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Rossana Rossanda
Una doverosa precisazione
26 Gennaio 2012
Sinistra
A proposito del suo articolo di critica al piccolo saggio di Alberto Asor Rosa sul governo Monti. Il manifesto, 24 gennaio 2012, con postilla

Alberto Asor Rosa si è doluto che io abbia interpretato il suo articolo del 19 gennaio scorso come un appoggio al governo Monti. Ebbene sì, confesso di averlo letto appunto in questi termini, dando poca attenzione a qualche aguzzo segnale sparso nel testo. Asor Rosa invece mi ha spiegato che nelle sue intenzioni la sottolineatura della compattezza marmorea e super partes dell'accordo fra presidenza della Repubblica, governo e parlamento, che ha sbarcato Berlusconi, mirava invece a metterci in guardia dalla speranza di cavarcela senza opporgli un altrettanto solido programma. Non posso quindi che dare atto ad Asor Rosa di questa "bevuta", supplicandolo di non contare troppo, d'ora in poi, sulle mie capacità di decriptare, leggendola al secondo grado, una scrittura deliberatamente paradossale.

Ma mi chiedo anche perché l'ho letto in questo modo. Prima ragione: il vedere tante persone, e di assoluta serietà, sollevate dal vedersi levar di torno il cavaliere e di avere a palazzo Chigi un esecutivo di una correttezza privata cui erano disabituate. Fino a prendere sul serio per neutre le misure che esso decide. È super partes tassare in uguale proporzione ricchi e poveri, più il lavoro che il capitale, più il capitale produttivo che la finanza, privatizzare i residui servizi pubblici, fingere di non capire il senso del referendum sull'acqua? Era ai ragazzini che don Milani spiegava come nulla sia più ingiusto che offrire la stessa tazza di minestra a chi è affamato e a chi si è stancato del caviale. Noi adulti ce lo siamo scordato?

La seconda ragione è che non apprezzo affatto l'improvviso decisionismo del presidente della Repubblica. Fino a mezzora prima di scaricare Berlusconi, Giorgio Napolitano esortava implacabilmente destra e sinistra a non confliggere, e si difendeva da qualsiasi richiesta di prendere posizione.

Né aveva usato il messaggio alle camere per richiamare al rispetto della divisione dei poteri chi vituperava i magistrati una volta alla settimana, se mai invitava i magistrati a maggior temperanza. Ha preferito disinnescare il parlamento basandosi su qualche «allora vado a casa» farfugliato dal cavaliere, e scegliendo fulmineamente senza troppe consultazioni il professor Mario Monti, piuttosto che sciogliere le Camere come è forse in suo potere. Lasciandovi Berlusconi e i suoi che, fra un anno, in campagna elettorale, giocheranno ancora una volta sul populismo rifiorente in tutta l'Europa proprio contro le politiche di rigore.

Terza ragione, non penso che fossimo un mese fa all'ultima spiaggia. Ma su questo, come del resto sugli altri punti, sono largamente d'accordo con gli articoli di Ida Dominijanni ("Effetti collaterali", il manifesto 12/11 e "Baciare il rospo?" 19/11). Sotto il profilo politico l'erosione è avvenuta da un pezzo, da quando l'Urss è saltata e il Pci è saltato a piedi uniti sul carro liberista, come è avvenuto con Occhetto e D'Alema (ed era vagheggiato ben prima dai fautori dell'unità nazionale). Sotto il profilo economico se è vero che l'Italia è molto in basso - tre miseri BBB, rispetto agli sgargianti tre AAA della Germania e ai due della Francia - il suo indebitamento non s'è formato ieri, non per colpa precipua di Berlusconi, non è tutto in preda alle banche estere come quello greco, sarà un poco alleviato dalla manovra con la quale la Bce si svincola dalla stupida proibizione tedesca di finanziare i debiti degli stati. E soprattutto non si può ignorare che il rigore prediletto da Monti, a sua volta prediletto dal nostro Presidente, ha paralizzato la crescita - siamo dovunque in recessione (perfino la Germania rallenta), cresce dovunque la disoccupazione e calano le entrate pubbliche.

I sette pilastri della saggezza borghese vacillano non perché non seguano Bruxelles, ma perché la seguono come pecore. Basta guardare le misure, identiche, che nella crisi si prendono in Francia e in Italia. Se invece che Monti ci si fosse rivolti a qualcuno dei molti che del liberismo non ne possono più, non saremmo a goderci una reazione tanto onesta quanto spietata. Su questo siamo d'accordo?

Come si poteva sospettare, nel giudizio sul segno politico del governo Monti, Rossanda e Asor Rosa sono d’accordo. Non a caso il 20 gennaio presentavamo su eddyburg.it il testo di Rossanda, dal tono accentuatamente critico nei confronti di AAR, chiedendoci «Non scopriremo che dicono lq stessa cosa?».

Mi sembra peraltro che ci sia qualcosa che Asor Rosa vede e gli altri no (mi riferisco anche alle lettere aspramente polemiche comparse il 21 gennaio sul ). Mi riferisco al fatto che (1) il tandem Napolitano-Monti ha liberato l’Italia, almeno momentaneamente, da quella presenza inqualificabile del precedente premier, che rendeva impraticabile il confronto politico; (2) con il governo Monti ci troviamo di fronte a una chiara e “seria” proposta politica di destra. E’ con questa bisogna confrontarsi per combatterla. Non ci troviamo più di fronte a un guitto straccione con il quale si può dibattere soltanto alzando più forte la voce, ma a un avversario alle cui idee e proposte bisogna argomentatamente proporre le proprie. A mio parere (ma è un’opinione certamente opinabile) un avversario migliore obbliga noi stessi a essere migliori.

Ma proprio qui casca l’asino. Dov’è, oggi, una sinistra che abbia un’idea, una proposta politica, capace di rappresentare non solo i desideri e le speranze di molti (e le ricette di piccoli gruppi tra loro divisi), ma la base di una piattaforma politica capace di aggregare forze sociali significative? Il percorso da compiere, per arrivare dalle intelligenti analisi e dalle generose sperimentazioni a un disegno capace di diventare egemonico è ancora lungo. L’ideologia del neoliberismo ha conquistato il pensiero comune, a destra, nel centro e nella vecchia sinistra. E il nocciolo politico dell’articolo di Asor Rosa sta a mio parere proprio nell’immagine che egli suggerisce del PD e nella drammatica ambiguità che il grifone rappresenta. Finchè quella “sinistra” non si scioglie e non se ne ricompone una nuova sarà difficile vedere un nuovo inizio.

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