IL SESSO, la mamma e le tasse. È qui, nell’"area distonica", sugli argomenti che colpiscono l’inconscio dell’elettore emozionandolo senza che se ne accorga – e soprattutto sulle tasse – che la campagna elettorale di Prodi e del centrosinistra ha offerto pericolosi argomenti alla disinvolta propaganda berlusconiana, che ne sta approfittando a manbassa.
Delle persistenti tempeste ormonali del premier uscente e del vigoroso affetto di sua mamma Rosa, non a caso, sappiamo quasi tutto.
Le tasse modello-Berlusconi, poi, sono ormai addirittura un "must" della nostra comunicazione elettorale sia subliminale (guardate il mio occhio strizzato: sono troppe, fate bene a non pagarle) ed esplicita (meno tasse per tutti). Il modellino aggiornato di George Bush nel 1988: «Read my lips: no more taxes».
La regola elettorale, insomma, è semplice: fregatene del programma e delle compatibilità di spesa, punta piuttosto sul pensiero emotivo-persuasivo, crea pathos, colpisci l’inconscio, se vuoi vincere le elezioni. E soprattutto, evita di essere troppo preciso. Cosa che il programma dell’Unione non ha fatto, annunciando al colto e all’inclita un’armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie e inchiodando così da giorni e giorni Romano Prodi, che sesso e mamma giustamente considera cose private, e tutta la coalizione di centrosinistra, a tentare di smentire l’impressione inevitabilmente indotta dagli avversari che «armonizzazione» sta per: più tasse sui Bot, sui Cct, sui conti correnti, insomma, alla fine, più tasse per tutti, a cominciare dagli adorati elettori-evasori incerti del centrodestra, per far contenti i comunisti Bertinotti e Diliberto.
Nel cuneo propagandistico, s’è inserito rapido e querulo il ministro Tremonti, commercialista principe dell’elusione fiscale, che per primo, quando ancora era un apprezzato editorialista del Manifesto, scoprì, allora con scandalo, che gli italiani avevano cominciato a votare non più con la testa, non in base a una contrapposizione tra «polarità ideologiche», come lui le chiamava, ma col portafoglio. Così, a corto di altri argomenti, con l’insistenza di un Superbone un po’ molesto e con la complicità di Vespa che a "Porta a porta" gli ha fatto ripetere per circa quindici volte in diretta lo stesso concetto di fronte a un Rutelli annichilito, il ministro "genio" ha fatto passare l’idea che se gli italiani voteranno Prodi, da lunedì 10 aprile saranno tutti più poveri perché, per finanziare la riduzione del cuneo fiscale, saranno colpiti gli interessi sui titoli di Stato e chissà che altro.
Nessuno dal centrosinistra ha avuto la prontezza di rispondergli: «Mica siamo scemi!». Così il piccolo trucco elettorale tremontiano è diventato il grande slogan berlusconiano preferito per colpire l’"area distonica" degli elettori: «Read my lips: no more tax cuts», sarebbe se parlasse George Bush. Non più tagli con Prodi, come con il liberale Berlusconi. Anzi lacrime e sangue per i nostri cari evasori e niente più condoni e sanatorie.
Falso: niente condoni sì, caccia agli evasori sì, ma nessuna vessazione del Bot people. È così, stando al programma. Queste le promesse, se si leggono senza la lente berlusconiana.
Ma c’è la presunzione negativa sulla sinistra e le tasse, che rende verosimile la campagna tremontian-berlusconiana, la quale presuppone una sorta di «conservatorismo compassionevole» in materia fiscale e di welfare. Ad aggravare i sospetti, la fama del precedente ministro delle Finanze del centrosinistra Vincenzo Visco, descritto da Tremonti come un Dracula alla presidenza dell’Avis e un borioso intellettuale. Ma che Mario Monti, che nessuno può avere il coraggio di descrivere come un pericoloso comunista, accredita da grande tecnico e grande democratico, «personalità solida fino a essere ruvida, una determinazione meticolosa e inflessibile, che sembra trarre forza da convincimenti interiori più che dall’approvazione altrui». Certo, poco propenso all’"area distonica". Forse proprio quello che ormai manca nella politica italiana. Perché, se qualcuno vi promette, tra sesso e famiglia, meno tasse, non esultate. Non accettate gli slogan berlusconiani, perché i fatti ormai dimostrano, senza bisogno di citare i dati ormai noti del professor Luca Ricolfi sul rispetto del «Contratto con gli italiani» firmato da Berlusconi, che il «pensiero emotivo» produce soltanto quello che il professor Salvatore Bragantini ha chiamato «dumping politico». Peggio se vi parlano della «Curva di Laffer», secondo la quale i tagli fiscali stimoleranno l’offerta, senza creare alcun buco nei conti. Balle. Come dicono gli americani, quando dici una stupidaggine, è meglio che almeno tu non ci creda.
Ecco, in questa campagna elettorale deborda il «dumping» di «informazione politica» per così dire sulle tasse. Ma mentre Berlusconi e Tremonti sono ormai addestrati alle "aree distoniche" del popolo delle partite Iva, che mutò lo scenario nel 1994 e nel 2001, Prodi di stupidaggini non riesce a dirne, di astuzie, vivaddio, ne ha poche in materia fiscale. Come insegna Paul Krugman, sa che la politica fiscale, se usata per fini elettorali, è come la morfina. Ma se uno ha mal di testa prende l’aspirina e non la morfina.
Se Prodi, come promette, tasserà le rendite finanziarie saranno quei centinaia di milioni di euro lucrati dai Ricucci e dai furbetti del quartierino che volevano scalare "Il Corriere della sera", Telecom e magari la Fiat. Non i Bot delle famiglie medie.
Se reintrodurrà l’imposta sulle successioni sarà sui grandi patrimoni, non sull’appartamento di periferia.
Il sesso, la mamma, le tasse, l’identità nazionale. Ma le tasse sono il Calvario preferito dagli italiani, quello che produce la solidarietà tra presunte vittime. Dopo cinque anni all’insegna di «meno tasse per tutti», ora tutti sanno che non c’è più disonestà intellettuale, non c’è più «dumping elettorale» che possa raccontare le favole.