loader
menu
© 2024 Eddyburg
Gabriella Corona
Una doppia presentazione
19 Giugno 2012
Scritti ricevuti
Una riflessione sull’ambientalismo italiano a partire da due recenti volumi di Antonio Di Gennaro e Francesco Erbani. Scritto per eddyburg, 19 giugno 2012 (m.p.g.)

Una delle espressioni più alte dell’ambientalismo italiano risiede proprio nelle riflessioni e nelle azioni legate alla città e al suo territorio portate avanti nel corso degli ultimi cinquant’anni da una minoranza piuttosto agguerrita, alla quale l’Italia e gli italiani devono molto. Una storia di cui si parla poco, ma che andrebbe fatta conoscere nelle scuole a studenti ed insegnanti, poiché chiarisce strade ed obiettivi. una strada per il futuro. Questo è il senso più profondo che si può trarre dalla lettura congiunta dei due libri presentati insieme lunedì 18 giugno a Napoli presso la sede della casa editrice Clean: La misura della terra di Antonio di Gennaro edito da Clean Edizioni e Antonio Cederna. Un vita per la città, il paesaggio, la bellezza, pubblicato di Francesco Erbani pubblicato da La Biblioteca Del Cigno.

Si tratta di due libri apparentemente molto diversi. Una raccolta di articoli e interventi sulle vicende che hanno interessato il territorio (prevalentemente campano) il primo e la biografia di un grande ambientalista il secondo. Anche gli autori praticano attività professionali per nulla affini. Un agronomo, pianificatore e “misuratore della terra” e un giornalista raffinato, scrittore e saggista. A ben vedere, tuttavia, questi due libri non solo sono profondamente legati da una varietà di temi e di questioni, da un mondo di valori e di ideali, ma nel loro insieme raccontano un unico percorso intellettuale e civile di cui gli stessi autori sono al contempo interpreti e protagonisti.

Nel ripercorrere la vita di Antonio Cederna, Francesco Erbani ricostruisce e rappresenta questo percorso soffermandosi sulle elaborazioni teoriche e sulle battaglie e civili e politiche più significative portate avanti dal grande archeologo e giornalista: la difesa dei centri storici, la lotta contro la speculazione edilizia a Roma tra gli anni cinquanta e sessanta, la battaglia contro i condoni negli anni ottanta, l’attività da parlamentare, l’intensissima opera di sensibilizzazione sui costi del dissesto idrogeologico e della cementificazione delle coste.

Antonio Cederna apparteneva a quell’area di intellettuali che si era formata intorno a “il Mondo” di Pannunzio. Ed è dall’incrocio tra il liberalismo radicale e progressista di questo gruppo, che individuava nello stato il principale attore in grado di tutelare la società e l’ambiente dalle spinte distruttive provocate dal libero dispiegarsi delle forze di mercato, e i principi più autentici dell’urbanistica riformista propria della cultura politica di una parte del PCI poi Pds, che derivava l’idea originaria e fondante di quel pezzo importante della cultura territorialista italiana che Cederna contribuì a costruire e di cui rappresentò una delle figure di maggior rilievo fin dalla fine degli anni quaranta. Insieme a Italia Nostra e al FAI, a Elena Croce e ad Antonio Iannello, a Vezio De Lucia e a Piero della Seta, ad Aldo Natoli a Edoardo Salzano e a molti altri, Cederna maturava una concezione di intervento sul territorio non più inteso come mera registrazione del processo espansivo della città, ma come governo delle sue trasformazioni volto alla ricerca di un equilibrio il più possibile sostenibile tra attività umane e risorse naturali.

Appartenente ad un’altra generazione, Antonio Di Gennaro si connette con forza a questa tradizione e ne condivide valori e ideali, configurandosi come prosecutore ed erede di questo percorso. Ne La misura della terra, spostato il suo sguardo al Sud del paese e la sua sfera di azione alla Campania, egli ricostruisce in questo libro la storia del suo lucido (a volte precursore) punto di vista sulle trasformazioni del territorio campano nel corso degli ultimi otto anni e sul suo progressivo processo di distruzione e di irreversibile degrado: Oltre a ciò egli ci dà conto delle sue battaglie: quella contro l’approvazione del piano provinciale di Napoli nel 2003 che avrebbe in gran parte annullato gli effetti del Piano regolatore, la difesa e il sostegno al Parco delle colline di Napoli, la dura lotta contro l’approvazione del Piano Casa e molte altre .

Gli argomenti e i temi che i due libri pongono sono dunque numerosi e non è possibile qui trattarli tutti. Vale la pena, tuttavia, soffermarsi su tre importanti chiavi di lettura delle vicende che hanno interessato e interessano il territorio contemporaneo e che ambedue i libri sembrano offrirci.

Questa tradizione non ci indica solo i modi attraverso i quali difendere e tutelare risorse e paesaggi, ma definisce una weltanshauung, una concezione del mondo all’interno della quale trovano il loro posto la politica, la giustizia, l’economia. Il territorio rappresenta l’espressione del patto costitutivo di una società e del suo livello di civiltà, di benessere e di equità. Esso è storicamente un ambito eminentemente pubblico, è storia e ricchezza. I centri storici per cui lotta Antonio Cederna così come i terrazzamenti lungo le coste della Campania di cui ci racconta Antonio di Gennaro sono frutto di lavoro e di saperi sedimentati nel corso di secoli. Ed è proprio la sua dimensione storicamente pubblica che impone al territorio trasformazioni che tengano conto delle funzioni collettive che esso esprime. Tale dimensione impone anche che sia governato da chi è svincolato da interessi privati siano essi dei poteri forti che dei ceti più umili.

La storia di paesi e nazioni può dunque essere letta attraverso questa categoria. Ed uno dei caratteri originali della storia dell’Italia repubblicana risiede proprio nella debolezza con cui fin dal secondo dopoguerra lo Stato ha regolato il rapporto tra diritto di proprietà e diritto di edificabilità, tra attori privati e attori pubblici nell’ambito del mercato del suolo, delle acque, dell’energia e più in generale dei beni comuni. Da qui è nata una grande questione urbana intesa come modernizzazione senza sviluppo. Un’urbanizzazione caotica e disordinata e a bassa densità demografica ha prodotto consumo dei suoli più fertili, inquinamento, disagio sociale, problemi igienico sanitari, aggravio di costi pubblici, difficoltà di trasporto e così via. Ed è a questi scenari che Antonio di Gennaro dedica le pagine più belle, le più accorate e arrabbiate ad un tempo.

In alcuni parti del paese (si pensi alla parte meridionale della provincia di Caserta ed alla settentrionale di quella di Napoli) , poi, dove i poteri pubblici hanno consentito alleanze con la criminalità organizzata, questa caratteristica ha lasciato spazio al sorgere di intere città illegali, ha dato vita a quel ciclo del cemento che si è andato intrecciando a quel ciclo dei rifiuti tossici che è costantemente al centro della cronaca locale e nazionale.

Ma qual è dunque l’anello debole? Dov’è che le istituzioni pubbliche non hanno funzionato? Antonio di Gennaro e Francesco Erbani ci offrono una risposta dando una efficace rappresentazione di donne e di uomini che ricoprono ruoli di responsabilità all’interno dei poteri pubblici che si sono macchiati non solo di gravi atti di disprezzo del bene comune, di ricerca del proprio “particolare” interesse e del proprio personale consenso politico, ma anche di azioni che non sembrano sostenute da quelle competenze richiesta per delineare strategie in grado di governare trasformazioni così complesse che necessitano conoscenze profonde e visioni condivise di progetti e soluzioni. Il cuore della questione è qui, ed è in questo ambito che l’Italia rivela ancora tutta la sua fragilità.

ARTICOLI CORRELATI
1 Novembre 2018

© 2024 Eddyburg