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Alessandro Dal Piaz
Un PRG da difendere e rilanciare
21 Luglio 2012
Napoli
Uno strumento vitale per il recupero della qualità urbana di Napoli, ma che non ha ancora espresso le sue potenzialità. La Repubblica, ed. Napoli, 19 luglio 2012 (m.p.g.)

È giustificato l’allarme delle associazioni ambientaliste sull’inclusione del Dipartimento di pianificazione urbanistica nella Direzione Ambiente del comune di Napoli? Si teme — pare — una confusione fra controllato e controllore: «Interesse speculativo e conservativo: sono in contrasto e non possono essere accentrati nelle stesse mani, dicono gli oppositori del provvedimento » (la Repubblica, 14 luglio, II di Cronaca).

A parte il dubbio circa l’identificazione dell’interesse speculativo con una delle due articolazioni degli uffici, mi sembra che si debba discutere anche — e prima — di altre cose. Tento di contribuire, in modo schematico per brevità.

Il Prg vigente ha il merito di aver costruito un convincente sistema di regole per la tutela, manutenzione, riqualificazione e valorizzazione sostenibile delle parti di territorio in cui si riscontrano pericolosità o si registrano valori storico-culturali, naturalistici e/o paesaggistici. È questo uno dei contenuti fondamentali della componente strutturale della pianificazione. Deve essere difeso e conservato anche nelle future strumentazioni per il governo del territorio.

L’altro contenuto fondamentale è di tipo strategico: quali trasformazioni si vogliono realizzare per migliori condizioni economico- sociali dei suoi cittadini? Pure per questo aspetto, il Prg ha assunto scelte rilevanti: l’incremento dei servizi e degli spazi pubblici; l’intermodalità dei trasporti basata sulla centralità del ferro; un sistema di grandi parchi, da Bagnoli ai Camaldoli e al Sebeto. Anche queste scelte vanno confermate.

Ma non possono ritenersi sufficienti. In primo luogo per i confini: si evoca di continuo la dimensione metropolitana, ma non si compie alcun passo concreto per uscire dal generico richiamo verbale. E poi per la consistenza e la qualità dell’apparato economico e dell’organizzazione sociale.

Napoli, quella vera, da Monte di Procida ai Regi Lagni a Nola e Castellammare, non può vivere di turismo e di costruzioni (comparto a cui appartengono anche infrastrutture e attrezzature pubbliche), specie nella crisi, che fra l’altro falcidia le finanze pubbliche. E l’edilizia nel Napoletano è troppo spesso speculativa aggressione ad ambiente e paesaggio. Occorre un grande rilancio produttivo di segno alternativo, soprattutto una pervasiva e articolata green economy: rinvio per brevità alla terza rivoluzione industriale di Jeremy Rifkin, che qui può trovare condizioni più che favorevoli se si dà vita a coesione sociale e cooperazione pubblico-privato. Ma occorre una forte regia istituzionale che indirizzi e coordini — anche nel breve termine operativo — le iniziative private secondo linee convergenti, se non proprio secondo un disegno unitario. Anche perché il disagio sociale è a Napoli esteso e profondo e di ciò si deve tenere costantemente conto (per fare un esempio, non servono tanto più case, quanto più case per i ceti a debole capacità finanziaria).

Il Prg ha oltre un decennio di vita e vige da otto anni, nei quali hanno avuto avvio numerosissime iniziative edilizio-urbanizzative di varia dimensione e portata, a riprova della falsità

dell’accusa di impostazione generalmente vincolistica. Il punto è che tali iniziative sono scaturite di volta in volta dalla specifica convenienza del privato di turno, su cui l’azione pubblica non è spesso andata oltre il controllo del rispetto della norma, in assenza di un’organica e complessiva prospettiva di sviluppo. E c’è da temere che le cose non stiano cambiando con la nuova giunta: gli interventi per la Coppa America, il progetto “insula” di Romeo, lo “stadio del tennis”, il nuovo stadio di calcio (fra l’altro tutto nei confini comunali, come se Napoli fosse un’isola).

Se di una cosa le riflessioni sulla sostenibilità hanno convinto, questa è la necessità di valutare preventivamente gli effetti di ogni intervento sia sotto il profilo ambientale che sotto quello sociale. Il governo del territorio non può che essere perciò integrato, articolato per orizzonti temporali differenziati, frutto di un’attività plurale e interdisciplinare, adeguatamente coordinata, condotta da competenti.

Non ha senso, dunque, contrapporre ambiente e pianificazione. Ha senso impegnarsi nella costruzione di strategie istituzionali adeguate per migliorare la vivibilità urbana e la sua base economica in una prospettiva di vera solidarietà sociale. E certo — a tali fini — occorre compiere ogni sforzo per non disperdere e per utilizzare al meglio competenze ed esperienze di grande valore, quali quelle pervenute al Dipartimento di pianificazione attraverso una lunga vicenda (ne sono stato testimone e inizialmente co-artefice) iniziata con il Piano quadro delle attrezzature e il Piano delle Periferie, consolidatasi con il Programma straordinario post-sisma e culminata con la redazione del Prg. È questa la priorità organizzativa da garantire.

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