Una meritoria iniziativa sociale «mixed-use» del carcere di Bollate, involontariamente sottolinea l'assurdità di ciò che attorno allo stesso carcere sta avvenendo. La Repubblica Milano, 10 dicembre 2015, postilla (f.b.)
Non c’è posto fino a Natale nel ristorante stellato all’interno del carcere di Bollate. Tutto prenotato. In quasi due mesi, centinaia di persone hanno trascorso il loro anniversario o una cena tra amici “InGalera”. Per festeggiare Natale, la richiesta è cresciuta. Alcune aziende hanno addirittura deciso di riservare tutto il locale. L’esperimento di Silvia Polleri, presidente della cooperativa Abc — che lunedì, accompagnata da tre detenuti, è stata premiata con un Ambrogino d’oro — ha riscosso un grande successo anche su Trip Advisor. I clienti non arrivano solo da Milano, fa sapere Polleri, ma per provare il brivido di entrare in carcere a mangiare, serviti da detenuti, arriva gente anche anche da Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna. «Sono soddisfatti e anche curiosi. Si complimentano per i piatti e fanno diverse domande sui detenuti che lavorano in sala e in cucina e su come funziona InGalera».
Bisogna prenotare, ma non è necessario presentare un documento e lasciare i cellulari all’entrata. Il ristorante si trova, infatti, all’esterno dell’area di carcerazione. Ad accogliere i clienti sono i ragazzi dell’istituto alberghiero Paolo Frisi, che hanno deciso di svolgere il tirocinio a Bollate. L’unico problema è che, spiega Polleri, «con Expo è cambiata la viabilità. Sono spariti alcuni cartelli che portavano al carcere lasciando posto a quelli dell’Esposizione universale. Cercando “via Cristina Belgioioso 120” su Google, invece, ci si trova in mezzo al Decumano». In Galera è l’ultimo dei progetti attivati nella casa di detenzione, che hanno lo scopo di formare, rieducare e aiutare i detenuti a reinserirsi nella società.
«Per come è andata in questi due mesi — dice Massimo Parisi, direttore del carcere — è un esperimento fortemente riuscito, sotto ogni punto di vista: dall’ottima qualità del cibo, al riscontro di pubblico, al servizio di formazione e avviamento al lavoro dei detenuti, che servirà per un loro reinserimento sociale ». Questo è il caso di Graziano, che da rapinatore è diventato pasticcere. Lavora per Abc catering e a volte anche nel ristorante In-Galera. In primavera uscirà dal carcere. Vorrebbe rimanere a lavorare a Bollate, ma abita a Brescia. «Ha promesso di smettere “con le rapinette”», racconta Silvia Polleri. Tornerà dalla sua famiglia, con cui ha ricucito i rapporti dopo aver deciso di cambiare vita. Per ora fa il pasticcere per Abc e «le sue lingue di gatto sono diventate famose».
postilla
Prendiamola un po' alla lontana: cosa c'è di più simile a una gated community segregata, di un carcere? Luogo per sua natura e storia di esclusione, confinamento, monofunzionale e monoclasse? Una volta stabilita questa premessa, e ovviamente considerato che l'iniziativa del ristorante intende spezzare proprio quel genere di segregazione, senza peraltro rinunciare ad altri caratteri fondamentali dell'istituto, vediamo cosa sta accadendo giusto appena fuori dalla recinzione, oltre la strada che separa il carcere dal sito Expo. Per cui si prevede in sostanza una cittadella monofunzionale segregata, separata dalla città, con la scusa di farne una «fabbrica delle idee». E se si provasse, esattamente come col ristorante gestito dai carcerati, a spezzare quell'opprimente scatolone logico, che serve solo alla speculazione e spreca territorio? E tanti auguri a InGalera, ovviamente (f.b.)