loader
menu
© 2024 Eddyburg
Carlos H. Conde
SuperSindaco usa le maniere forti per ripulire Manila
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
Una descrizione dei problemi tecnico-amministrativi di una grande metropoli asiatica, fra cui sembra spiccarne uno su tutti: la democrazia. Quando la "governance", che qui sarebbe una cosa seria, è sostituita dagli autobus che dicono di arrivare in orario. Dallo International Herald Tribune, 21 marzo 2005 (f.b.)

Titolo originale: “Supermayor” uses firm hand to clean up Manila – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

MANILA – È stato definito un tiranno, un dittatore, un Hitler dei nostri giorni, un elitario: epiteti piuttosto incongrui per un uomo che ama il colore rosa. Ma Bayani Fernando, responsabile della Metro Manila Development Authority, dice che non gli interessano le etichette. In quanto “SuperSindaco” [in originale Supermayor, che richiama il personaggio di SuperMario] delle 17 municipalità che compongono Manila Metropolitana, è sin troppo occupato per offendersi dei nomiglioli.

Fernando, cinquantottenne, è responsabile di una megalopoli di più di 13 milioni di persone: una delle più rumorose, congestionate e inquinate città del mondo.

L’area metropolitana, che copre 630 chilometri quadrati, è famigerata per il traffico. La sola quantità di veicoli supera qualunque immaginazione.

Automobilisti indisciplinati turbinano attorno a venditori di strada, gareggiando con le ubique jeepney, i vistosi furgoncini ricavati dalle Jeep militari della seconda guerra mondiale, che qui rappresentano il principale mezzo di trasporto.

La criminalità di strada imperversa. Una buona quota della popolazione abita in baraccopoli o sulla pubblica via, e decine di migliaia campano sulle 6.700 tonnellate di spazzatura che la megalopoli genera quotidianamente.

Di questi rifiuti, 1.500 tonnellate al giorno sono scaricate dentro a fiumi e torrenti, o nella baia di Manila, che puzza, scoraggiando chi vuole ammirare i suoi famosi tramonti. Gli allagamenti causati dalla spazzatura che intasa i corsi d’acqua sono un fatto comune.

Anche se Metro Manila è piuttosto lontana dall’essere perfetta sotto Fernando, molti concordano sul fatto che sia migliorata. Ha aumentato la quantità di spazzatura raccolta e ha tentato di sgorgare corsi d’acqua e fogne. Parecchi settori della città sono ancora in preda alla congestione da traffico, ma nelle vie principali e autostrade c’è un po’ più di ordine.

Fernando ha istituito corsie preferenziali per gli autobus. Ha realizzato rotatorie per l’inversione a “U” che consentono un flusso continuo di traffico, escludendo la possibilità che agli incroci jeepneys e autobus trasformassero queste aree in veri e propri terminal.

Ha anche realizzato ponti pedonali per scoraggiare gli attraversamenti pericolosi, e fermate protette dell’autobus.

Ha riempito le vie principali e strade di comunicazione di orinatoi per gli uomini, la cui abitudine, di farla ovunque gli pare contribuisce alla puzza e provoca qualcosa possibile solo a Metro Manila: porte metalliche e cancelli corrosi dall’urina.

Infine Fernando ci ha aggiunto un tratto distintivo: ha pitturato le strutture pedonali di rosa.

Il rosa, dice, “ha un effetto calmante. Offre un gradevole contrasto. Può aiutare i pendolari a stare tranquilli mentre sono bloccati nel traffico”.

Oggi, Metro Manila è tutta pitturata di rosa. Un po’ kitsch, ma offre un contrasto dal fosco ambiente circostante di edifici cadenti, autobus che eruttano fumi neri, locandine di film strappate. Fernando ha anche realizzato nuovi capolinea degli autobus, per scoraggiare le fermate a caso a raccogliere passeggeri ovunque.

Ha costruito griglie e corrimano lungo i marciapiedi, che in pratica incanalano come bestiame i passeggeri verso le bocche dei bus. Nello stesso tempo, ha istituito la procedura “straccio bagnato”: i pedoni che escono dal marciapiede sono colpiti da strisce di stoffa bagnata appese a furgoni della Metro Manila Development Authority.

Per tutto questo, Fernando si è guadagnato sia ammirazione che derisione. Ma tutti concordano sul fatto che possegga una qualità di cui Metro Manila ha bisogno: la volontà politica. I sindaci di Metro Manila nel passato si sono rifiutati di demolire le baracche degli squatters e le bancarelle del commercio illegale sulle strade e marciapiedi, per paura di contraccolpi elettorali. Ma Fernando, che è di nomina presidenziale, non si deve preoccupare di questo. Nonostante le demolizioni spesso si siano trasformate in fatti di violenza (alcune persone sono morte e molte sono rimaste ferite) Fernando in molte occasioni ha partecipato di persona, dirigendo le operazioni. Fernando deriva il proprio mandato dalla Presidente Gloria Macapagal Arroyo, e non si fa problemi a ribadirlo. Una volta, davanti ad ambientalisti e residenti che protestavano per un taglio di alberi da parte dell’amministrazione metropolitana, ha tagliato corto: “Ho l’approvazione della presidente”. È fra i pochi che possono dire di non temere ritorsioni politiche. “Il mio mandato è piuttosto chiaro: far funzionare Metro Manila nel modo più efficiente possibile” ha dichiarato in un’intervista. “Se la gente ha dei problemi rispetto a questo, è un loro problema”.

Molti dei sindaci delle municipalità costituenti Metro Manila, di sicuro hanno problemi con qualcuno che invade il loro territorio e pretende di dire come devono essere amministrate le loro comunità. Almeno una città, la vecchia Manila storica, cuore della capitale, ha dichiarato Fernando persona non grata. Altri fra i 17 sindaci hanni minacciato di trascinarlo in tribunale.

”Voglio che ci dica le cose prima, che ci consulti, prima di fare qualunque cosa che interessa la nostra città e i nostri abitanti” dice Peewee Trinidad, sindaco di Pasay City. “Non sono tenuto a farlo”, è la classica risposta di Fernando a queste proteste.

Creata dall’ultimo dittatore, Ferdinando Marcos, nel 1975, la Metro Manila Development Authority ha il compito di centralizzare la raccolta dei rifiuti, gestire il traffico e sovraintendere la manutenzione delle fogne dell’area metropolitana. Marcos ha unito le 17 municipalità confinanti, che in quel momento stavano iniziando a gonfiarsi, trasformando l’area metropolitana in una provincia: dapprima amministrata da sua moglie Imelda. Qualcuno dice che sono le radici dittatoriali dell’autorità metropolitana il motivo per cui i suoi responsabili, e più di tutti Fernando, hanno teso a imporre la propria volontà su tutti gli altri. Ma questo significa non tener conto dei precedenti di Fernando. Quando diventò sindaco di Marikina, un centro fluviale a nord di Manila che era una delle città più congestionate dal traffico delle Filippine, dieci anni fa, Fernando (che è ingegnere) mise ordine: demolì marciapiedi, bancarelle, allargò strade, ripulì le rive del fiume, ridipinse pareti. Diventò persino illegale passeggiare per strada senza camicia. E certo: pitturò la città di rosa. Un sondaggio nominò Marikina la “città più vivibile” del paese, e Fernando andò avanti vincendo tornate su tornate elettorali, per un totale di nove anni. Adesso il sindaco è sua moglie, Marides.

Quando fu nominato all’autorità metropolitana di Manila nel 2002, Fernando non impiegò molto tempo a trasformare la disordinata e scassata metropoli in una Marikina più grande. “Vai, Fernando. Siamo saldamente davanti, dietro e intorno a te” ha scritto l’economista Raul Fabella su un giornale. Fernando è così apprezzato da far pensare - l’anno scorso - a una sua candidatura alla vicepresidenza. “Fernando è un’aberrazione?" si chiede Fabella. “Questo in parte dipende da noi. La lezione fondamentale che possiamo imparare da Fernando è che le vere riforme sono dolorose”.

I critici la pensano in modo diverso. Per loro, un amministratore che ignora come le sue azioni incidano su povera gente, che sta solo tentando di vivere in un’economia debole, è un’aberrazione. Quando una mattina di gennaio gli uomini di Fernando hanno rincorso e maltrattato dei venditori ambulanti davanti a una chiesa, un testimone si è indignato al punto da spedire a Fernando una lettera acida. “Qui c’è gente che tenta di guadagnarsi onestamente qualcosa, e a cui sono negati i diritti fondamentali” ha scritto quel testimone, Sharon Joy Duremdes. “Pulire i marciapiedi posso capirlo, ma deve dare la caccia alla gente, e pestarla? Solo i fascisti fanno queste cose”.

Fernando risponde che non può essere di cuore tenero. “Per quanto ne soffra, non poso piangere coi poveri, perché se sono accecato dalle lacrime, chi li guiderà?” ha dichiarato in un’intervista.

In uno dei tanti opuscoli e fogli distribuiti dal suo ufficio, su come i filippini dovrebbero imparare a comportarsi in pubblico, Fernando, che è proprietario di una grossa ditta di costruzioni, è così citato: “Voglio essere ricordato come un costruttore di carattere”.

Ai critici, naturalmente, si rizzano i capelli davanti a questa retorica. Nel bene e nel male, Fernando ha lasciato il segno, in un modo che Imelda Marcos non avrebbe nemmeno immaginato. Ed è molto più, del colore rosa.

Nota: qui il testo originale sul sito dello International Herald Tribune (f.b.)

ARTICOLI CORRELATI
19 Ottobre 2016
31 Dicembre 2008
6 Dicembre 2007

© 2024 Eddyburg