Nervosetti, vero? È bastato un minuto di considerazioni contro la grande opera voluta da Dio, il collegamento Tav Torino-Lione, che i sacerdoti del Pd e del Pdl sono esplosi nella loro condanna inquisitoria. Io sarei un istigatore dell’illegalità, parlo di un argomento del quale non è permesso parlare, userei i lauti guadagni che mi corrisponderebbe la televisione pubblica per fare propaganda No Tav. I feroci comunicati emessi da questi personaggi, che non vale la pena di nominare, sovrastano di svariati ordini di grandezza il mio minuto di “propaganda”. Ma io ho esordito che mi esprimevo come cittadino e giornalista. Quindi non c’è propaganda allorché si porta a conoscenza della collettività il fondato dubbio che questa grande opera sia inutile per la gestione dei trasporti, dannosa per l’ambiente alpino e temibile per le pubbliche disastrate finanze. Non è propaganda, bensì è l’essenza stessa del giornalismo e della democrazia.
Mi si addebita il fatto che non vi era contraddittorio (bè vediamo cosa sanno dire loro in un minuto... strategica, fondamentale per lo sviluppo, sì sì, sono vent’anni che lo sentiamo ripetere), ma quante volte sulla televisione pubblica si è parlato delle ragioni del no? E quanto tempo invece di quelle (inesistenti) del sì? Chiedo una commissione che conti i minuti di televisione pubblica Sì Tav degli ultimi dieci anni, poi vedremo quanto conta il mio minuto! Avrei difeso due donne incarcerate per porto abusivo di mascherina “anti-gas” (da ferramenta, non da guerra nucleare-batteriologica-chimica): non ho detto che la magistratura ha fatto male a procedere contro di esse (è attesa per la decisione del Tribunale del riesame), io non c’ero e ci saranno stati dei motivi, ho solo affermato che mi sembra sproporzionata l’incarcerazione di due incensurate che protestavano e che non hanno spappolato il fegato di alcun poliziotto, in confronto ai blandi provvedimenti riservati a delinquenti mafiosi, truffatori, corruttori, e politici che violano le più elementari norme dello Stato. Da qui a “esaltare l’illegalità e difendere comportamenti violenti diretti contro lo Stato”, mi sembra ci sia una bella differenza. Quanto al fatto che io abbia usato questo minuto della Tv pubblica “lautamente pagato con i soldi dei contribuenti”, sono pronto a dimostrare, fatture alla mano e davanti a un giudice, che quanto percepisco in un anno corrisponde sì e no a una mensilità di uno solo di questi “onorevoli” pagati interamente dal denaro pubblico per sprecare il loro tempo in comunicati stampa lesivi della libertà di opinione. Ma tutto questo fiume di accuse si limita a mezzo minuto del mio commento, e ignora completamente l’altro mezzo minuto, nel quale ho suggerito che per uscire da questo assurdo teatrino giocato sullo scontro esasperato tra cittadini No Tav e forze dell’ordine, sarebbe sufficiente spostare il dibattito sulle ragioni dell’opera.
Ovvero analizzare le richieste dei cittadini contrari, verificare se siano corrette o meno, illustrare a tutti gli italiani che pagherebbero di tasca loro, i dati trasparenti e credibili che giustificano questa scelta voluta da Dio, e infine assumere una decisione condivisa se aprire i cantieri o rinunciare. Facile no? In ogni paese civile si farebbe così, tant’è che il 26 luglio scorso, 135 ricercatori e docenti universitari hanno inviato una petizione al presidente Napolitano (alla quale non è per ora pervenuta risposta) chiedendo di rispettare sulla questione Tav il metodo scientifico, basato sull’esame rigoroso e obiettivo dei fatti. Non basta dire che è un’opera strategica, bisogna anche spiegare perché. Non basta nascondersi dietro “le forze dell’ordine e la magistratura” che “difendono le decisioni prese da istituzioni democratiche. Istituzioni che si chiamano Unione Europea, Parlamento italiano, Regione Piemonte, Provincia di Torino”. Vogliamo indagare come queste istituzioni, per nulla infallibili, abbiano portato avanti il percorso progettuale, in atto da vent’anni? Il prof. Angelo Tartaglia del Politecnico di Torino, componente dell’Osservatorio ministeriale in rappresentanza della Comunità Montana Bassa Val di Susa (istituzione “No Tav”, ignorata, come decine di sindaci), sostiene che pur a fronte di tutti i dati palesemente contrari alla realizzazione dell’opera alla fine è stata assunta una decisione univoca: si deve fare, perché se i dati oggi sono sfavorevoli, diventeranno sicuramente favorevoli tra vent’anni. Facile no? Ora potete utilizzare anche voi lo stesso metodo con il vostro coniuge, con il datore di lavoro, con la banca.