un compito che può essere svolto dagli organismi competenti della Regione (con l’eventuale collaborazione di istituti universitari) in un arco di tempo relativamente breve e tale da assicurare con la necessaria tempestività la tutela paesaggistica delle parti di territorio più soggette a pressioni speculative.
Allegato
Documento par 6.3.3 punto 2
Mutatis mutandis, anche per le coste la Regione adotta un indirizzo preciso. Che si può sintetizzare come segue: salvo che per i porti, …non si urbanizza a mare. Contestualmente, la Regione intende superare il “piano della portualità turistica” così come oggi configurato, e privilegiare una portualità in cui l’offerta turistico-diportistica adotti una nuova selettività: sia sul piano della qualità che della quantità degli interventi modificativi. Una selettività, in particolare, che sia comunque ancorata alla filiera cantieristica e manutentiva della industria nautica toscana e alle sue dislocazioni territoriali. Così, come per il patrimonio “collinare” e rurale della Toscana, anche per le coste la Regione ritiene necessario interrompere il proliferare di attività meramente orientate alla valorizzazione immobiliare e alla conseguente speculazione di breve periodo. Vogliamo privilegiare - invece - chiari e innovativi disegni imprenditoriali, capaci di far sistema con un’offerta turistica organizzata e integrata nella chiave di servizi plurimodali e coordinati. E che, al centro della sua attrattività, abbia un paesaggio costiero integro e pienamente riconoscibile nella varietà dei suoi fattori estetici, storici e funzionali. E’ a tali condizioni che la stessa offerta turistica costiera può ben avvalersi della liberalizzazione degli ormeggi. Mentre, più in generale - e sempre nel rispetto dei suddetti indirizzi -sono da incoraggiare le potenzialità attrattive connesse allo sviluppo di un armonioso waterfront che investa l’insieme del patrimonio costiero toscano e, mediante attente progettualità coordinate di conservazione attiva e di neoqualificazione funzionale, colleghi il fascino delle città e dei borghi di toscani, la suggestione dei porti, nelle loro infrastrutture demaniali così come nelle loro passeggiate a mare, entro una trama unitaria ove centri urbani ed entroterra costiero acquisiscano una nuova vitalità nell’abitare e nell’intraprendere18.
Ma la tutela e la valorizzazione del patrimonio costiero toscano ha anche il volto di una grande e specifica politica pubblica che persegue l’innovazione profonda del patrimonio territoriale della nostra Regione e delle sue potenzialità competitive e attrattive. Si tratta di quella “piattaforma logistica costiera” che occupa uno spazio cruciale nell’agenda del Piano regionale di sviluppo19 e nelle strategie regionali di sostegno alla dinamicità del sistema economico toscano, ma anche italiano e comunitario. E che riveste una posizione eminente nell’agenda delle opzioni strategiche di questo Piano20 e in quel “Quadro strategico regionale” con cui la Toscana ha contribuito alla definizione del Quadro nazionale ove si situano le principali linee di investimento europeo. E’ un disegno infrastrutturale decisivo che conferisce alla Toscana una posizione cruciale nel sistema nazionale della mobilità e nella progettualità nazionale ed europea in materia di reti portuali e logistiche, e di connessioni ferroviarie e viarie tra le sponde del Mediterraneo e i grandi snodi del trasporto internazionale. Perché investe anche la stessa collocazione funzionale della Toscana nella distribuzione internazionale dell’offerta organizzata di mobilità e di logistica per persone, merci e informazioni. E tutto ciò, proprio a far leva sulla sua costa e sulla capacità delle sue città marine e del loro entroterra di far sistema: sia tra sé che con l’insieme del territorio toscano. Ma proprio per questo consideriamo la piattaforma logistica costiera qualcosa “di più” di una pur grande politica infrastrutturale. E la riteniamo, ai fini di questo Piano, essa stessa una parte saliente dei nostri metaobiettivi.
[1] Articolo 142, comma 2, articolo 145, commi 3, 4 e 5, del "Codice dei beni culturali e del paesaggio".
[3]Intesa tra il Ministero per i beni e le attività culturali e la Regione Toscana del 23 gennaio 2007
Articolo 3
1. La disciplina paesaggistica regionale, ai differenti livelli di pianificazione territoriale, si estrinseca nelle prescrizioni di tutela dei beni paesaggistici e negli indirizzi per la valorizzazione e gestione dei paesaggi della Toscana. Essa si esprime attraverso le prescrizioni in attuazione del Codice ed attraverso azioni mirate alla tutela, alla conoscenza, alla divulgazione e alla didattica sul paesaggio, nonché, ove necessario, volte a indirizzare le trasformazioni del territorio verso obiettivi di qualità.
3.La valorizzazione del paesaggio è perseguita in modo specifico attraverso misure di riqualificazione delle aree rurali e urbane in condizioni di degrado ambientale, funzionale e relativo alla qualità edilizia.
4. L’elaborazione della pianificazione paesaggistica si adegua al dettato dell’art. 135 e si articola nelle fasi indicate dall’art. 143.
5.Tutti i soggetti istituzionali hanno il compito di tutelare il sistema dei beni paesaggistici al fine di garantirne la conservazione dei valori. Gli statuti degli strumenti di pianificazione provinciali e comunali dettano una specifica disciplina relativa ai beni paesaggistici, integrativa della disciplina paesaggistica contenuta nel piano di indirizzo territoriale regionale.