Un impianto capace di rigassificare 8 miliardi di metri cubi/anno di GNL (gas naturale liquefatto), pari a quasi il 10 per cento del consumo annuo italiano, utilizzando per il processo acqua di mare prelevata da una piccolissima baia quasi priva di ricambio idrico.
Proponente, la multinazionale spagnola Gas Natural, che ha individuato il sito di Trieste-Zaule, nel cuore del porto industriale (ma anche a poche centinaia di metri da quartieri densamente abitati) e all’interno della baia di Muggia, nell’estremo settentrionale dell’Adriatico.
Si prevedono un traffico di navi gasiere pari a 110 unità all’anno, lo scarico di circa 750 mila metri cubi/giorno di acqua fredda e trattata con cloro, un investimento di circa 400 milioni di Euro e un’occupazione diretta a regime di 80 persone, più circa 350 nell’indotto.
Questi i dati essenziali del progetto del terminale di rigassificazione per GNL che interessa il capoluogo giuliano, uno della quindicina di impianti analoghi proposti in Italia negli ultimi anni.
Con la differenza che questo, a differenza di altri, pare avviato ad ottenere il via libera per la costruzione. Nel giugno scorso, infatti, la Commissione VIA del ministero dell’ambiente ha espresso parere di compatibilità ambientale favorevole sul progetto.
I pareri sulla VIA.
Un parere francamente ignobile: leggendolo si scopre infatti che la Commissione – era quella nominata dall’allora ministro Pecoraro Scanio – ha preso per oro colato tutto ciò che Gas Natural (e la sua consulente per il VIA, la misteriosa società “Medea”, svizzero-lussemburghese ma formata da tecnici italiani ex ENEL e ENI) ha raccontato nei propri studi.
In compenso, la Commissione ministeriale ha omesso – violando così la legge - di considerare le obiezioni e le critiche approfondite ai medesimi studi, contenute nelle osservazioni presentate dalle associazioni ambientaliste e nei pareri di alcuni Comuni.
Bastino alcuni esempi, tra i tanti possibili: 1) nessuno degli elaborati di Gas Natural/Medea è firmato dagli estensori, né si può capire chi li abbia redatti (ancorché le norme sulla VIA prescrivano “dichiarazioni giurate” degli autori sulla veridicità dei dati contenuti); 2) gli studi sugli effetti della dispersione nella baia di Muggia dell’acqua di mare utilizzata nel processo di rigassificazione sono grossolanamente manipolati, allo scopo di negare l’esistenza di problemi (mentre invece questi scarichi rappresentano la criticità ambientale principale legata al funzionamento dell’impianto); 3) lo studio sull’”effetto domino”, cioè sui pericoli legati ad incidenti che interessino il terminale, le navi gasiere o gli altri impianti a rischio di incidente rilevante esistenti nell’intorno (ce n’è una mezza dozzina), esiste in due versioni diverse, una sola delle quali messa a disposizione del pubblico per la procedura VIA, e in ogni caso risulta assai sommario e reticente; 4) nessuno studio prende in considerazione i rischi legati a possibili atti terroristici.
Si aggiunga che al progetto del terminale GNL manca l’indispensabile gasdotto di collegamento con la rete SNAM. Logica e normativa vorrebbero che la VIA considerasse entrambe le infrastrutture (l’una non ha infatti senso alcuno in assenza dell’altra).
A dire il vero, le tante lacune e incongruenze degli studi di Gas Natural/Medea erano state rilevate anche nel parere che la Regione Friuli Venezia Giulia aveva espresso (1 giugno 2007) nell’ambito della procedura VIA ministeriale. Un parere gesuitico, però, perché non concludeva – come sarebbe stato logico attendersi – con un giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del progetto (si era ormai a quasi un anno e mezzo dall’inizio della VIA e il proponente aveva presentato un corposissimo studio di impatto ambientale e altrettanto corpose integrazioni dello stesso, senza risolvere nessuno dei problemi evidenziati), bensì si scaricava la responsabilità sul ministero dell’ambiente, invitandolo a richiedere eventuali ulteriori integrazioni.
Il “non parere” regionale era però accompagnato da una delibera di indirizzo politico, favorevole “per ragioni socio-economiche” alla costruzione non solo del rigassificatore proposto da Gas Natural, ma anche dell’analogo impianto off shore proposto dalla concorrente Endesa e previsto nel mezzo del Golfo di Trieste.
Si arriva così, un anno dopo, al già citato parere della Commissione VIA ministeriale. Come sia possibile che tale organismo, di cui facevano parte esperti di indubbia preparazione e prestigio (ma anche una pletora di avvocati…), abbia potuto esprimere un atto del genere, rimane un mistero.
Risulta – lo ha scritto l’Espresso, mai smentito – che si sia attivato Zapatero in persona, per perorare la causa di Gas Natural. Fatto sta che - 26 favorevoli, 18 assenti e 14 astenuti (su 58 componenti) – la Commissione il 20 giugno 2008 ha emesso parere favorevole.
Nel frattempo, SNAM aveva presentato (marzo 2008) per la procedura VIA il progetto di un gasdotto – parte sottomarino, parte terrestre - tra il terminale GNL di Trieste-Zaule e la rete SNAM a Villesse. Le due procedure sono però del tutto distinte tra loro e gli studi presentati dalle due società non hanno alcun rapporto l’uno con l’altro. D’altronde, anche il progetto del gasdotto solleva molte perplessità ambientali, specie perché non è stato adeguatamente valutato il rischio legato alla posa della condotta all’interno della baia di Muggia, con il conseguente sollevamento di grandi quantità di fanghi estremamente inquinati e l’inevitabile contaminazione della catena alimentare.
In realtà, l’incompatibilità del progetto di Gas Natural con il sito di Trieste-Zaule pare abbastanza evidente ad un esame tecnico obiettivo, per ragioni ambientali e di sicurezza, ma la politica deve averci messo lo zampino.
Il nodo del paesaggio.
Dopo l’ok, ancorché sgangherato come si è detto, della Commissione VIA, manca soltanto il “concerto” tra i ministri dell’ambiente e dei beni culturali, per concludere la procedura.
Sennonché la Soprintendenza ai beni paesaggistici e architettonici del Friuli Venezia Giulia aveva già espresso – su richiesta del proprio ministero - fin dal 2005, ribadendolo poi altre tre volte, il proprio parere negativo sul progetto, dal punto di vista paesaggistico. Motivazione principale: non è lecito aggiungere degrado al degrado. Se infatti il contesto nel quale sorgerebbe il rigassificatore è quello tipico di una zona industriale, nel sito costiero previsto per il nuovo impianto si è progressivamente impiantata una vegetazione spontanea che ha mitigato alquanto la preesistente situazione di degrado. La costruzione delle opere previste dal progetto e in particolare i due enormi serbatoi di stoccaggio del gas (altri più di 50 metri e larghi 81 metri ciascuno), più il pontile di attracco delle navi gasiere e la prevista modifica della linea di costa, rappresenterebbero un indubbio peggioramento del paesaggio.
Difficile sembrava, quindi, la concertazione tra i due ministri, visto che il parere negativo della Soprintendenza era stato ribadito - per la quarta volta! – l’11 agosto 2008. Ecco allora che il Direttore generale del ministero per i beni culturali, arch. Prosperetti, prima chiede a Gas Natural uno “studio di inserimento paesaggistico” per il terminale di Trieste-Zaule e poi convoca a Roma il Soprintendente del Friuli Venezia Giulia, arch. Monti.
Quest’ultimo, il 4 dicembre scorso, esprime un nuovo parere “a seguito della richiesta della Direzione Generale … tesa a voler ottenere un parere positivo sul proposto rigassificatore a Zaule”. Non è certo la prima volta che i vertici ministeriali premono sui propri organi periferici per “persuaderli” a mutare opinione su un progetto. E’ però forse la prima volta che tali pressioni vengono apertamente dichiarate in un documento ufficiale da un Soprintendente.
Va detto che il parere favorevole è accompagnato da prescrizioni: parziale interramento dei serbatoi per diminuirne l’altezza a 15 – 20 metri al massimo e arretramento degli stessi per non interferire con la fascia alberata esistente; nessuna modifica della linea di costa attuale; arretramento delle opere a mare previste (pontile di attracco, ecc.). Si tratta di prescrizioni tali da comportare una sostanziale modifica del progetto, perché – ad esempio – il parziale interramento dei serbatoi implica lo scavo di decine di migliaia di metri cubi di terreno pesantemente inquinato, con la conseguente necessità di provvedere alla bonifica dello stesso, di reperire una discarica idonea in cui smaltire i residui tossici della bonifica, ecc.
Resta da vedere, naturalmente, se le prescrizioni dell’arch. Monti saranno recepite nel decreto che i ministri dell’ambiente e dei beni culturali dovranno “concertare” tra loro.
La pianificazione svilita.
L’intera vicenda del rigassificatore di Gas Natural chiama però in causa anche lo stato penoso della pianificazione, tanto quella urbanistica e paesaggistica, quanto quella di settore. Non esiste infatti, com’è noto, uno straccio di piano energetico nazionale (l’ultimo, peraltro mai approvato in via definitiva, risale al 1988…), che permetta di capire quanti terminali di rigassificazione sono necessari (e perchè) all’Italia, né quali siano i criteri per una localizzazione ottimale degli stessi. Criteri che dovrebbero ovviamente considerare sia la taglia degli impianti, sia le connessioni con la rete dei gasdotti e la prossimità ai bacini di utilizzo del gas, ma anche le tecnologie di rigassificazione preferibili, le condizioni al contorno dal punto di vista ambientale (caratteristiche paesaggistiche, fisiche e biologiche delle aree costiere e marine interessate, ecc.) e socio-economico (possibili interferenze con altri usi della costa e del mare, ecc.).
Nulla di tutto ciò esiste, e malgrado le tante chiacchiere in proposito nessuno dei Governi succedutisi nei decenni scorsi ha saputo neppure abbozzare un piano degno di questo nome.
Il piano energetico regionale del Friuli Venezia Giulia, approvato nella primavera del 2007, tace sull’argomento delle grandi infrastrutture, limitandosi ad un modesto programma di incentivazioni alle fonti rinnovabili.
Il nuovo Piano Territoriale Regionale (che dovrebbe sostituire l’ormai “archeologico” P.U.R.G. del 1978), invece, adottato nell’ottobre 2007 e che dovrebbe avere anche valenza di piano paesaggistico, menziona quasi di sfuggita i rigassificatori, prescrivendo che “devono essere localizzati negli ambiti portuali industriali individuati ai sensi della L. 84/94 e s.m.i.”. Il che è come dire nel sito di Trieste-Zaule, posto che altri siti capaci di accogliere navi gasiere – se non altro per questioni legate alla profondità dei fondali – in Friuli Venezia Giulia non ne esistono.
Peccato che le questioni ambientali e di sicurezza, emerse nella procedura VIA, rimangano irrisolte e che il PTR non ne faccia menzione alcuna.
Senonché, il PTR pur adottato non è stato approvato, né si sa se lo sarà mai, essendo nel frattempo cambiata la Giunta regionale dopo le elezioni dell’aprile 2008 che hanno visto la sconfitta di Riccardo Illy e del centro-sinistra e la vittoria del centro-destra di Renzo Tondo.
Ma c’è di peggio. Il vigente Piano Regolatore del Porto di Trieste, infatti, non prevede il terminale GNL. Che ti fa l’Autorità portuale? Commissiona prontamente una variante ad hoc per inserire l’impianto nel PRP: a chi va l’incarico? Proprio a Gas Natural, che infatti nel dicembre 2006 inserisce gli elaborati di questa variante nelle integrazioni del proprio studio di impatto ambientale! Caso forse unico di variante allo strumento urbanistico di un ente pubblico, commissionata dallo stesso ente alla società privata che propone un progetto ancora sub judice, non previsto dallo strumento urbanistico vigente.
Di fronte alle contestazioni il presidente dell’Autorità portuale, dott. Boniciolli, replica che non gli risulta alcun incarico a Gas Natural per la predisposizione della variante, ma i documenti dicono che l’incarico c’è stato (magari dato da qualche suo predecessore), anche se la variante stessa non è mai stata adottata. Va però detto che, in base alla Legge 222/2007 (art. 46), l’autorizzazione ministeriale alla costruzione del rigassificatore – un atto che va rilasciato a valle della VIA, previa conferenza dei servizi - costituisce anche variante automatica allo strumento urbanistico portuale.
E ora?
Il mondo politico, nazionale e locale, aveva già deciso a priori – a cor prima che fosse presentato -che il progetto di Gas Natural s’ha da fare. La posizione della Giunta regionale di centro sinistra è del resto condivisa dalla nuova Giunta di centro destra. DS e AN, in particolare, sono sempre stati sfegatati sostenitori dell’impianto fin dal primo minuto, mentre qualche resistenza – invero debole – è emersa soltanto da qualche altro partner delle due coalizioni.
Intanto, però, l’uomo forte di AN a Trieste, l’on. Menia, è diventato sottosegretario all’ambiente…
Favorevoli, ça va sans dire, anche sindacati e industriali, così come il sindaco di Trieste, Dipiazza (PDL), mentre confermano il loro no – con voto unanime dei rispettivi Consigli comunali - i due Comuni minori coinvolti, Muggia e S. Dorligo-Dolina, entrambi retti dal centro sinistra.
Anche il Governo sloveno (quello uscito sconfitto dalla recenti elezioni) aveva espresso un parere nettamente contrario, supportato da un’approfondita analisi tecnico-scientifica. Resta da vedere se anche il nuovo Governo di centro sinistra confermerà questa posizione.
In un incontro a Roma con il precedente collega sloveno, il ministro degli esteri Frattini aveva assicurato che l’Italia non avrebbe deciso nulla contro il parere di Lubiana. Era anche stata decisa la costituzione di una commissione mista di esperti, con il compito di approfondire (in un mese) le questioni tecniche legate agli impatti ambientali del progetto di Gas Natural: non se n’è più saputo nulla. Nel contempo, però, il Governo italiano ha ribadito più volte l’intenzione di arrivare ad un accordo “strategico” con la Slovenia in campo energetico, che comprenda il rigassificatore, insieme con i progetti dei nuovi oleodotti e gasdotti previsti in arrivo in Italia dal Mar Nero e dal Caucaso, nonché per la partecipazione al raddoppio della centrale nucleare slovena di Krško (che interessa molto all’ENEL). Profferte che già D’Alema aveva fatto in occasione della visita di Stato a Lubiana agli inizi del 2007.
Intanto associazioni ambientaliste (WWF, Legambiente, Italia Nostra) e comitati locali – constatata l’inutilità dei rilievi e degli appelli formulati tramite i consueti canali istituzionali (osservazioni nell’ambito della VIA, ecc.) – hanno segnalato alla Procura della Repubblica di Trieste i tanti abusi e le illegittimità collezionati nel lungo iter del progetto.
Altre azioni legali sono ovviamente probabili, qualora si arrivasse comunque – malgrado tutto – ad un decreto VIA favorevole “concertato” tra i ministri competenti.
La morale della favola.
Insomma, questa deprimente vicenda vede una pianificazione ridotta – quando c’è – a foglia di fico utile soltanto per coprire le peggiori vergogne, procedure (come la VIA) pensate per la garantire la qualità delle scelte ambientali valorizzando l’apporto critico e conoscitivo della società civile e delle comunità locali, e tuttavia svilite e negate nella loro essenza proprio da coloro che dovrebbero esserne i custodi, organi (come la Soprintendenza) preposti alla tutela di beni pubblici, ma “richiamati all’ordine” dai superiori gerarchici quando interpretano con troppo scrupolo il proprio ruolo, una politica invasiva che non tollera alcuno spazio di autonomia per le competenze tecnico-scientifiche e completamente asservita agli interessi economici (ma anche organi tecnici infarciti di yesmen privi di dignità).
Ai cittadini rimane da giocare la carta del ricorso agli organi giurisdizionali, prima di concludere che l’Italia è ridotta definitivamente al rango di una repubblica delle banane.
Dario Predonzan è Responsabile energia e territorio del WWF Friuli Venezia Giulia
abbondante documentazione sull’argomento nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia, in particolare nella sezione “documenti”, sottosezione “energia”