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Anna Marson
Sulle proposte di legge in materia di contenimento del consumo di suolo presentate alla Camera e al Senato nell’attuale (XVII)
17 Giugno 2013
Consumo di suolo
Un utile confronto tra alcuni testi di legge sul consumo di suolo (Realacci-Catania, Causi, Lanzillotta, Stefano, Catania-Realacci) :cercando di fare chiarezza in un panorama confuso, dove buone intenzione pronunciate e perverse intenzioni praticate ambiguamente s'intrecciano. 16.6.2013

Un utile confronto tra alcuni testi di legge sul consumo di suolo (Realacci-Catania, Causi, Lanzillotta, Stefano, Catania-Realacci) :cercando di fare chiarezza in un panorama confuso, dove buone intenzione pronunciate e perverse intenzioni praticate ambiguamente s'intrecciano. 16.6.2013

Il 15 marzo sono state presentate contemporaneamente allaCamera le proposte di legge AC 70 e AC 150, primi firmatari rispettivamenteRealacci e Catania per la prima (AC70) e Causi per la seconda (AC 150) con duetitoli leggermente diversi (Norme per ilcontenimento dell’uso di suolo e la rigenerazione urbana la prima; Norme per il contenimento del consumo delsuolo e la rigenerazione urbana la seconda) ma con testi identici.
Lo stesso 15 marzo la medesima proposta di legge ècomunicata alla presidenza del Senato (AS 129) dalla senatrice Lanzillotta.
Il 3 maggio è comunicata alla presidenza del Senato unanuova proposta, a firma Stefano (AS 600), relativa a Norme in materia di valorizzazione delle aree agricole e dicontenimento del consumo del suolo. Il 15 maggio alla Camera sempre Cataniae Realacci (in questo caso a firme invertite) depositano invece quali primifirmatari una proposta (AC 948) di Leggequadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento delconsumo di suolo.
Il cosiddetto “consumo di suolo”, ovvero la progressiva eincrementale erosione del territorio rurale a opera di nuove urbanizzazioni èl’esito del combinato-disposto di norme nazionali non soltanto in materia digoverno del territorio, ma anche relative alla fiscalità locale[1],piuttosto che alla fiscalità d’impresa[2] o aicondoni edilizi che si sono succeduti negli anni, e delle norme regionali inmateria di governo del territorio e urbanistica.
Pur rimanendo alla radice del problema il fatto che lanostra legislazione statale non ha mai voluto o saputo affrontare in modoorganico il nodo del rapporto tra diritto di proprietà e diritto diedificazione, lasciando alla prassi interpretativa il compito di definire illabile confine tra ciò che il privato può esigere in nome del diritto diproprietà individuale e ciò che gli enti territoriali possono invece limitare edeterminare in nome dell’interesse collettivo, una legge nazionale che siproponga oggi di contenere realmente il consumo di suolo dovrebbe da un latoaffrontare in modo sistematico e coordinato le diverse cause del problema, edall’altro trattare adeguatamente la concorrenzialità tra Stato e Regioni inmateria di governo del territorio[3]. Leproposte presentate invece non considerano come punto di partenza lo statodell’arte delle legislazioni regionali vigenti in materia, e di come in particolareaffrontino il tema del consumo di suolo[4]. Nonsi pongono peraltro nemmeno il problema di una chiara definizione di cosa siintenda per consumo di suolo, e quindi quale sia il territorio da considerarsigià urbanizzato o consumato[5].
Partiamo dalla proposta Catania (AC 948), che seppur ultimacome data di presentazione (15 maggio 2013) riprende tale e quale la proposta asuo tempo presentata da Catania, già direttore generale del Mipaf, in veste diministro delle politiche agricole del governo Monti (DDL fine 2012), a suotempo dibattuta in sede di coordinamento delle Regioni con la produzione di uncomplesso lavoro emendativo[6] L’exMinistro Catania, senza tener minimamente conto di questo lavoro, ripropone unarticolato di legge che, per citarne soltanto i contenuti più critici:
prevede che il Ministero delle politiche agricole eforestali determini con decreto “l’estensione massima di superficie agricolaconsumabile sul territorio nazionale”, da ripartirsi tra le regioni;
prevede quale incentivo ai comuni e alle province virtuosela ”concessione di finanziamenti statali e regionali eventualmente previsti inmateria .edilizia”, finanziamenti di fatto irrilevanti;
fino all’adozione del decreto che fissa la superficieconsumabile, e comunque non oltre tre anni, non è consentito il consumo dellesuperfici agricole fatti salvi gli interventi già “previsti dagli strumentiurbanistici vigenti”.
Nella congiuntura economica e immobiliare attuale, faresalvi tutti i vecchi piani sovradimensionati, aggiungendo la previsione dinuovo suolo agricolo consumabile da ripartirsi fra le regioni, rischia dipromuovere alla grande il contrario di ciò che si dichiara di voler perseguire,ovvero un nuovo consumo di suolo.
La proposta che invece, va dato atto, recepisce i principaliemendamenti richiesti dal coordinamento delle regioni, è quella presentata dalsenatore Stefano (AS 600), ex referente del coordinamento delle regionisull’agricoltura, che rispetto alle criticità della proposta Catania sopraesposte:
prevede che venga definito “l’obiettivo nazionale in terminiquantitativi di riduzione del consumo di suolo agricolo”;
prevede quale incentivo a comuni, province e regionivirtuose la “priorità nella concessione di finanziamenti dell’Unione europea,statali e regionali”;
per tre anni non è consentito il consumo di superficieagricola, fatte salve le previsioni degli strumenti urbanistici con contenuticonformativi della proprietà”.
E veniamo invece alle proposte Realacci (AC 70), Causi (AC150), Lanzillotta (AS 129), di fatto aventi il medesimo contenuto.
Nulla da dire in merito ai principi, totalmentecondivisibili, introdotti dall’art.1, che tra l’altro prevedono, all’opposto dellaproposta Catania (che firma tranquillamente entrambe le proposte), che “gliobiettivi di contenimento quantitativo da perseguire su scala pluriennale nellapianificazione territoriale e urbanistica” siano definiti nell’ambito delRapporto annuale alle Camere sul consumo di suolo e sui processi di crescitadell’urbanizzazione.
Nel concreto, contraddittoriamente con l’obiettivo dicontenere il consumo di suolo, il consumo viene monetizzato con uno specifico“contributo” a carico delle nuove urbanizzazioni in “aree naturali,seminaturali o agricole”. Tale contributo, monetario oppure sostituibile con lacessione di aree compensative, avrebbe secondo i proponenti l’obiettivo dicontenere il consumo di suolo e, allo stesso tempo, promuovere la rigenerazioneurbana, aggiungendosi agli oneri di urbanizzazione con destinazione vincolata afinalità d’uso pubblico.
Questa destinazione di scopo, da tempo negata anche per glioneri di urbanizzazione[7],nelle attuali condizioni di bilancio degli enti territoriali di diversolivello, rischia di fare la stessa fine. Anzi, paradossalmente, rischia di tradursiin un incentivo, per i comuni, a promuovere nuovo consumo di suolo per poterdisporre di finanziamenti destinabili al recupero delle aree già edificate,spesso di proprietà pubblica, che oggi altrimenti rischiano di non averemercato.
E’ comunque sugli ambiti di rigenerazione urbana, obiettivonon solo condivisibile ma sinergico al blocco del consumo di suolo, che siconcentrano gran parte dei dispositivi, finanziari e non, previsti dallaproposta di legge. Oltre alla possibile destinazione dei fondi vincolatiderivanti dall’ulteriore consumo di suolo, sono infatti previste al fine dipromuovere la rigenerazione urbana: aliquote IMU ridotte, attribuzione didiritti edificatori in loco e in altre aree, imposte di registro minime per itrasferimenti immobiliari, uno strumento finanziario dedicato da parte dellaCassa depositi e prestiti Spa, perequazioni anche extra comparto, lapossibilità per la maggioranza della proprietà di un comparto di presentare al comuneun piano urbanistico attuativo di propria iniziativa, e nei casi di minoreentità, la possibilità di procedere direttamente tramite un permesso dicostruire convenzionato[8].
L’insieme delle misure previste, se da un lato accogliemolte delle proposte formulate in questi anni dall’ANCE[9], eprova complessivamente a costruire un pacchetto di incentivi in grado direndere fattibili molti interventi che oggi stentano a trovare attuazione, dall’altronon garantisce una sufficiente partecipazione dei diretti interessati, abitantidell’area, cittadini, e persino proprietari di minoranza, alla procedura didefinizione degli interventi di trasformazione, anche per la possibilità diprevedere spostamenti di crediti edilizi da un’area a un’altra.
Le trasformazioni urbanistiche dovrebbero infatti rispondere,anche in contesti di rigenerazione urbana, a principi ed esiti di utilitàcollettiva[10]. La libertà d’iniziativalasciata ai privati, sia pur in parte mitigata rispetto a quanto previsto dal disegnodi legge Lupi approvato dalla Camera nel 2005, accompagnata da un insieme diincentivi per i promotori senza chiare contropartite, non garantisconol’utilità collettiva[11].
Infine, nel confrontarsi con proposte che:
-ripropongono tali equali proposte già oggetto di una intensa attività emendativa da parte delle Regioni,senza tenerne alcun conto;
-non si pongono il problema di superare le contraddizionifra i diversi ministeri;
-non considerano ciò che le regioni, in quanto soggetti cheesercitano in materia di governo del territorio una competenza concorrente, potrebberoproporre,
si configura un quadro che consente di trattare i problemispecifici che alcuni comuni si trovano ad affrontare, dimostrando a sindaci,imprenditori e cittadini che le soluzioni possono essere trovate piùagevolmente saltando le regioni o relegandole comunque a un ruolo secondario (secondoil modello già testato con il CIPU, comitato interministerale per le politicheurbane che eroga finanziamenti in un rapporto diretto con i singoli Comuni e leloro proposte progettuali), e di rafforzare alleanze politiche con alcunisettori imprenditoriali.
Se si ritiene la concorrenza di competenze tra Stato e regioniin materia di governo del territorio elemento da rivedere, si abbia il coraggiodi mettervi mano con una modifica costituzionale. Altrimenti, ci si attenga aquesta concorrenza anche nella formazione delle leggi nazionali, tanto più inuna fase in cui la costituzione del Senato delle regioni è all’ordine delgiorno delle riforme costituzionali.
Le attuali proposte di legge nazionale rischiano invece divanificare le norme regionali di contrasto al consumo di suolo. Innanzituttoperché le disposizioni in esse contenute, dietro un apparente rispetto dellalegislazione nazionale che viene richiamata e fatta salva, non si limitano adettare principi, ma introducono norme dettagliate, auto applicative elimitanti la possibilità di ulteriori interventi regionali al riguardo. Lagiurisprudenza della Corte Costituzionale ha chiarito che l’intesa Stato regioniè essenziale nel caso di competenze concorrenti, ma va ricordato che non tuttele regioni italiane hanno legislazioni così robuste, né stanno rafforzandolecome la Regione Toscana si appresta a fare.
In materia di contenimento del consumo di suolo si rischiapertanto di indebolire i dispositivi della legislazione regionale, ovepresenti, senza sostituirli peraltro con norme statali capaci di trattareefficacemente il problema.


* Assessore all’Urbanistica, Pianificazione delterritorio e paesaggio della Regione Toscana dal 2010; Ordinario di Pianificazionedel territorio, IUAV di Venezia
[1] La possibilità per iComuni, ad esempio, di utilizzare i proventi degli oneri di urbanizzazioneanche per finanziare la spesa corrente.
[2] Sono ben noti gli effettidi promozione del consumo di suolo prodotti ad esempio dalla norma introdottain finanziaria dall’allora ministro Tremonti che consentiva di detrarredall’imponibile delle imprese la spesa per nuovi capannoni, indipendentementedal fatto che questi fossero necessari all’attività produttiva, anzi in unafase di massiccia delocalizzazione delle attività verso paesi con minoridiritti dei lavoratori e tutele ambientali del nostro.
[3]Dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso, sonoinfatti le regioni a statuto ordinario (all’epoca di recente istituzione) adassumere il ruolo centrale nella disciplina urbanistica (materia di loroesclusiva competenza). Negli anni più recenti, alcune fra queste regioni sisono spinte oltre, introducendo nella propria legislazione anche principi edispositivi riferibili all’esercizio delle attività di governo del territorio.
[4] La Regione Toscana, in particolare, con la leggen.1/2005 Norme per il governo delterritorio, ha inteso trattare anche il tema del consumo di suolo,perlomeno a livello di principio, definendo che:
“Nessunadelle risorse essenziali del territorio …può essere ridotta in modosignificativo e irreversibile” (art.3, comma 3) e che, “nuovi impegni di suoloa fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualoranon sussistano alternative di riutilizzazione e riorganizzazione degliinsediamenti e delle infrastrutture esistenti” (art.3, comma 4).
Nel2011, alla luce dell’esperienza applicativa, la giunta regionale su miaproposta ha non soltanto reso più accurato il monitoraggio dei dati di consumodi suolo, ma altresì avviato la procedura di revisione della legge 1 perrenderne più efficaci le misure di contrasto al consumo di suolo, inparticolare accompagnando le enunciazioni di principio con dispositivioperativi che ne assicurino l’effettiva applicazione. Da gennaio 2013 è allavoro un tavolo tecnico che, con le rappresentanze degli enti locali, haperfezionato la proposta di revisione, prossima ad essere approvata dallagiunta e trasmessa al consiglio regionale.
[5] A questo riguardo, la propostadi revisione della legge 1/2005 attualmente in discussione introduce per laprima volta una definizione di ciò che si intende per territorio urbanizzato, al fine di poter differenziare le procedure per letrasformazioni che insistono all’interno di questo rispetto a quelle cheinteressano il territorio agricolo: Ilterritorio urbanizzato è costituito da: i centri storici, le aree residenzialiedificate con continuità dei lotti, gli insediamenti produttivi, commerciali,direzionali, le attrezzature e i servizi, i lotti interclusi dotati di opere diurbanizzazione primaria. Non sono considerate territorio urbanizzato le areeche presentano caratteri riconoscibili di ruralità, ancorché incluse al suointerno, così come i singoli edifici, l’edificato sparso discontinuo nonché iborghi presenti nel territorio rurale.
[6] I punti salienti degliemendamenti proposti dalle Regioni riguardavano: la fissazione di obiettivo diriduzione del consumo di suolo anziché la distribuzione fra le regioni di quotedi ulteriore consumo ammesso; la previsione di incentivi reali per gli entiterritoriali virtuosi nell’assegnazione di finanziamenti; la salvaguardia dellesole previsioni urbanistiche conformative della proprietà.
[7] E’ di questi giorni laconferma, per i Comuni, della possibilità di utilizzare fino al 75% degliintroiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente.
[8] Come di fatto staavvenendo nei meccanismi attuativi dell’urbanistica fiorentina.
[9] Associazione nazionalecostruttori edili.
[10] Uso di proposito iltermine collettivo, e non pubblico, in quanto quest’ultimo tende a confondersicon la razionalità, anche finanziaria, dell’agire dei singoli soggettipubblici. Razionalità ovviamente importante, ma a volte potenzialmenteconflittuale con l’interesse collettivo degli abitanti e utenti di una città odi un territorio.
[11] Ad esempio, in relazioneall’utilità collettiva, la Regione Toscana ha introdotto nel 2011 nella legge1/2005 una procedura per la rigenerazione urbana che prevede che siano i comunia fissare obbligatoriamente criteri e parametri in base ai quali i privatipossano presentare proposte progettuali, da sottoporre alla discussionepubblica.
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