loader
menu
© 2024 Eddyburg
(red.)
Un "martire" con qualche metodo nella sua pazzia
17 Febbraio 2006
2006-Verso le elezioni
La spudorata ma efficace strategia elettorale di Berlusconi, e il triste spettacolo del centro-sinistra incerto e diviso. The Economist, 16 febbraio 2006 (f.b.)

Titolo originale: A “martyr” with some method in his madness – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

I MUSULMANI offesi dalle vignette sul loro Profeta devono essere rimasti sconcertati nel sentire che il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, si era paragonato a Gesù. Prova che l’Occidente è incorreggibilmente empio? O una nuova prova del fatto che Berlusconi, dopo aver vantato la superiorità culturale dell’Occidente dopo l’11 settembre, sia un vero “crociato”?

In verità, nessuna delle due cose. Nonostante – o forse proprio perché – la Cristianità sia tanto al centro della società europea occidentale, i latini spesso mostrano una noncurante familiarità col suo lessico e i suoi simboli che può sorprendere i popoli più a nord. In francese o in spagnolo, una prova o un tormento si chiamano “Calvario” come il luogo in cui fu crocefisso Gesù. E gli italiani definiscono un disgraziato un “povero Cristo”. Questo aiuta a spiegare l’affermazione di Berlusconi: “Sono il Gesù Cristo della politica. Sono una vittima paziente. Sopporto tutto. Mi sacrifico per tutti”.

Ma gli oppositori definiscono Berlusconi il primo ministro più al servizio di sé stesso della storia d’Italia: un uomo il cui governo ha approvato ripetutamente leggi che favorivano i suoi interessi d’affari, cambiandone altre per assicurarsi di non essere condannato per nessuna delle accuse per cui è stato processato. E pure Berlusconi frequentemente si dipinge come un martire: un uomo che, se non lavorasse come no schiavo giorno e notte per il bene dei suoi amici italiani, potrebbe rilassarsi e godere la sua immensa fortuna personale.

Stavolta, comunque, ha fatto qualcosa di più che non semplicemente lamentarsi del suo destino. Le affermazioni incredibilmente offensive per cui il primo ministro è famoso servono ad uno scopo che di solito passa inosservato: concentrano l’attenzione su di lui, escludendo i suoi avversari politici. Berlusconi ha usato questa tecnica con buoni risultati prima dello scioglimento delle camere l’11 febbraio, che prepara la strada alle elezioni generali del 9-10 aprile. Non essendo riuscito a scalfire le regole che impongono un identico tempo in onda per tutti i partiti politici nel corso della campagna, Berlusconi ha capitalizzato il suo accesso senza confronti ai mezzi di comunicazione prima dell’inizio formale della campagna. Ha una posizione di controllo sulle tre principali reti della televisione privata e, in quanto primo ministro, può decidere il destino delle tre gestite dallo stato.

Per più di tre settimane, gli spettatori italiani hanno visto Berlusconi parlare dei risultati del suo governo, talvolta per ore e ore. Ad un certo punto Romano Prodi, l’ex presidente della Commissione Europea, che mira a sloggiare Berlusconi, si è lamentato del fatto che, nelle due settimane precedenti, il primo ministro avesse avuto 24 volte lo spazio televisivo riservato a lui. Le tattiche choc del primo ministro comprendono il paragonare i propri risultati al governo con quelli di Napoleone, o il promettere che si asterrà dal sesso fino al giorno delle elezioni.

Un modo un po’ brutale di suscitare attenzione, forse. Ma ha funzionato. Prima che Berlusconi si imbarcasse nel suo blitz sui mezzi di comunicazione, la sua coalizione seguiva l’opposizione a sei punti percentuali di distanza. Un sondaggio pubblicato dal quotidiano il Corriere della Sera indica che, alla fine di tutto, il distacco si era ridotto a circa quattro.

Alla fine, l’11 febbraio, i suoi avversari pensavano di avere una buona occasione, e hanno scelto la giornata per lanciare il proprio programma. Berlusconi ha avuto il suo guizzo da “Gesù Cristo” e quelle 379 pagine di buone intenzioni sono state affogate dalle polemiche sulla sfacciataggine del primo ministro.

Se dovesse davvero preoccuparsi, è altra questione: il programma dell’opposizione presto è diventato oggetto di imbarazzo. La sua lunghezza testimonia i problemi di Prodi nel mantenere compatta l’Unione, la spaventosamente composita alleanza che guida. Da un lato comprende un trotzkista che difende il diritto dei resistenti di attaccare i soldati italiani in Iraq. Dall’altro include ex democristiani che in molte situazioni sarebbero considerati a destra del centro.

Il programma, pieno di modifiche dell’ultima ora, comprende i piccoli progetti di tutti i sette partiti che l’hanno firmato. Promette che le truppe italiane saranno ritirate dall’Iraq, ma secondo i tempi dettati dalle “necessità tecniche” che garantiscono “condizioni di sicurezza”: una posizione poco diversa da quella del governo. Schiva il problema se continuare o meno la galleria ferroviaria attraverso le Alpi a nord di Torino, nei pressi dei luoghi delle Olimpiadi invernali. Cosa che non è passata inosservata alla stampa, e fra le proteste dei Verdi italiani, che pure appartengono all’Unione, Prodi ha detto che proseguirà ad ogni costo.

L’episodio ha lasciato una preoccupante impressione di divisione, e distratto l’attenzione dal fulcro del programma: un’attenta analisi del declino economico del paese e un programma per invertire la tendenza. Prodi si era già impegnato a tagliare il costo del lavoro di cinque punti percentuali. Il programma aggiunge una riforma fiscale per abbassare i contributi previdenziali dei dipendenti, aumentando gli stipendi netti. Si tratta di provvedimenti vigorosi e ambiziosi. Ma una scossa all’economia stagnante richiede anche di attaccare gli interessi consolidati delle professioni, dei sindacati e del settore pubblico, che la sinistra troverà difficile gestire. Il suo principale impegno per l’occupazione è quello di ridurre il numero dei posti di lavoro precari.

Una domanda più ovvia, è quanti elettori si prenderanno la pena di leggersi un programma lungo come un romanzo. Berlusconi ha usato un approccio più immediato. Anziché fare tira e molla con gli alleati, ha semplicemente svelato il suo programma prima di consultarli. Ignorando i brontolii di dissenso, si è impegnato a cercare il loro sostegno ad un piano su otto punti fondato sui tagli fiscali. Promette anche un milione mezzo di nuovi posti di lavoro, pensioni più alte, più sicurezza urbana, libri di testo per le scuole gratuiti, fine dell’attesa per entrare in ospedale e un piano per la vendita delle case dello stato agli inquilini. Messi di fronte a questo fatto compiuto, i suoi alleati politici hanno ceduto. L’evidente contrasto fra l’unità della destra e la confusione della sinistra è penoso da vedere. Col vantaggio che scivola via, la sinistra non si può permettere di mettere di nuovo un piede in fallo.

here English version

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg