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Stop al traffico sull’Appia Antica
7 Marzo 2012
Pagine di cronaca
La regina viarum ancora oppressa da un traffico devastante che costringe a restauri infiniti. Corriere della Sera, ed. Roma, 6 e 7 marzo 2012 (m.p.g.)

La Ztl speciale dell'Appia Antica

Maria Rosaria Spadaccino – 6 marzo 2012

Cominciano i lavori per il restauro del basolato romano sull'Appia Antica, all'altezza del Forte Appio. «Con l'apertura del cantiere - spiega Rita Paris, della soprintendenza speciale per i beni archeologici- bisogna proteggere definitivamente la strada da macchine e vandali. In accordo con residenti si deve pensare ad una sbarra, a telecamere o ad una soluzione come la Ztl. La via deve tornare ad essere un monumento». Per Andrea Catarci, presidente del XI municipio, «il progetto è assolutamente condivisibile».

Sta per rifarsi bella l'Appia Antica: giovedì iniziano i lavori di restauro del basolato romano all'altezza del Forte appio. Un cantiere, della soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, che fa tornare l'attenzione su uno dei comprensori archeologici più importanti del mondo.

«Un'area che continua ad essere violata - spiega Rita Paris, direttrice dell'Appia Antica per la soprintendenza - per questo stiamo pensando di proteggerla in maniera definitiva come merita un grande monumento. Dobbiamo solo studiare il modo più adatto alla fruizione della strada da parte di residenti e turisti». Si pensa ad una sbarra con citofono, a telecamere, o ad una disciplina simile a quella della Ztl che regola il centro di Roma. La chiusura partirebbe dal civico 195 fino a via delle Capanne di Marino, circa 7 chilometri di demanio statale.

«Bisogna che torni la coscienza che l'Appia è un monumento. Lo Stato ha lavorato negli anni passati ad una poderosa opera di valorizzazione delle scoperte archeologiche - spiega Paris - così sono tornati a tutti noi complessi come Cecilia Metella, il palazzo dei Quintili e Capo di Bove. Ma tutto questo deve anche essere tutelato». I basoli, lastroni di pietra lavica con cui venne realizzata la strada, scoperti con i lavori del Giubileo del 2000 necessitano ormai di un intervento: sono mal posizionati, sconnessi. Il traffico continuo li sta danneggiando, basta camminarci sopra per notare che oscillano, sono malridotti e poco lontano da loro ineleganti cestini per la raccolta dell'immondizia deturpano la bellezza del luogo.

Le opere di restauro per questo cantiere finanziato dalla soprintendenza costano 350mila euro. È una goccia per uno dei comprensori archeologici più grandi del mondo: 80 ettari in consegna allo stato che deve occuparsi della valorizzazione e della tutela.

«Sarebbe utile pensare ad un consorzio di tutte le parti coinvolte - commenta Paris - la soprintendenza non farà nulla che limiti la libertà dei residenti, possiamo anche pensare ad una chiusura a tratti, lasciando aperte le strade di passaggio. La via deve esser viva e fruibile, ma questo nuovo cantiere di restauro non può diventare come la tela di Penelope».

E intanto proprio ieri è arrivato un altro allarme che riguarda la Regina Viarum: la chiusura domenicale (l'unica prevista da un'ordinanza comunale) da parte dei vigili urbani non è più garantita. «I tagli all'organico - spiega Andrea Catarci, presidente dell'XI municipio - rendono impossibile la chiusura domenicale al traffico privato».

E se a questo si aggiunge che non esiste più la navetta che portava sull'Appia Antica da piazzale Numa Pompilio si comprende quanta poca cura sia riservata alla strada. «Il progetto della chiusura della via per garantirne la tutela è assolutamente condivisibile - commenta Catarci - bisogna assolutamente trovare il modo per proteggere un tale patrimonio».

La manutenzione e l’abitudine alla bellezza

Rosario Salamone – 7 marzo 2012

Succede sempre così, della bellezza in cui vivi te ne accorgi quando qualcuno te la vuole sottrarre. La questione è che a Roma la bellezza si è stratificata nel tempo con un provvidenziale disordine, tra demolizioni maldestre e sopravvivenze miracolose. Così il lascito architettonico e archeologico che ci sta davanti agli occhi, quello che funziona per il mondo come una calamita universale, ha, per certi versi, mitridatizzato i romani. L'abitudine a ingerire quotidiane piccole dosi di bellezza sembra un che di dovuto, di naturale. Percepiamo la luce, l'ombra delle piazze, echi materiali di tanta eternità, però la manutenzione, il decoro del patrimonio, sembrano usciti dalle cure quotidiane della politica e dei cittadini.

La notizia dell'avvio del restauro di un tratto dell'Appia Antica è di quelle che bucano l'aria come un jet che rompe il muro del suono. L'idea lineare della salvaguardia di un patrimonio viario, con tutti i manufatti che ne fanno sponda, ha un valore aggiunto in sé. Significa rimettersi in cammino, come Città, come Paese. A piedi, con le salmerie essenziali del tempo di crisi che stiamo vivendo, fa sempre bene. Mettere bene i piedi in terra, nella città che ha insegnato a tutti l'arte di costruire le strade, come disse Raymond Chevallier, osservando la forza dei basalti, le lastre di lava resistente e duratura, a cui si ispirarono gli ingegneri romani vedendo la colata che si spingeva fino a Capo di Bove. La bellezza sovrumana dei pini e dei cipressi, gli alberi «pizzuti» che svettano nell'aria tanto quanto le loro radici perpendicolari che evitano di svellere le tombe, giù in basso (katà kumbas). Ottorino Respighi dedicò un poema sinfonico agli alberi così tipici del paesaggio della capitale, «I pini di Roma». In uno dei movimenti strinse un'alleanza tra le ombre architettoniche di una catacomba e l'ombra odorosa degli alberi, perché la Roma delle vie consolari è un mescolarsi continuo di presenze da vivere nella scenografia della bellezza e rimando storico assiduo.

Da chi ha il compito istituzionale di tutelare opere e paesaggi, in questo caso Rita Paris, dobbiamo attenderci lavoro, coraggio e un certo gusto per l'andare in controtendenza. Il senso dello Stato, l'attaccamento alle istituzioni, si coltivano attraverso lo studio e la messa in cantiere di azioni volte a salvaguardare i beni della civiltà di cui siamo testimoni ed eredi. Se la casa di famiglia - la famiglia è la collettività - si sta coprendo di ortiche e le travi scricchiolano, occorre mettere mano al restauro, presto e bene. Work in progress. Lavori in corso: curare il passato è l'essenza del presente e del futuro.

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