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Vittorio Emiliani
Un convegno vale 100 mila
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
La sproporzione che rende non democratica l’Italia, da l’Unità del 1 marzo 2004.

Tu sindacato porti per le strade di Roma ottanta, centomila persone per una forte, motivata manifestazione contro la de-forma Moratti? E io ti organizzo un convegno “azzurro” pro-Moratti con trecento persone e i “miei” telegiornali nazionali – che ormai sono cinque su sei – gli dànno un minutaggio praticamente uguale a quello del tuo bel corteo sindacale riducendone di molto l’effetto mediatico. Per carità, i convegni meritano rispetto, soprattutto se a fare da relatore c’è un genio della politica come Sandro Bondi.

Però qui siamo ad un passo dalla Stefani, dall’agenzia unica del regime la quale forniva ai giornali del ventennio le “veline” dicendo loro cosa non dare, cosa dare e come darlo (eventualmente) ai lettori. Quanto è successo nella informazione televisiva di sabato rispetto al grande, vitale, generoso corteo di Cgil, Cisl e Uil a tutela di un bene fondamentale qual è, nonostante tutti i suoi acciacchi, la scuola pubblica non ha forse precedenti : ovviamente né i Tg della Rai né quelli di Mediaset potevano ignorarlo. Però, con l’ormai isolata eccezione del Tg3, gli hanno subito appiccicato e contrapposto il convegno di Forza Italia sulla “riforma” Moratti tanto cara al premier. E così sono stati in buona parte oscurati nella comunicazione radiotelevisiva gli sforzi degli organizzatori sindacali, l’abnegazione dei tanti partecipanti arrivati da tutta Italia con un tempo da lupi, i loro argomenti così netti e competenti a salvaguardia del tempo pieno e di altre conquiste maturate in Italia dalla fine degli anni ’60.

La sproporzione fra quel corteo di massa e quel convegno al chiuso di una sala era oggettivamente enorme. In termini giornalistici il primo era un fatto costruito da decine di migliaia di persone, di famiglie, di operatori e da tre sigle sindacali nazionali che un bel peso ce l’hanno ancora. Un fatto che meritava un ampio servizio, un racconto a più voci. Com‘è poi avvenuto su molti giornali domenica mattina.

Mentre il secondo era una notizia da registrare, certamente da dare, come si dà un convegno significativo sul tema della scuola. Capisco che questo della scuola pubblica – al pari di quello della sanità pubblica e magari della casa e dell’affitto che non ci sono più – stia diventando per il governo un autentico ginepraio in cui Berlusconi ha creduto di potersi ficcare con la banale formuletta finto-moderna delle tre I e nel quale non sa più come districarsi. Un po’ per l’evidente inadeguatezza del ministro Moratti. Un po’ perché il suo progetto va a separare, ad un certo punto, educazione e formazione in modo vecchio e classista, perché scarica altri pesi sulle famiglie che già ne portano troppi, perché non garantisce alcuna delle vere modernizzazioni di cui questa scuola ha bisogno da tempo, e poi perché, alla fine, è fin troppo evidente lo scopo di favorire l’istruzione privata. La quale, almeno a livello di scuole confessionali, è come avvitata in una crisi senza fondo (soltanto a Roma le mancano migliaia di insegnanti e stanno ansimando anche vecchi Licei di tradizione dove si pagano da tempo rette più che salate).

Quindi anche questo modo di neutralizzare in sede di comunicazione di massa, nel sommario stesso di radio e telegiornali, i fatti concreti prodotti dalla contestazione di massa della de-riforma Moratti (discorso analogo potremmo fare per la sanità pubblica, per il caro-prezzi imputato all’euro, per la politica ambientale e così via) diventa alla fine un gesto disperato. Volto, come tanti altri, ad occultare la realtà vera del Paese, cosa si muove effettivamente dentro di esso.

Gioco disperato condotto con la solita carica di cinismo: Berlusconi sa benissimo che una larghissima fetta di elettorato, in specie le fasce più anziane e quelle più giovani, leggono poco i giornali e si formano davanti al video un’opinione sui fatti del giorno. Secondo il Censis, il 62 per cento e oltre delle italiane e degli italiani, contro un 21-22 per cento che s’informa sui quotidiani. Lui ci prova. Però la scuola pubblica minacciata coinvolge milioni di persone, la sanità pubblica pericolante pure, l’inflazione più alta di tutta l’Europa che ha adottato l’euro non parliamone. E il catalogo negativo potrebbe continuare.

Tutto ciò conta e conterà al momento del voto, alla prima scadenza di giugno. Ma sottolineare quel gioco cinico, quel comportamento da bari dell’informazione si deve. Con più forza. E insieme si devono costruire dal basso, da queste esperienze di lotta in corso, programmi condivisi di “ricostruzione” democratica del Paese, i quali trovino domani un’ampia e convinta maggioranza di consensi. In questa “ricostruzione” democratica il tema dei Media, dopo quasi tre anni, ormai, di omologazione teleguidata, di falsificazione, di omissione, quindi di inquinamento profondo delle coscienze e delle conoscenze, ha un ruolo più che mai strategico. Sul quale è indispensabile lavorare unitariamente, giorno dopo giorno.

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