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Massimo Serafini
Un treno da non perdere
23 Maggio 2006
Articoli del 2005
Il dramma della pioggia in Puglia insegna ancora una volta ciò che si dovrebbe fare. Da il manifesto del 25 ottobre 2005

Non è facile descrivere la vulnerabilità del territorio italiano, meglio di quanto lo faccia l'immagine di quel vagone sospeso nel vuoto. Essa spiega molte cose.

Ci dice che, le piogge concentrate e dalle conseguenze sempre più disastrose, (in una settimana piove quanto in un intero anno) sono figlie di un cambiamento climatico che nessuno sembra voler seriamente affrontare.

Ma quell'immagine non ci racconta solo di ritardi ed inadempienze, evidenzia anche colpe e responsabilità: di tante infrastrutture costruite in aree a rischio o di interi territori incapaci di assorbire le piogge perché ricoperti di cemento ed asfalto.

E più quella foto la si guarda e più ci dice che la riduzione e la prevenzione del rischio nel quale viviamo è una priorità assoluta di un programma di governo. Farne però una priorità non significa definire un elenco di opere, di appalti o soldi da distribuire, ma prendere un insieme di decisioni che affermino che sono finiti gli usi speculativi ed abusivi del territorio, per lasciare il posto a quelli sostenibili.

Nel corso di questi anni questo giornale ha più volte ripetuto che la principale opera pubblica da fare, in questo paese, è un piano di riassetto idrogeologico.

Quel treno sospeso nel vuoto rappresenta con forza l'Italia che ci lascia Berlusconi.

Non basterà però cacciarlo, per avere un territorio più sicuro, se il governo che gli succederà non saprà affermare una nuova cultura della terra e delle acque. Una cultura fatta di tre ingredienti: conoscenza (elaborare in un anno una carta geologica a scala 1:5000 che fornisca una mappa vera del rischio) di prevenzione (misure di salvaguardia, vincoli, delocalizzazioni e revisione delle concessioni) e di manutenzione diffusa della terra e delle acque (piani di rimboschimento, lotta agli incendi, demolizioni delle case abusive).

Una cultura che per affermarsi ha però bisogno di una moratoria o almeno un ripensamento concreto delle decisioni prese di ulteriore infrastrutturazione pesante del paese (come ad esempio le nuove autostrade, il Mose, il ponte sullo stretto).

Speriamo, che la fortuna e la bravura dei macchinisti, che hanno fermato quel treno sull'orlo del baratro, facciano capire a Romano Prodi che il declino di questo paese può essere fermato e che il riassetto idrogeologico del territorio è il patto con gli italiani che s'impegna a sottoscrivere.

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