L’impugnativa che il Governo di destra ha deliberato contro la Legge 1.2005 della Regione Toscana, intitolata alle «Norme per il governo del territorio», si presta ad una serie di doverose considerazioni. La prima delle quali - e mi scuseranno gli amici toscani se non comincio da loro - non riguarda la Regione sconfessata, ma il Governo nazionale: il quale ha la sfrontatezza di bacchettare una Regione accusata di violare le norme sui beni culturali e sul paesaggio, dopo essersi reso protagonista, per quattro anni, di clamorose violazioni legislative e operative dei beni culturali e del paesaggio e in generale di un sistematico malgoverno del territorio. Un Governo nazionale che avesse svolto una politica ambientale e urbanistica seria e rigorosa, avrebbe forse avuto il diritto di intervenire sulla questione, anche a prescindere dal merito delle osservazioni.
Questo governo, invece, non ha certamente le carte in regola per affrontare un argomento sul quale si presenta, senza dubbio, come il meno qualificato nella storia della Repubblica.
Una seconda riflessione, sempre di carattere generale, mi preme di fare, proprio nel momento in cui una delle componenti politiche di questo governo nazionale, si pronuncia minacciosamente sul tema del federalismo. Perché, anche in questo caso, il governo che a parole sventola la bandiera del federalismo e dell’autonomia regionale, non perde occasione per mostrare con i fatti, il proprio autoritarismo centralistico; dimostrando la propria sistematica ostilità alle istituzioni che traggono la propria ragion d’essere dal desiderio e dalla capacità di autogoverno delle popolazioni locali. Un governo nazionale che ha ridotto al lumicino i trasferimenti alle istituzioni di base, della quota di entrate fiscali indispensabili per amministrare le loro sempre più onerose competenze. Un governo che - per restare al rapporto tra fiscalità e urbanistica - sta lasciando ai comuni soltanto il gettito dell’Ici e degli Oneri di urbanizzazione; stimolando così, indirettamente, ma perentoriamente, una politica di espansione edilizia sbagliata e dannosa, quale unica fonte autonoma di entrate.
Una terza riflessione riguarda il tema contestato alla regione Toscana dalla impugnativa del governo: cioè il fatto di aver approvato norme «invasive della competenza esclusiva statale, in materia di tutela dei beni culturali». Il che, come ha scritto qualcuno dotato di mentalità confessionale, ha spinto il governo «a punire giustamente lo scatto di superbia della Toscana». Certo, mi pare di sentirli, quei funzionari felici di fare un piacere al governo di destra, bacchettando una regione rossa: «Ma come si permettono, questi toscani». Al contrario, mi sembra assai chiaro che l’unica maniera civile di interpretare il processo di valorizzazione delle autonomie locali, senza svendere l’idea stessa di stato nazionale, è quello della collaborazione, dell’intesa, della concertazione delle rispettive competenze, fra centro e periferia.
Processo che sul tema doveva partire da un’ampia discussione fra il governo, il parlamento e le regioni, sulle possibilità di conservare una concezione unitaria per il governo del paesaggio - ma anche del territorio in genere, perché io non ho mai capito come anche il centro-sinistra abbia potuto separare il territorio, dal paesaggio e dall’ambiente - , concezione unitaria che doveva articolarsi in una necessaria applicazione decentrata. Questo processo politico e culturale è mancato; ed è stato sostituito da un diktat di maggioranza, che siamo in molti a considerare culturalmente e politicamente disastroso. E dopo il diktat centralistico - alla faccia di tutti gli strombazzati federalismi - , sono inevitabilmente arrivate alla regione Toscana le centralistiche bacchettate sui tre articoli «sbagliati per uno scatto di superbia».
A questo punto, il dettaglio della discussione sul contenuto dei tre articoli incriminati, interessa poco. Il problema riguarda piuttosto la questione in generale e la necessità che, in un domani speriamo vicino, l’intera vicenda si riapra nel modo giusto; e ci porti a soluzioni che - prima di essere giuridicamente corrette - siano il frutto di una collaborazione a tutti i livelli e che, per questo, saranno indubbiamente migliori.
Al di là di come la regione Toscana vorrà gestire la vicenda, è questo che io mi auguro per il bene della stessa regione e di tutto il paese.
Postilla
Parole interamente condivisibili. In particolare l’affermazione “che l’unica maniera civile di interpretare il processo di valorizzazione delle autonomie locali, senza svendere l’idea stessa di stato nazionale, è quello della collaborazione, dell’intesa, della concertazione delle rispettive competenze, fra centro e periferia”.
Solo che la legge toscana si è dimenticata di inserire nei suoi meccanismi appunto “l’intesa” con gli organi della Repubblica preposti, dalla legge nazionale, a tutelare l’interesse anche nazionale alla tutela dei beni culturali e del paesaggio (si veda l'articolo di G. De Luca e il documento ivi allegato).
A nascondere gli errori degli amici si arreca loro danno, non vantaggio.