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Alessandrro Robecchi
Tutto libero, ma non troppo
4 Maggio 2008
Articoli del 2008
Garantismi a senso unico di un sistema mediatico schizofrenico e poco trasparente. Da il manifesto, 4 maggio 2008 (m.p.g.)

Sarà anche vero che la sinistra non ha capito la gente, che è lontana dalla realtà, come negarlo. Ma anche i grandi giornali non scherzano. Per esempio: dopo gli acuti strali lanciati dalla grande stampa contro la pubblicazione in rete dei redditi 2005 degli italiani, pare che i lettori non siano così scandalizzati. Populismo di sinistra, tuonano gli editoriali. E anche: gogna! E pure: violazione della privacy! Tutti più o meno d'accordo nel dire che quei dati non dovevano esser messi in rete (salvo naturalmente pubblicarne a dozzine e centinaia). Ma poi, guarda tu come va il mondo, gli stessi giornali chiedono ai loro lettori: è giusto pubblicarli in rete? Risultati: l'84% dei lettori di Repubblica dice sì. Il 54 e passa per cento dei lettori del Corriere dice sì. È abbastanza per sostenere che hanno perso il contatto coi loro lettori? La faccenda è piuttosto strabiliante. Ma non la faccenda dei redditi, che alla fine è una cosuccia veniale che spiega poco e nulla sul Paese. Ciò che strabilia è che ci siano costantemente informazioni in libertà vigilata. Beppe Grillo riempie una piazza, un blog, arringa e infiamma centinaia di migliaia di persone. È un fatto pubblico. Ma se una trasmissione tivù riprende le sue parole (diritto di cronaca) apriti cielo: era una faccenda pubblica, ma perché renderla «troppo» pubblica? I redditi degli italiani sono pubblici, ce lo ripetono come un mantra proprio quelli contrari alla pubblicazione, ma così, dicono, sono «troppo» pubblici. Maledizione, eccoci al cospetto di una parola elastica, per cui una cosa è teoricamente nota a tutti, ma se lo diventa davvero scattano infiniti problemi, dalla privacy all'opportunità, dall'istigazione all'invidia sociale, fino all'istigazione al sequestro di persona, come se la mafia avesse bisogno dei redditi pubblicati su internet. Alla fine, resta la sensazione di vivere in un posto in cui c'è una specie di libertà vigilata. Tutto libero, ma non troppo, tutto pubblico, ma non troppo. Tutto trasparente, ma non troppo. Tutto un po' stupido. Un po' troppo.

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