credo proprio che nell’Inu nessuno abbia mai pensato di attribuire a soggetti altri e diversi dagli enti territoriali elettivi le funzioni di pianificazione. Né per altro dice questo la proposta di legge Lupi “unificata”, laddove prevede: “Le regioni individuano gli ambiti territoriali, i contenuti e gli enti competenti alla pianificazione del territorio ... ” (art. 5). Si tratta certamente di un passaggio critico, che si scontra esplicitamente con una consuetudine italiana ormai consolidata, e che pertanto va adeguatamente valutato e discusso – però nel merito – ma che non nega affatto il principio (a mio parere ovvio) che la pianificazione sia affidata a questi enti, e non per esempio alle Soprintendenze, come pure qualcuno vorrebbe.
Spetta dunque senz’altro agli enti elettivi la titolarità della pianificazione e, soprattutto, la responsabilità della sua attuazione: in questo siamo ancora tutti astenghiani di ferro. E proprio per questo l’Inu sta da tempo lavorando, e producendo, ipotesi di piani – o meglio, e ancora astenghianamente – di pianificazioni che pongano “maggiore attenzione alla domanda e alle risorse della società e dell’economia”; ovvero che sappiano rispondere utilmente alle domande della società di oggi – e quindi anche degli enti che la rappresentano e che dovrebbero governarla – e alle risposte che essa può mettere in campo con le risorse di cui effettivamente dispone.
Basterebbe per questo rafforzare gli uffici tecnici comunali? E magari solo per continuare a produrre i vecchi piani? Non lo credo, e certo non puoi crederlo tu, anche perché sappiamo tutti che quei piani, e le relative modalità di attuazione, sono nati storicamente per una società e per esigenze affatto diverse da quelle di oggi.
Inutile nascondere, comunque, che l’Inu è stato spinto a questa impresa – ormai più di dieci anni fa – anche dai preoccupanti sbuffi di de-regolamentazione assoluta che già allora alitavano, e non solo dalle aree politiche ora al governo. Sbuffi e soffioni legittimati di fatto, anche presso l’opinione pubblica (che in una società democratica conta qualcosa), dal permanere del vecchio sistema di pianificazione (che poi “sistema” non era) e, forse ancor più, dalla strenua difesa d’ufficio che se ne faceva, sempre e solo in termini di principio, retorici o ideologici.
Piuttosto che rinunciare del tutto al piano e alla pianificazione, in definitiva, l’Inu ha preferito (tentare di) rinnovare la concezione stessa della pianificazione, secondo principi e modi – certo anch’essi imperfetti – che con diverse declinazioni, come sai, ormai circolano e si sperimentano in molte Regioni, perfino con qualche entusiasmo, sebbene sempre a “rischio Tar”, per il permanere di spezzoni (ormai) delle vecchie leggi. Da qui l’esigenza di una legge statale che ce ne liberi, senza per altro alcun bisogno di “riformare” la riforma che di fatto e nella sostanza è stata ormai avviata, seppure faticosamente, ai livelli regionali, dove in ogni caso la materia stessa è posta dalla Costituzione.
Anche dal punto di vista prettamente culturale, comunque, mi sembra che l’urbanistica sia oggi meno deprimente di dieci anni fa, anche se, o proprio perché, richiede qualche sforzo di adeguamento, che ovviamente non tutti sono disposti ad affrontare. “Urbanistica informazioni” in ogni caso è sempre aperta a ogni contributo, comprese le critiche; meglio evitare però gli scambi epistolari tra due anziani signori, che finirebbero per annoiare i lettori.
Ciao, Paolo
Sei sicuro che gli scambi epistolari tra signori che ne hanno viste tante annoi i lettori? Quando facevo Urbanistica informazioni i confronti tra opinioni diverse su temi centrali erano considerati parte rilevante del servizio della rivista dell’INU. E in Eddyburg le discussiioni non sono tra le cose meno seguite. Ti sembra che il “cambiamento di spalla al fucile” dell’INU non sia un argomento rilevante per i soci dell’istituto che presiedi?
E sei davvero convinto che la miserabile legge Lupi sia meglio dei “prncipi desumibili dalla legislazione previgente”? Quest’ultima non ha impedito ad alcune regioni (non poche, per la verità) di fare leggi urbanistiche che hanno applicato il modo nuovo di pianificare che alcuni di noi, e poi l’INU al congresso di Bologna, avevano proposto e sperimentato.(es)