casadellacarità.org, 9 dicembre 2016 (m.c.g.)
Anche la Casa della carità si appresta a vivere il Natale. Come vuole la tradizione, nel giorno dell'Immacolata abbiamo allestito il Presepe, che è stato collocato proprio davanti all'ingresso di via Brambilla 10. Una tradizione che si rinnova di anno in anno, con la scena della nascita di Gesù che cambia sempre "forma", grazie alla fantasia della nostra operatrice Iole, che realizza il Presepe insieme alla collega di SoStare Chiara e ai preziosi volontari Gigi e Gianni.
«Credo che la Natività sia una storia di straordinaria contemporaneità, che continua a parlare al nostro presente. Nel pensare al Presepe di quest'anno, ho quindi chiesto a Iole che esso avesse un legame ancor più stretto con le storie che qui alla Casa della carità ascoltiamo tutti i giorni: le storie di coloro che bussano alla nostra porta chiedendo non solo di essere accolti, ma anche di essere ascoltati e riconosciuti in quanto esseri umani portatori di diritti e dignità, e non solo numeri, come invece spesso accade», ha detto don Virginio Colmegna.
Nell'allestire la scena, Iole ha allora pensato al brano biblico in cui si dice: «In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra [...] Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto». Per questo, a far da sfondo alla Sacra Famiglia sono dei rotoli di pergamena scritti in aramaico, a rappresentare i registri del censimento. Per collegarsi all'oggi, in primo piano davanti a Maria, Giuseppe e al Bambino ci sono invece decine di passaporti: di ogni parte del mondo, di diversi colori, nuovi oppure sgualciti a causa delle traversie dei viaggi che i proprietari hanno compiuto per arrivare fino a qui.
«Se al tempo di Gesù i registri erano lo strumento che attestava l'identità, oggi è il passaporto a dire chi sei e da dove vieni, dove puoi e soprattutto dove non puoi andare. In questo episodio Maria e Giuseppe compiono un viaggio verso Betlemme per farsi registrare, quindi per vedere riconosciuta la propria identità e la propria presenza. Millenni dopo, lo stesso accade per le centinaia di persone che si rivolgono alla Casa da ogni parte del mondo, chiedendo di poter essere registrate in via Brambilla [sede della Casa della casa della Carità la cui Fondazione è presieduta da don Virginio Colmegna], affinché vengano loro riconosciuti i più elementari diritti di cittadinanza», spiega l'operatrice.