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Maurizio Chierici
Un metrò travolge Parma
2 Giugno 2008
Altre città italiane
Finalmente la stampa nazionale si accorge di una turlupinatura, tempestivamente denunciata da Insurgent City e da eddyburg. L’Unità, 2 giugno 2008

È la piccola storia di un’Italia non alle corde, come dicono i giornali: sta talmente bene da frugare il manuale del superfluo costoso. Comincia col Berlusconi Due, va in opera col Berlusconi Tre. Un giudice sta per decidere (a Parma) se accogliere la richiesta di referendum presentata da avvocati civilmente slegati dagli interessi politico-imprenditoriali della città. Cremonini, ex sindaco socialista, Allegri presidente di Monumenta, associazione che prova a frenare gli eccessi della giunta cantiere. È il logo degli amministratori messi in poltrona da imprenditori che dei cantieri sono protagonisti. Le loro televisioni e i loro giornali trasformano gli uomini qualunque in personaggi dei quali non si può fare a meno. Incenso dopo incenso le generazioni degli elettori vengono cresciute così. Nella città di ieri i protagonisti dell’industria fabbricavano cose da servire in tavola; oggi sono signori del mattone.

Nessun professionista con la testa sulle spalle ha convenienza a contrastarli, eppure avvocati e intellettuali senza collare, hanno scelto di stare dalla parte della gente nella tutela di una normale democrazia. Contestano l’interpretazione dell’ex sindaco Ubaldi che ha deciso di sottrarre la costruzione della metropolitana al giudizio di chi dovrebbe usare il metrò. A Parma il voto della gente può decidere. È uno dei pochi comuni dove il sì o il no non sono consultivi: fermano o fanno correre l’avventura del treno sotto. Non importa se l’appalto è già firmato e le talpe pronte a scavare.

La metropolitana di Parma è il Ponte di Messina di noi della Padania. Con una differenza. Il ponte è la linea che unisce due sponde traversando il braccio di mare. Non vuole cambiare niente. La matassa degli intrighi mediterranei non può essere fiorata. La metropolitana è invece una linea di fantasia. Non risolve i problemi della città e impone il disegno di una città diversa per salvare in qualche modo bilanci che si annunciano disastrosi. Città troppo piccola? Gonfiamola per giustificare il metrò. Svuota il centro storico. Impone quartieri satelliti dove disgregare le abitudini nel pionierismo di strade abitate da gente che arriva a caso; estranei raccolti attorno alle cattedrali dei supermercati. Dovranno inventarsi un’altra vita, forse un altro dialetto.

Nel Cantiere Parma, il rapporto supermercati- abitanti, alza la città al top ten dei primati. Non importa se ogni supermercato chiude 75 negozi del centro storico dal quale sono già sparite le sale dei cinema. Riaprono fra i prati in attesa del metrò. Comunità che invecchia. Nel 2015 un abitante su quattro supererà i 65 anni. Per vedere i film che incantano i giornali deve prendere un taxi o aspettare due o tre anni fino a quando il film arriverà in Tv. Addio alle sale attorno alla piazza, quattro passi dopo lo spettacolo, pizza, un gelato: piaceri della provincia. Al cinema in moto oppure si resta a casa perché il metrò è ancora un appalto, impresa Pizzarotti. E la città dei monumenti, stradine con vetrine intriganti, librerie, caffè dalla piccola storia, sta per trasformarsi in una specie di museo: parmigiani come turisti, palcoscenico per i piaceri da rappresentare quando viene la sera. Musica e tavoli in mezzo alla strada. Talk show offerti dalle agenzie comunali mescolano nello stesso umanesimo Sgarbi e Funari. Mangiare e bere. Le nuove generazioni Tv incalzano; la maggioranza che ha una certa età deve rassegnarsi alle piazze spettacolo, città da fotografare, città sepolta nei tunnel, negozi e parcheggi interrati. La modernità lo impone. Perfino Parigi si era lasciata andare, anni fa. Ma appena si accorge che non-memoria e tensioni civili minacciano il futuro nell’emarginazione dei quartieri satelliti, Chirac richiama i commercianti dispersi nei recinti delle banlieue. Per favore, tornate. Rianimate la Parigi dormitorio sgualcita da turisti frettolosi. Prestiti a fondo perduto purché le botteghe riaccendano; cinema di quartiere che riaprono le porte. Ricompone la città densa dove il dialogo naturale nella quotidianità degli incontri, accende la vita reale. Non la vita immaginaria nei bunker, aria condizionata dei bottegoni di periferia. Chirac non era un presidente progressista: più o meno la stessa destra del governo di Parma, ma la Francia è nazione dove la cultura mantiene il primato sulla febbre del mattone. Il metrò di Parma dovrebbe raggiungere quartieri che crescono su terreni opzionati dalle solite mani. Disegno programmato da lontano. Il treno sottoterra è la ciliegina sulla torta- appalto dei mille zecchini d’oro. Il primo tratto unisce due punti della grande città: pedalando senza fretta sono quindici minuti in bici, dodici con autobus e filobus.

Non è questo il problema. Nella filosofia dei nuovi urbanisti inventati dall’ex sindaco Ubaldi, modernizzare, disperdendo, vuol dire attrarre nuovi abitanti per far risalire la popolazione da 174mila a 400mila persone, quasi Bologna, più di Verona. Miracolo. Con qualche perplessità sul raddoppio della popolazione: dove pescare i parmigiani del futuro? Arriveranno, arriveranno: tranquillizzano i profeti del metrò. Sono i soldi a far confusione, quei soldi che il governo Berlusconi Due ha elargito mentre stava passando la mano a Prodi: firma all’ultimo minuto. Coi milioni in tasca, rinunciare a scavare voleva dire restituire il grisbi allo Stato. Per carità, scaviamo. Inutilmente Alfredo Peri, assessore regionale ai trasporti, propone la soluzione della metropolitana leggera. Razionalizzare il sistema di superficie. Costi rimpiccioliti, ma addio all’appalto dei mille zecchini. Non se ne parla. Avanti col tunnel sotto i palazzi della storia. Per risparmiare, meno fermate. A una certa età camminare fa bene. Non importa se la linea corre lungo un torrente secco, impetuosità delle piene (rarissime) regolata da un bacino scavato a monte (impresa Pizzarotti). Trentacinque anni fa l’ingegnere Lunardi aveva firmato il progetto che immaginava far correre le rotaie nel grembo del fiume. Il quale taglia la città in due città. Costo dei lavori più o meno dieci volte inferiore ai conti di oggi, soluzione che il Lunardi ex ministro ritiene superata. Coraggio, scaviamo. Sotto la Pilotta dei Farnese, monumento con quattrocento anni di vita. «Tremare come la Pilotta», è il ritornello che accompagna l’ironia della città. Mura imponenti ma dai gusci fragili come le costruzioni del tempo. Accolgono la Galleria Nazionale, il Teatro Farnese, Biblioteca Palatina, Archivio Bodoni, Museo delle Scienze, università. Si trema davvero temendo che il frugare sotto non apra le crepe della Milano attorno a Sant’Ambrogio, vittima di parcheggi underground. Sciocchezze. Il dramma sono i conti. In Svizzera la gente decide questo tipo di spese col referendum. Un anno fa voglio sapere a Zurigo come mai la capitale dell’industria e degli affari continui ad affidare i trasporti ai tram più silenziosi del mondo. Gli elettori hanno una certa età: non vogliono il metrò. Preferiscono viaggiare alla luce del sole. Pio Marzolini, capo ufficio traffico assicura che gli zurighesi «hanno difeso il piacere di guardare le vetrine e poter scendere quando qualcosa attrae». Bacino di un milione di persone. «Ogni capo famiglia ha fatto i conti e non se l’è sentita di indebitare figli e nipoti perché un milione di abitanti non garantisce il pareggio». Risposta che si ripete a Ginevra. Philippe Vulster studia per le Nazioni Unite i flussi dell’urbanizzazione: meglio gli autobus. «Per dormire tranquilli. 50, 60 milioni di viaggiatori l’anno non bastano».

Un anno fa gli amministratori prevedevano 17 milioni di viaggiatori l’anno ma 12 milioni e 800mila clienti restavano «da individuare». Ancora non si trovano. E i 400mila fantasmi evocati dall’ex Ubaldi sarebbero gocce d’acqua. Ma non è solo il futuro. La previsione di spesa per la costruzione si annuncia ragnatela degli abra cadabra. 25 milioni al chilometro, si dice. Brescia che sta finendo il suo metrò, tracciato con le stesse difficoltà, ne spende 53. Più del doppio. Svista macroscopica o a Brescia hanno rubato? Chi rimboccherà la catastrofe? Il governo amico, eppure per quanto amico sono soldi di tutti gli italiani. Qualche sovvenzione; per il resto la città farà quadrare i bilanci in sconsolata solitudine. Il municipio sta vendendo le azioni Enia per riempire altri buchi. I buchi del metrò verranno colmati con tagli di servizi. Prezzi più cari per tutto. Meno autobus, filobus: i quartieri lontani dalla sotterranea devono farsene una ragione. Meno servizi sociali, non parliamo di case popolari per i senza tetto e senza niente. Costruiti 36 appartamenti in dieci anni di governo, con 6 milioni pagati dalla Fondazione Cassa di Risparmio, vicinissima (per italiche abitudini) all’Ubaldi quand’era sindaco. Più qualche casa riadattata. Ma il principio sacrosanto è che i senza casa non devono intralciare le grandi opere. Cinghia stretta per la gloria del metro. Ma non basterà. L’incubo della gestione coinvolge due, tre chissà quante generazioni: pagheranno i debiti di un trasporto per pochi.

Non è la polemica dei politici contro: analisi del professor Marco Ponti, insegna economia applicata al Politecnico di Milano, membro della società italiana degli Economisti dei Trasporti e della World Conference of Trasport Research Society. Nella sala Filosofi dell’università di Parma spiega perché la metropolitana è l’imprudenza che fa comodo a qualcuno. Dibattito organizzato da StopMetro, galassia di associazioni e movimenti motore del referendum. «Non sono né verde, tanto meno di sinistra. Sono un liberale che studia l’uso del patrimonio pubblico ed ho lavorato dieci anni per la Banca Mondiale. Tornato in Italia non mi sono ancora ripreso nel vedere come vengono utilizzate le risorse pubbliche». Ricorda che nel panorama nazionale sprechi come il metrò Parma non fanno eccezione: «L’obiettivo non è fare progetti sensati, ma ottenere da Roma più soldi possibili. Ed è quasi impossibile per l’amministrazione della città dire: “quei soldi non li voglio”. La pressione delle lobby locali (e di chi cuoce gli appalti) è quasi irresistibile». Domanda dall’aula affollata: il Cipe ha concesso il finanziamento sulla base di un progetto che prevedeva 25 milioni di viaggiatori l’anno. Le ultime stime prudenziali li hanno ridotti a 8 milioni. Possibile che i signori del Cipe non sappiano quanti abitanti ha Parma? Un clic sul computer e si informano. Il professor non consola: «Nella mia esperienza le previsioni di spesa sono sempre sottovalutate e il traffico di passeggeri sempre sopravvalutato. Se uno fa un progetto di mobilità che è una cretinata, dopo un anno si vede subito, mentre le grandi opere impediscono di controllare i risultati in tempi brevi, ecco perché sono molte amate dai politici del momento». Domani sarà difficile risalire alle responsabilità.

mchierici2@libero.it

Vedi su eddyburg la corrispondenza di Andrea Bui. Vedi anche il sito Stop Metro.

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