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"The Fall of the House of UNI"
16 Aprile 2004
Lettere e Interventi
Lodo Meneghetti (Milano), 16.04.2004

Caro Eddy, sono felice, una buona notizia. Le tue dimissioni dall' istituto. Non accusarmi di cinismo; rispetto il tuo sentimento ("un passo per me così doloroso"); ma il tuo gesto, il gesto di una persona tanto rappresentativa nel mondo dell'urbanistica e, aggiungo, della politica culturale tout court, era necessario a fronte di avvenimenti che non sono altro che il precipitato atteso dopo molti recenti segni, crepe nell'edificio sorto nel 1929. "La posizione dell'Inu sulle regole dell'urbanistica è ormai quella della 'Casa delle libertà'", scrivevi il 2 marzo. Infatti: entrare in un'altra casa, più grande ed estranea a ogni tradizione, essendo crollata la vecchia per volontà o sortilegio di troppi suoi inquilini è conseguenza persino giusta. L'oscena volgarità ingiuriosa di un tale Properzi (per me, fortunatamente, un signor nessuno) verso De Lucia, caro mio, è come l'omicidio di Sarajevo considerato causa della prima guerra mondiale. D'altra parte "le ragioni di fondo", hai scritto il 7 aprile, "erano già presenti quando mi dimisi da direttore di 'Urbanistica informazioni',e sono state confermate..." ecc.ecc. Voglio dire che gli insulti a De Lucia avrebbero dovuto per sé soli giustificare le dimissioni, ma la realtà è che il vaso di Pandora era già colmo delle sciagure e dovevano riversarsi fuori, bastava un niente. Una delle sciagure è per l'appunto il Properzi e forse tu, come Epimetteo, hai sollevato il coperchio del vaso. In ogni modo il "testo unificato", il disegno Lupi (vale a dire, riducendo all'osso, urbanistica quale contrattazione/negoziazione "esplicite" con l'imprenditoria privata a partire, è inevitabile, dalle sue proprie scelte immobiliariste), trovano già precedenti ideali e applicazioni qua e là lungo tutto il paese, a scala regionale, comunale, provinciale. Abbiamo citato più volte il caso emblematico di Milano, ne ho scritto; il confronto e il contrasto fra te e il Gigi Mazza su "la Repubblica" dell'8 aprile scorso sono epigoni dei vostri saggi su Milano in "Urbanistica" del 18 giugno 2002 (rispettivamente Il modello flessibile a Milano e Flessibilità e rigidità delle argomentazioni. Il caso della Bicocca da me più volte descritto e criticato (edificare lì la città nuova voluta dal padrone ex delle ferriere e ora della rendita fondiaria e finanziaria, senza la minima possibilità o volontà per l'urbanistica e la politica di esprimere, non dico un piano, ma nemmeno una complessiva idea di città) non solo rappresenta alla perfezione la verità del modello milanese, ma ha applicato con largo anticipo il "testo unificato" o quant'altro sappiamo saranno le nuove deregolazioni. Ha ragione Fatarella quando scrive che "non è più tanto chiaro cosa sia destra e cosa sia sinistra" (24 marzo 2003) e, ricordando Bobbio, delinea invece con chiarezza i contenuti dell'insanabile separazione nella società e nell'urbanistica. Insanabile, sì, come dev'essere insanabile il contrasto nella politica fra una maggioranza liberista e affarista e un'opposizione (che sia effettivamente tale) diciamo socialdemocratica. L'Inu partecipe dei destini della destra: non poteva non finire così: un'istituzione essa stessa da tempo responsabile, attraverso il proprio silenzio o la propria accomodante cautela, di quella che non smetterò mai di chiamare la rovina pressoché definitiva del territorio e delle città del nostro paese. Sicuramente chiacchiere, queste, per un Avarello (non, al contrario, per Stefano Fatarella - 24 marzo): ma quando scrive (16 marzo) che in "Urbanistica informazioni" (vi pubblicai tre volte alla metà dei Novanta) sarebbe "meglio evitare... gli scambi epistolari tra due anziani signori, che finirebbero per annoiare i lettori", a chi si riferisce? a te e a sé stesso? Ma lui dev'essere un cinquantenne! O a coloro (cuius ego) che, anziani davvero, non demordono a squadernare pubblicamente le brutte pagine che i tipi avarelliani hanno contribuito a tenere ben serrate? Se poi lo hanno fatto sentendosi innocenti, ringrazino, per così dire, la mancanza (suppongo) di una effettiva conoscenza del territorio, del paesaggio, delle città: della loro storia. E intendo dal vero!, non solo dai documenti. Anche i cinquantenni ne hanno avuto il tempo, almeno trent'anni. Insomma, l'ignoranza estesa della realtà, da un prima a un dopo e secondo gli instabili stati intermedi, a mio parere non può che condurre alla destra: la quale, per l'appunto, oggigiorno in Italia coincide con l'incultura e l'ignoranza (preferirei usare il sf. lett. insipienza). Scusa se insito su Avarello: è pur sempre il presidente e il direttore, sicché mi sembra proprio la sua la nuova spalla (destra) su cui poggia il fucile dell'Inu volto in direzione contraria alla precedente, niente affatto al medesimo bersaglio come lui "francamente" sostiene (7 marzo) riprendendo la tua metafora fucilesca (2 marzo). Ho sentito accennare a qualcosa su Avarello da Aldo Cuzzer durante una sosta dei lavori della commissione concorsuale che ho presieduto nel 2001 a Milano. So di un libro dell'82 - Sansoni - fatto proprio con Cuzzer. Ho letto la sua apertura del Congresso Inu a Milano a giugno del 2003 (Il buon governo delle regioni metropolitane), ho letto gl'interventi attuali in eddyburg. Questi ultimi (7 e 16 marzo), nonostante i tentativi di ripicca verso di te (l'accusa di amare il dirigismo, quel passo sgradevolissimo e offensivo "se l'Inu non ti piace più... sai... dove rivolgerti per trovare consensi" (e tu hai risposto con fin troppa signorilità), nonostante i "francamente" i "tuttavia" i "certamente" i "comunque" i "credo proprio" i "basterebbe" i "piuttosto", mostrano che il presidente e direttore ha trascinato l'antico istituto a sostenere le politiche urbanistiche ed edilizie del governo e delle amministrazioni sue copie conformi (magari anche alcune di centrosinistra indifferente). Quanto alla relazione al congresso, ebbene: proprio a Milano doveva parlare/scrivere di regioni metropolitane in maniera così parziale, elusiva, disinformata? Quest'area metropolitana milanese disastrata sia sotto l'aspetto sociale che spaziale, quest'area schizofrenica fra città centrale e nuova periferia, fra giorno e notte, fra alcuni milioni di automobili e qualche centinaio di treni-tram-autobus, per la quale dissertare di "buon governo", come fossimo nella Bologna di vent'anni fa, senza sapere quale è la cosa, il mostro che si vorrebbe governare, insomma a noi milanesi "n' fa' vegnì' i nerf", come diceva la vecchia custode della mia casa.

La questione della quale discorriamo non ha molto a che fare con le singole persone e con il giudizio su di esse. L'attuale presidente dell'INU è una persona che personalmente stimo, e ho condiviso ciò che ha scritto anche in tempi non molto lontani. Vedo perciò i suoi atteggiamenti di oggi come espressione piena dei tempi. Sono tempi nei quali la virtù (non esente da vizi) dello schierarsi immediato, del prender partito, è stata sostituita da una diffusa opacità del giudizio sulle persone e sulle cose. E' una opacità che inevitabilmente tende a trasformare in idee correnti le posizioni (e gli slogan) pù forti sotto il profilo del potere (accademico, economico o politico che sia). Perciò, tutti a predicare, come fosse un'ovvietà, che privato è bello e pubblico è brutto, che negoziare è bello e autorità è brutto e così via. Del resto, non è con questi modi, non è adattando il proprio linguaggio al vocabolario della destra, assumendone i virus e tentando di depurarli, che si è stata stesa la guida rossa sotto i piedi della destra, con le operazioni di realpolitik alla D'Alema?Ciò che mi meraviglia, e mi dispiace, è che all'interno dell'INU (per tornare al punto di partenza) non si levinoi voci e posizioni critiche: come se, invece di un istituto culturale, fosse diventato una corporazione d'interessi. Ciò che sarebbe certamente legittimo, ma ben diverso da ciò che era stato in altre fasi della sua storia.

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