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Ultimo stop al Ponte sullo Stretto scontro nel governo: buttati 500 milioni
20 Ottobre 2007
Il Ponte sullo Stretto
Facessero così anche per le altre opere inutili, e ancor di più per quelle dannose…Da la Repubblicadel 20 ottobre 2007

ROMA - Nell’Unione nessuno vuole il Ponte di Messina eppure continua ad essere motivo di litigio nella maggioranza. A rievocare il fantasma del progetto accantonato è l’emendamento al decreto collegato alla mette in liquidazione la Società Stretto di Messina spa. Per il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro la scelta della liquidazione presentata dai Verdi e già approvata in commissione al Senato è una mossa «Da talebani, a quelli non piacevano i Budda e li hanno buttati giù. Quell’emendamento rischia di mandare in fumo 500 milioni di euro».

Il calcolo del ministro somma i 150 milioni già spesi per il progetto preliminare e la realizzazione di tre gare d’appalto e i 300 milioni di penali da pagare alle società aggiudicatrici. «I vincitori avranno brindato a champagne, senza muovere un muratore né una cazzuola di cemento intascano un guadagno pulito del 10% senza pagarci neanche le tasse», ha ironizzato Di Pietro sull’inusuale alleanza creatasi tra costruttori e ambientalisti.

La proposta del ministro invece punta a riutilizzare i fondi destinati al Ponte per opere in Calabria e Sicilia: la SS Jonica, le metropolitane di Palermo, Catania, Messina, l’autostrada agrigentina. L’idea riscuote consensi anche nella sinistra radicale, ma non per la parte che prevede il mantenimento in vita della Stretto spa e un progetto definitivo del ponte al costo di circa 60 milioni. Di Pietro vorrebbe bloccare poi tutto al momento dell’approvazione obbligatoria del Cipe perché una bocciatura a quel punto non comporterebbe penali.

Però seguendo questa via il progetto-ponte non verrebbe interrotto e il governo che si trovasse a decidere tra qualche anno potrebbe dare al Cipe indicazioni diverse. Un rischio che nell’Unione vogliono correre in pochi, visto che il no all’opera era uno dei punti qualificanti del programma di governo. Lo conferma anche la posizione di Alessandro Bianchi, ministro dei Trasporti: «Condivido pienamente l’emendamento - ha dichiarato - accantonato finalmente il progetto dell’inutile ponte sullo Stretto, la società non ha più ragione di essere». Bianchi non vede neanche il rischio di uno spreco di risorse: «Si tratta di timori infondati. Finora gli unici impegni si sono limitati alla progettazione preliminare. Ci siamo fermati in tempo». Anche più duro il capogruppo alla Camera dei Verdi Angelo Bonelli: «Il 10% di penale non esiste perché non c’è il progetto definitivo del ponte sullo Stretto, mancano l’approvazione Cipe e la verifica di ottemperanza. Inoltre sul ponte vi è una procedura d’infrazione da parte dell’Ue. Di Pietro ancora una volta si pone contro il suo governo, esca dall’ambiguità e la smetta di attuare le politiche infrastrutturali della Cdl». Ecco che anche l’accordo sul rifiuto al megaprogetto da 6 miliardi di euro diventa invece l’occasione di accuse reciproche con Di Pietro che critica chi «nella sua maggioranza, per puro furore antagonistico blocca le infrastrutture».

(l.i.)

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