«Dopo le polemiche bolognesi, i murales del celebre street artist irrompono in val Susa a fianco del movimento che si oppone all’«alta voracità» e a difesa della casa di Ines, minacciata dalle ruspe». Il manifesto, 3 maggio 2016 (c.m.c.)
Un eurocrate carponi, la cui testa invisibile entra dentro la zona rossa del cantiere dell’alta velocità, defeca denaro. Dietro di lui un sindaco, con fascia tricolore, nella stessa posizione raccoglie una manciata delle feci sonanti e se ne ciba. E poi un costruttore, un giudice con parrucca e toga e una serie di poliziotti: chi armato di codice penale, chi di fucile e chi di manganello. Tutti carponi, tutti coprofagi di denaro, quello prodotto dal cantiere di Chiomonte, in val Susa. È la prima delle due opere dipinte la scorsa settimana da Blu, l’artista anonimo definito dal Guardian «uno dei dieci migliori street artist in circolazione».
«Alta voracità», questo il titolo dell’imponente murales, dà il benvenuto all’interno del cantiere fortezza di Chiomonte. Arrivato giovedì scorso, inaspettato dai più, l’artista ha preso possesso della massicciata oggetto di infinte scritte No Tav negli ultimi anni. Sotto lo sguardo incredulo dei poliziotti – è stato necessario spiegare che si trattava di un artista di fama mondiale – Blu ha iniziato il suo lavoro di pulitura del muro. Dopodiché ha costruito la scena che ricorda il celebre film horror The human centipide, incentrato su un folle medico che vuole unire chirurgicamente tre persone, bocca con ano, allo scopo di creare un «centopiedi umano».
Tutti i personaggi hanno figura vagamente porcina, occhi privi di pupille, sguardo stravolto e perso nel vuoto, e utilizzano la mano sinistra per raccogliere il denaro e divorarlo. Stagliati a metà dell’opera, lunga circa cinquanta metri e alta dieci, si evidenziano le figure del costruttore e del giudice, punto centrale della catena alimentare che mette in relazione il grande burocrate con i soldati posti a difesa del cantiere più contrastato d’Europa.
L’opera è in sé un grande treno umano, che si ciba delle proprie deiezioni per sopravvivere. Ma i personaggi finali di «Alta Voracità», sempre più indistinti, divengono deformi e piccoli, fino ad essere solo dei mostri dalle forme disumane. La disumanizzazione del capitalismo assume così forme disgustose, estreme, che giungono perfino a violare un principio biologico atto a preservare la vita. Ma l’alienazione che parte dal burocrate e si sviluppa per i passaggi successivi rende ciechi coloro che detengono le leve del potere, ignari che stanno distruggendo anche se stessi.
Blu, nella sua opera, getta fiumi di sarcasmo, perché gli unici che possono entrare dentro quel cantiere, che possono oltrepassare quella porta inviolabile ai cittadini della valle, sono i personaggi coprofagi della sua opera: dal burocrateal costruttore, fino alle varie polizie che ogni giorno, che gli piaccia o no, sono poste a difesa di un sistema malato e distruttivo.
Intorno a Blu intento a dipingere si è radunata la solita folla di militanti No Tav, che non aspettavano il suo arrivo. Molto conosciuto in valle, Blu ha solidarizzato con la lotta che vede un momento di calma apparente. Il cantiere di fatto è esiliato in una stretta e lontana valle laterale, e il tunnel di base procede a ritmo blando, senza fretta. La val Susa in sé è intatta, molto meno le casse dello Stato sottoposte all’emorragia Tav. Dopo aver concluso l’opera, apparentemente apprezzata anche dai militari posti al check point adiacente che hanno guardato con curiosità e fotografato, Blu si è spostato nella frazione di san Giuliano, dove dovrebbe sorgere la grande stazione internazionale di Susa.
Prima di passare al secondo capolavoro di Blu è necessario scendere negli abissi dell’irrazionalità. Susa è una bella cittadina incastrata in un fondo valle, famosa per la sua focaccia e l’arco romano in perfette condizioni. Non è poco, ma altro non c’é. Conta ben 6mila abitanti, e nella frazione di San Giuliano, poche case e un forno, si vorrebbe costruire una stazione ferroviaria degna di una metropoli di medie dimensioni.
Qui abita la signora Ines, e la sua bella cascina verrebbe abbattuta qualora si procedesse con la costruzione della Stazione Internazionale di Susa. Blu le ha chiesto se poteva «dare un tinteggiata» alla parete esposta a est. Nulla di meglio per la battagliera signora che espone orgogliosa una bandiera col treno crociato sul balcone. Blu ha disegnato una megamacchina arancione, dotata di benne, manganelli, punte, picconi, mani che impugnano denaro e bandiere. Lanciata contro l’albero della vita così diverso da quello Expo che si spiega su una distesa di cemento. La macchina fuoriesce dalla montagna lasciando alle sue spalle una distesa grigia, fatta di nulla.
Di fronte un albero possente si erge a difesa della bellezza, che non vale niente perché non serve a nessuno. È un’epopea quella dipinta da Blu, in cui sono rappresentati tutti i valori della lotta No Tav. L’albero, protetto da barricate fatte di copertoni, ha rami che si trasformano in braccia che si difendono, che fanno resistenza attiva. Macchine fotografiche, la storica bandiera del movimento, fionde, tronchesine, molotov ricolme di foglie tutto è impugnato: ma soprattutto ci sono braccia che si stringono forte, che serrano i ranghi. E nella parte superiore, dove la quercia si biforca in due possenti rami, le catene si spezzano e l’albero è finalmente libero di crescere.
Quelle di Blu in val Susa sono le prime opere dopo la volontaria cancellazione di alcuni suoi murales a Bologna. Scelta dovuta alla pretesa che le sue opere fossero di fatto privatizzate e mercificate. In val Susa, soprattutto per quanto riguarda il murales dipinto sulla casa della signora Ines, il problema sarebbe diverso: verrebbe perso per sempre, abbattuto. E data la presenza di tre opere di Blu in questo territorio, il movimento No Tav ipotizza una valorizzazione culturale che coinvolga anche le istituzioni. Un percorso nell’arte gratuita, quella che “serve”” ad elevare il cittadino, unica valorizzazione prevista dalla Costituzione.