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Peter Hetherington
Standard Reale
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
La vicenda semiseria, ma non troppo, di un ex consulente new urbanist di Al Gore, diventato collaboratore del Principe di Galles e della sua Fondazione per l'architettura e l'urbanistica tradizionali. Interessante, in parte forse profetico, dal Guardian del 18 gennaio 2005 (f.b.)

Titolo originale: Royal Standard – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Quattro anni fa, Hank Dittmar stava quasi per entrare nell’amministrazione USA presieduta da Al Gore. Si stava preparando a sostenere politiche contrarie al tipo di sviluppo urbano dominante nell’America moderna, dando un taglio alla realizzazione di strade a favore di tram e treni, e sostituendo ai centri commerciali fuori città sobborghi “sostenibili”.

La sconfitta di Gore alle elezioni per mano di George Bush mise fine a quel sogno. Ma Dittmar ha trovato un nuovo mentore. Il Principe di Galles, considerato da alcuni un conservatore sociale, può apparire un compagno di viaggio improbabile dei valori progressisti del movimento new urbanist di Dittmar. Ma Sua Altezza Reale, come il vice primo ministro John Prescott, è in perfetto accordo col credo di Dittmar: ecco perché l’esperto USA di trasporti ora si trova in un’ex pellicceria di sei piani riconvertita, a Shoreditch, nell’est di Londra, a capo della Foundation for the Built Environment del Principe.

Sino ad ora la poco conosciuta, indipendente associazione fondata dal Principe Carlo nel 1988 per sostenere la progettazione urbana e l’architettura tradizionale – vera antitesi delle moderne “pustole”, che detesta – ha creato ben pochi clamori. Ma tutto questo potrebbe cambiare mentre si prepara a portare i principi base, se non il tipo di progetto, dell’amata Poundbury (la sua cittadina in stile tradizionale fuori Dorchester, in Dorset) alle città e sobborghi della Gran Bretagna.

Dittmar, al lavoro da meno di un mese, afferma che il principe ha molto più da dire di quanto non appaia a prima vista: è un grande pensatore, un visionario e, ancora, un antesignano new urbanist. “Ho avuto un incontro con lui per questo posto (circa 90 minuti) e sa molte cose sull’argomento” ci racconta Dittmar. “Ha riflettuto a lungo e in modo approfondito, credo davvero che il suo punto di vista sull’architettura e l’urbanistica sia ben definito. Conosce la letteratura e, sinceramente, credo che ne sia stata fatta una caricatura immeritata”.

Ma è la possibilità di lasciare un segno al di là dell’Atlantico, ora che Al Gore è stato consegnato alla storia, che entusiasma Dittmar. Le questioni urbana, spiega “non compaiono sullo schermo radar degli Stati Uniti”. Il quarantanovenne Dittmar, col suo tono calmo, ci racconta che la Fondazione non è un gruppo di pressione: alimentare le polemiche sulla stampa a base di “pustole” non è il so scopo; piuttosto, vuole aiutare a realizzare iniziative urbane concrete e realizzabili.

”Penso che lui [il principe] sia lieto che si trovino progetti esemplari, che riflettono molte delle nostre idee. Quello che sostiene è che nella realizzazione di edifici e città esistono migliaia di anni di tradizione umana continuativa, ed è sbagliato affermare che tutto questo va messo da parte. Dobbiamo fare un passo indietro, e recuperare la continuità con la tradizione, poi interpretarla alla luce di quanto economie e tecnologie si sono trasformate.

”Può essere un modo educato per dire che il Regno Unito ha pasticciato con troppe città e parti della campagna, con insediamenti sparsi, centri commerciali suburbani e edifici big-box che scimmiottano la peggiore urbanistica USA, buttando lì lottizzazioni a casaccio dappertutto e alimentando così l’uso dell’automobile. Quello che mi colpisce [nel Regno Unito] è il livello al quale, se si esce dalla città verso le zone esterne, è diventato tutto simile agli USA: centri commerciali, chioschi, la logica degli ingegneri stradali che comincia a prendere il sopravvento ... sta succedendo molto di tutto questo.

Dittmar, ora felicemente sistemato con moglie e bambini nel nord di Londra, è appena andato a vedere Brent Cross, l’enorme complesso commerciale di fianco all’autostrada M1. È completamente fuori luogo e contesto rispetto all’ambiente circostante, dice: “potrebbe anche essere stato preso e trapiantato qui da qualunque sobborgo di cintura USA”. Ci avvisa che, oltre Atlantico, parecchi centri del genere sono arrivati alla fine del ciclo di vita. Capito, Inghilterra? “Quelloc he abbiamo imparato sul commercio, è che si tratta di un’attività di breve termine, orientata da tendenze effimere” dice. “Le città che scommettono il proprio futuro su una forma insediativa che dura pochi anni, sono davvero messe male”.

A Dittmar, che conosce bene il Regno Unito ed è senza dubbio informato dal principe, non c’è bisogno di ricordare che questi sono tempi di sperimentazione per l’Inghilterra, con Prescott a far pressioni per i progetti di 200.000 nuove abitazioni in quattro zone di crescita al sud: Milton Keynes e sud Midlands, il corridoio di 60 chilometri del Thames Gateway a est di Londra, Greater Stansted in Essex, e Ashford in Kent.

Questa settimana, la nuova strategia residenziale quinquennale di Prescott, resa nota con l’enfasi richiesta dall’approssimarsi delle elezioni, ha ulteriormente sottolineato la sfida che aspetta la Fondazione, sostenendo percorsi privilegiati per realizzare più case a buon mercato a Londra e nel sud-est. Territorio politicamente sensibile, coi consigli degli enti locali a maggioranza Conservatore del sud schierati contro Prescott.

Anche se certamente Dittmar ha le sue opinioni su come è costruita la Gran Bretagna (diffida degli edifici “firmati” che hanno diffuso il cosiddetto “fattore wow!” e non ama alcune new towns, come Milton Keynes) è un ammiratore di Prescott, che ha incontrato a Washington 18 mesi fa, quando il vice primo ministro tenne una importante conferenza su temi urbani. “Rimasi davvero impressionato dalla profondità del suo impegno” ci dice. “Sarebbe difficile trovare qualcuno all’interno dell’amministrazione [attuale USA] che avrebbe tenuto un discorso del genere, anche se Gore l’avrebbe fatto.

Nonostante Dittmar affermi che sarebbe “probabilmente” entrato nell’amministrazione Gore coem sottosegretario ai trasporti, la Gran Bretagna per lui si è rivelata una specie di rifugio; qui, almeno, le questioni urbana sono “all’ordine del giorno del dibattito nazionale”. Tornerà negli USA circa quattro volte l’anno, a presiedere il comitato del Congress for the New Urbanism, con la piena benedizione di una fondazione lieta di rafforzare i rapporti transatlantici.

Questo, naturalmente, pone alcune questioni, principalmente riguardo ai progetti di new towns di Prescott. Cosa ne pensa Dittmar? Ci dice “Preferisco guardarli in questo modo: il governo deve guardare avanti per quanto riguarda la domanda di abitazioni futura, e sollecitare le autorità locali nelle aree dove questa domanda probabilmente si concentrerà”.

Ma anche accettando i nuovi insediamenti al sud, parla di pericoli oltre che di opportunità. Tanto per cominciare, esiste un “conflitto fra quello che c’è da fare,se si ha una teoria coerente sul linguaggio delle città, e il bisogno di trascinare gli altri: è qui che vedo la sfida”.

In altre parole, che tipo di nuove città e quartieri? Milton Keynes, la new town del Buckinghamshire per cui si prevede la crescita da 220.000 a 330.000 abitanti in meno di 30 anni, certo non è un modello attraente, col suo sistema a griglia losangelino e le basse densità edilizie. “Non ci vado da quindici anni” ci racconta. “Credo che sia stata davvero mal progettata. Bisogna andar cauti con i piani utopici”.

Alcune new towns, pensa, sono “modelli degeneri” delle città giardino di Letchworth e Welwyn, creano una forma di tipo suburbano insostenibile e, soprattutto, corrono il rischio di degradarsi molto prima di quanto non facciano le città tradizionali. “Quello che salva le città, credo, è la realizzazione di quartieri a funzione e composizione sociale mista, dove ci sia spazio per tutto, dal commercio alla vita di tutti i giorni” sostiene.

Troppo spesso, pensa, nelle città si è ossessionati dalla costruzione di icone esagerate (anche se non vuol fare commenti sul progetto di Sir Norman Foster al 30 di St Mary Axe, generalmente conosciuto come “il cetriolo” a Londra). “Stiamo tentando seriamente di rivolgerci a quanto non è stato pianificato, con una teoria coerente” dice. “Come motore economico, l’edificio firmato è stato mal posto”.

Dunque il vento sta cambiando? Dittmar lamenta il degrado, in particolare delle periferie e dei suburbi, sia in USA che in Gran Bretagna: i centri città spiazzati dai nuovi insediamenti di servizi esterni; la scomparsa dei quartieri a funzioni miste (residenza, negozi, attività economiche, tutti combinati in un’unica forma); le strade che diventano sempre più larghe, i marciapiedi più stretti; e l’automobile a conquistare tutto.

La sfida è quella di pensare ad una nuova strada per il progresso. “È davvero profondo, il potere di alcuni esempi positivi” si entusiasma. Dopo aver offerto consulenza per il progetto di una nuova cittadina di nome Upton, vicino a Northampton (e aver siutato a salvare alcune case a schiera storiche destinate alla demolizione a Nelson, Lancashire, attraverso una soluzione innovativa a usi misti, compresi laboratori) la fondazione è ansiosa di intraprendere alcuni progetti urbani tanto di piccola scala quanto potenzialmente influenti.

Le priorità di Dittmar? “Possiamo affermare con sicurezza che il principe e il comitato [dell’ente] si sono dichiarati d’accordo con un piano strategico che mira all’istituzione di un solido programma educativo teso a costruire una tradizione edilizia locale, in termini di capacità costruttive, architettura e progettazione urbana”. Vede come nucleo assolutamente centrale del programma dell’ente la creazione di una rete di professionisti.

”Dobbiamo anche costruire una serie di luoghi che si possano vedere, frequentare, che possano costituire dimostrazioni viventi. Egli [il principe] tiene davvero alle tradizioni costruttive e alle identità locali, e vuole che scopriamo le particolarità architettoniche e edilizie dei molti luoghi che costituiscono l’Inghilterra”.

Questo richiederà, soprattutto, nuovi programmi formativi di più alto livello, e una nuova disciplina. Dopo l’architettura e l’urbanistica [ planning], benvenuto “urbanesimo” [ urbanism]. Se il principe e Dittmar troveranno il modo, potrebbe diventare una materia di studio da qualche parte in Gran Bretagna.

Nota: qui il testo originale sul sito del Guardian . Scaricabile direttamente da Eddyburg, il PDF del programma 2005 della Scuola che sviluppa i programmi descritti nell'articolo. (f.b.)

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