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Paolo Biondani e Leo Sisti
TAP. Mafia e soldi sporchi dietro il gasdotto
3 Aprile 2017
Grandi opere
«Nel contestato maxi-progetto per portare il gas dell'Azerbaijan in Puglia spuntano manager in affari con le cosche, oligarchi russi e casseforti offshore. L'inchiesta integrale sul'Espresso in edicola domenica».

«Nel contestato maxi-progetto per portare il gas dell'Azerbaijan in Puglia spuntano manager in affari con le cosche, oligarchi russi e casseforti offshore. L'inchiesta integrale sul'Espresso in edicola domenica». l'Espresso, 1° aprile 2016

Il Tap è la parte finale di un gasdotto di quasi quattromilachilometri che parte dall'Azerbaijan. Il costo preventivato è di 45 miliardi.In Salento, a Melendugno, sono iniziati gli scavi del tunnel in cementoautorizzato dal ministero dell’Ambiente per passare sotto la spiaggia. Da lìsono previsti altri 63 chilometri di condotte fino a Mesagne. Il consorzio TapAg prevede di dover trapiantare, in totale, circa diecimila olivi.

L'Espresso ha potuto esaminare documenti riservati della Commissione europea,che svelano il ruolo cruciale di una società-madre, finora ignota: l’aziendache ha ideato il Tap. Si chiama Egl Produzione Italia, ma è controllata dalgruppo svizzero Axpo. Le carte, richieste dall’organizzazione Re:Common,dimostrano che Egl ha ottenuto, nel 2004 e 2005, due finanziamenti europei afondo perduto, per oltre tre milioni, utilizzati proprio per i progettipreliminari e gli studi di fattibilità del Tap. Gli ultimi fondi pubblici sonoarrivati nel 2009. I ricercatori avevano chiesto altri atti, ma la Commissioneli ha negati «per rispettare segreti industriali, sicurezza e privacy» dellemultinazionali interessate.

In questa Egl, la società-madre del Tap, anchel’amministratore delegato è un cittadino svizzero: Raffaele Tognacca, unmanager che in Italia ha lavorato anche con il gruppo Erg. Tornato in Svizzera,ha lanciato la finanziaria Viva Transfer. Che un'indagine antimafia ha additatocome una lavanderia di soldi sporchi. Intervistato dalla tv svizzera italiana,il pm Michele Prestipino descrisse la vicenda come «un caso esemplare diriciclaggio internazionale di denaro mafioso».

Tutto inizia nel 2014, quando la Guardia di Finanza scopre un presunto clan dinarcotrafficanti collegati alla ’ndrangheta. Il gruppo, capeggiato dalcalabrese Cosimo Tassone, è accusato di aver importato oltre mezza tonnellatadi cocaina. E viene intercettato mentre deve versare un milione e mezzo di euroai narcos sudamericani. I calabresi reclutano un promotore toscano e i suoi duefigli, che accettano di «portare quei soldi in contanti, dentro due trolley, aLugano, nella sede della Viva Transfer», come confermano le confessioni deglistessi corrieri poi arrestati. A ricevere i pacchi di banconote è «RaffaeleTognacca in persona». Proprio il manager che ha tenuto a battesimo il Tap.

ra sudamericani e calabresi scoppia anche una lite: i narcoshanno ricevuto mezzo milione in meno. Tassone sospetta dei corrieri toscani:«Gli spacco la testa!». Un figlio del promotore viene sequestrato in Brasile.Finché il clan si convince che è Tognacca ad aver incamerato una parcella dioltre 400 mila euro («il 35 per cento!»). Quindi scattano gli arresti. Alprocesso, in corso a Roma, i pm hanno formulato una specifica accusa diriciclaggio. E hanno chiesto ai magistrati svizzeri di indagare sulla parteestera. Tognacca si è difeso pubblicamente dichiarando di «non essere statooggetto di nessuna misura penale». Per i pm italiani il reato resta assodato.Ma i giudici elvetici potrebbero aver archiviato per «mancata prova del dolo»:Tognacca poteva non sapere che erano soldi di mafia. Magari mister Tap pensavadi aiutare onesti evasori.

Dopo aver ottenuto i fondi europei, la Egl è stata cancellata e assorbita daAxpo. Questo spiega perchè oggi il gruppo svizzero è azionista della Tap Ag conl'inglese Bp, l’italiana Snam, la belga Fluxys, la spagnola Enagas e l’azeraAz-tap.

L'articolo integrale de l'Espresso racconta molti altriretroscena . Come un accordo segreto per favorire un oligarca russorappresentato da amici di politici italiani. E le tesorerie offshore,documentate dai Panama papers, dei manager di Stato in Azerbaijan e Turchia. <

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