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Federico Rampini
Una lezione di democrazia
22 Maggio 2010
Articoli del 2010
Nuove lezioni americane. Un parere esperto sulla legge mordacchia. La Repubblica, 22 maggio 2010

NEW YORK - Non è interferenza, ma un messaggio chiaro dagli Stati Uniti sullo Stato di diritto, il senso delle regole, il ruolo essenziale della magistratura. «Nessuna norma ostacoli l´ottimo lavoro dei magistrati italiani, le intercettazioni telefoniche sono uno strumento essenziale delle loro indagini». Il sottosegretario alla Giustizia Lanny Breuer soppesa bene le sue parole, parlando alla commemorazione di Giovanni Falcone. Breuer è un uomo chiave nella collaborazione tra i due paesi su terreni strategici della sicurezza: la lotta alla mafia e al terrorismo internazionale. «Niente – dice l´esponente dell´Amministrazione Obama – deve impedire ai magistrati italiani di continuare la missione svolta finora». Responsabile del Dipartimento penale, Breuer non è uno sprovveduto, non è un marziano sbarcato in Italia senza informazioni sulla situazione della giustizia. Nel bel mezzo della battaglia sulle intercettazioni, con il tentativo di mettere il bavaglio alla stampa, la sua uscita provoca naturalmente dei contraccolpi a Washington. Tutti italiani. Si muovono il nostro ministero degli Esteri, e quello della Giustizia: per ottenere il più rapidamente una smentita delle parole di Breuer. Per evitare l´impressione che l´Amministrazione Obama sconfessi l´attacco alle intercettazioni e all´informazione, le telefonate da Roma a Washington sono roventi. L´unica cosa che il governo Berlusconi ottiene è una nota dell´Ambasciata Usa a Roma. Che non smentisce né corregge le parole di Breuer ma si limita a precisarne il contesto: «Ha elogiato la collaborazione tra le giustizie dei due paesi». Un intervento quasi sibillino: per tutto ciò che non dice, e per la forza con cui ribadisce il sostegno ai magistrati italiani.

A Washington le bocche sono cucite, solo "off-the-record" e a condizione di non citare le fonti, si può ricostruire il retroscena dell´evento. Mancano solo tre giorni all´arrivo qui del presidente Giorgio Napolitano: incontrerà Barack Obama e la Speaker of the House, Nancy Pelosi. Mai come in questo momento i responsabili della politica estera americana sono aggiornati su quanto accade in Italia: nessuna sfumatura dello scontro sulla giustizia sfugge a chi sta preparando sul versante Usa il summit Obama-Napolitano. Sanno di doversi muovere su un sentiero strettissimo, in un equilibrio delicato e precario. «Il governo italiano è un alleato prezioso degli Stati Uniti, nell´impegno comune in Afghanistan l´Italia ha versato ancora di recente un pesante tributo di sangue». Alla Casa Bianca e al Pentagono non si vuole mettere a repentaglio la cooperazione su quel fronte strategico, dov´è in corso l´escalation militare e si prepara la grande offensiva su Helmand. E tuttavia questa è un´Amministrazione i cui valori sono chiari. Mai come ora c´è stato nelle stanze del potere di Washington un "clan italo-americano" schierato tutto a sinistra. Nancy Pelosi, l´ultraprogressista di San Francisco che è la seconda autorità del partito democratico dopo il presidente. Janet Napolitano, superministro degli Interni alla Homeland Security. Leon Panetta capo della Cia. E poi l´uomo dei programmi, John Podesta che dirige il Center for American Progress, il think tank di riferimento di Obama, il cui manifesto riformista uscirà tra breve alle edizioni del Mulino.

È una squadra che ha una conoscenza dell´Italia del tutto insolita per la classe dirigente americana. E i cui valori sono molto vicini, come si ribadisce nell´entourage di Nancy Pelosi, a quelli di Giorgio Napolitano. Nessuna smentita quindi alle parole di Breuer, che esprimono una cultura del diritto e della trasparenza, una scelta di civiltà prima ancora che un´ideologia. È la trasparenza che, per una coincidenza singolare, veniva esaltata proprio ieri da un editoriale del New York Times, il giornale di riferimento del partito democratico Usa. L´editoriale s´intitola: «Un´informazione completa nelle aule di giustizia». Commenta la sentenza della Corte suprema del New Jersey che ha ribadito il diritto di accesso della pubblica opinione americana, attraverso i giornali, a «tutte le istruttorie giudiziarie, anche quando non arrivino fino ad avere pubblicità nel dibattimento in tribunale». Trionfa la Costituzione, «i cittadini non possono essere all´oscuro sulle indagini di rilevanza pubblica». Dixit il New York Times, e la Corte suprema del New Jersey.

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