Passeggiando per le strade dell'Isola verso l'ora di pranzo, quando i negozi sono chiusi e la gente è impegnata in un pranzo fugace per affrontare l'ennesimo, caldo e snervante pomeriggio di estate milanese qualsiasi, le serrande colorate sono la prima cosa che salta agli occhi. E i colori sono disposti con cura, costruiscono visionari scenari metropolitani; ma questi colori sono soprattutto testimonianza di un'altra città. Sono i ricami di un tessuto urbano vivo e pulsante. Le saracinesche volute da Isola Art Center sono una risposta allo sgombero e alla demolizione della Stecca degli Artigiani. Mentre nei salotti del potere si disegnano le nuove piantine del quartiere, mentre i parchi spariscono e i cantieri si moltiplicano, mentre si sta di fatto rinunciando all'idea stessa del coinvolgimento dei cittadini nei processi politici che portano a decisioni così importanti, una parte dell'Isola non ci sta. Queste persone cercano oggi una soluzione alternativa al diktat edilizio del progetto Porta Nuova che all'Isola ha portato alla sostituzione di un parco pubblico con costruzioni residenziali, centri commerciali e grattacieli. Ci sono anche spazi verdi nel nuovo progetto, ma si tratta di strisce di terra; questo nuovo verde crescerà infatti sopra i parcheggi sotterranei, senza sufficiente profondità perché le piante possano mettere le radici, diventando poco più che una distesa di erbetta decorativa.
Sono tante le voci che lo definiscono un progetto discutibile. E così sono spuntate le saracinesche colorate. Ai margini dei cantieri dei colossi Hines e Ligresti, responsabili e proprietari di gran parte delle planimetrie del progetto comunale, è cresciuta l'alternativa. All'avanguardia.
Un sarcastico bosco orizzontale sale sul ferro arrugginito di un elettricista, un bozzetto di un parco possibile per il quartiere rende meno monotona la vetrina di un alimentari, un chiosco di giornali che denuncia l'abbellimento strategico voluto da Manfredi Catella e dalla Moratti se ne sta da solo in mezzo a una piazza. La realtà è che sono moltissimi gli artisti coinvolti in questo progetto di rilancio anche estetico dell'Isola che nasce direttamente dal basso, in questo tentativo popolare di riappropriarsi con i mezzi dell'arte di una certa idea di bellezza possibile e condivisibile da tutti, per cercare di far sì che una buona volta siano gli abitanti a prendere le decisioni, i cittadini a scegliere il loro futuro e il loro cemento. E così, mentre dall'alto tentano di convincere il pubblico con l'estetica americana anni ottanta del grattacielo altissimo e portatore dei valori di progresso e felicità irraggiungibili dalla maggioranza, il quartiere si riappropria di un futuro realmente possibile dove la condivisione delle esperienze costituisca la base per costruire un quartiere di tutti e un laboratorio di nuove proposte sociali.
Sono queste le persone che all'Isola criticano e mettono in discussione le verità del mainstream e che si lasciano quindi provocare dall'instancabile fruscio lussemburghese della voce di Bert Theis e dall'energia di tutti gli artisti e attivisti di Isola Art Center, convinti che, nonostante tutto, la parola fine sia ancora da scrivere. L'idea del Centro per l'Arte e il Quartiere, al quale lavorano anche il Comitato I Mille e i genitori delle scuole Confalonieri, è quella di chiedere alla maggior parte dei commercianti di partecipare attivamente donando i propri spazi privati all'attività di protesta, con lo scopo di impedire la cementificazione e la privatizzazione dei giardini fra via de Castilla e via Confalonieri, storico polmone verde dell'Isola, e che ora è parte del massiccio progetto privato Porta Nuova .
Mariette Schiltz, artista e compagna di Bert Theis si rammarica della poca attenzione che i giornali dedicano alla loro campagna contro la speculazione edilizia all'Isola: «Da quando hanno scelto Stefano Boeri come architetto del progetto ci siamo ritrovati quasi tutti contro, compresa la maggioranza del centrosinistra. Come mai?» E Bert interviene con un'ipotesi: «Personaggi milanesi del mondo della cultura di sinistra o ex di sinistra, come nel caso di Boeri, sono troppo importanti per essere criticati. Boeri ad esempio non è solo un architetto, ha tutta una sua rete di contatti, è direttore di una rivista di architettura, ha tanti amici, è quasi intoccabile.» Mentre Mariette parla arriva la notizia che il Tar ha bloccato le varianti che erano state fatte nel 2005 al progetto Garibaldi- Repubblica, anche nell'area dove c'erano i giardini dell'Isola e oggi ci sono i cantieri, e quindi adesso: «devono diminuire le costruzioni e aumentare il verde - dice Mariette - sono nei pasticci, devono fermare i lavori, che si basano sulle varianti bloccate, questo dimostra che le cose non si fanno così, speriamo...».
Esiste anche una parte del mondo culturale milanese, tra cui la Naba (Nuova accademia di belle arti di Milano), tante associazioni della rete Incontemporanea che sostengono i progetti artistici e collettivi di Isola Art Center. Il sostegno internazionale invece viene da istituzioni come Platform Garanti di Istanbul o i musei di Ginevra, di Lussemburgo e di Eindhoven. Isola Art Center quando parla dei suoi tentativi parla anche degli uomini, degli abitanti dell'Isola perché solo coinvolgendo le persone si può cercare di creare un'alternativa al potere in mano ai pochi che stanno di fatto decidendo il futuro di un intero quartiere. «Ogni progetto artistico deve essere legato ad un progetto sociale, altrimenti l'arte rimane solo quella del museo, è chic ma non incide; la gente deve sentirsi parte di una comunità, deve coltivare le relazioni umane e sentirsi in grado di incidere nelle decisioni.» E tra i cittadini c'è Xabier Iriondo che vive all'Isola da sempre, ha un negozio di strumenti musicali in piazzale Segrino e ospita le iniziative di Isola Art Center. Xabier è preoccupato di quello che sta succedendo: «L'idea di ridimensionare completamente il quartiere e di portarlo a diventare un luogo di passaggio e di fruizione di nuovi servizi, come li chiamano, è sbagliato. Questo non è un quartiere di grandi boulevards, è pieno di sensi unici e strade strette. Quello che vogliono fare è l'esatto opposto di quello che ha bisogno l'Isola. Un traffico su ruote imponente senza avere parcheggi è follia pura. Stanno ribaltando l'impianto urbanistico, in nome di interessi privati. Non si può accettare. «È quindi fondamentale fare politica, occuparsi della polis in un modo diverso dalle istituzioni» dice Bert Theis. Xabier è d'accordo e aggiunge che partecipa perché si sente minacciato dal progetto anche nelle sue vesti di commerciante. «Bisogna mettersi realmente in gioco e lottare contro i poteri forti. La soluzione può arrivare solo dal basso.».
L'Osterialnove è un bellissimo ristorante in via Thaon di Revel, il suo proprietario, Alfredo Galimberti si dice contrario al progetto: «Sono dei progetti assurdi, dice Alfredo, che io da ex architetto non avrei mai realizzato. Invece che fare solo palazzi residenziali, io farei grandissimi parchi. Così ci guadagnano solo i ricchi, le multinazionali e non la gente normale». Ci sono poi due signori cileni, Leonardo Luque e Mariana Huidobro, che hanno una libreria in via Pollaiuolo, Puerto de Libros. Leonardo è al fianco di Bert, tutte e due non sono nati qui ma entrambi si sentono a disagio per la situazione delicata del quartiere: «I problemi sono infiniti. Il primo problema è un problema morale, etico. C'è una forma di resistenza ma esiste anche una certa ignoranza che impedisce analisi giuste della situazione. I cambiamenti si presentano sempre con una veste fantastica ma poi Quello che si deve fare è informare, lottare e recuperare una dimensione collettiva». Mariana è ancora più arrabbiata :«Noi vorremmo fare cose che sono troppo difficili da fare. La gente è chiusa. Il problema non è solo dell'Isola e di Milano. È un problema più grande. Quello che noi dobbiamo fare è aprire le porte ai cambiamenti, ma bisogna trovarsi, discutere e lottare».
Tra via Borsieri, Porro Lambertenghi e piazzale Segrino ci si imbatte in altre opere d'arte e in altri commercianti stufi della situazione, che hanno donato le loro serrande agli artisti. La ditta di Giuliano Vecchiato in via Borsieri ha ospitato l'opera forse più rappresentativa, realizzata da OsservatorioinOpera, che ironizza sul progetto di Boeri, il bosco verticale, e si stupisce del successo che ha avuto sui suoi clienti: «La gente si ferma, mi chiede. Voglio che rimanga così perché può essere uno spunto di riflessione».
Anche Michele Carulli, macellaio al mercato comunale è in linea con la protesta. È un uomo sorridente Michele e, dietro il suo bancone di vetro che riflette la sua immagine mentre taglia una bistecca di manzo, si rammarica del cambiamento che subisce il quartiere. «Io faccio il macellaio, ma mi interesso di problemi sociali, non parlo solo di donne e di calcio, per me è normale. Ho paura del cemento ma soprattutto mi chiedo: Chi può accedere a quel tipo di immobile? Chi ? Pochissimi». Michele poi finisce di tagliare la carne, la intinge in un intingolo di rosmarino e olio, la incarta e ce la offre: «Alla griglia è buonissima.». Semplicemente buona, ci fidiamo.