La legislazione urbana si è molto ampliata negli ultimi dieci anni, mentre lo spazio pubblico diminuisce e i nostri diritti sulla città si sono ridotti. Molte ordinanze limitano la libertà di circolazione o proibiscono pratiche secolari. Eppure la costruzione di un quadro legale può essere una maniera diversa di occupare la città, un gesto di creatività politica piuttosto audace. Comune-Info, 2 ottobre 2015
Negli ultimi anni cittadini e abitanti dei quartieri hanno occupato lo spazio pubblico urbano, riformulando in questo processo la nostra maniera di prendere parte alla città. Da una parte all’altra proliferano orti che rinverdiscono terreni sterili, progetti di vicinato che liberano edifici abbandonati e iniziative che arredano vuoti urbani. Di fronte alla città ufficiale e statica, l’iniziativa del vicinato reinventa la nostra relazione con l’urbe, e allo stesso tempo mette in pratica una politica diversa.
Ciò accade in modi diversi in città come Malaga, Barcellona, Bilbao e Madrid, tra le altre. Qui faccio riferimento solo a quest’ultima, poiché conosco le sue esperienze in maniera diretta. Le iniziative che si sono sforzate per condizionare materialmente i nuovi edifici della città si stanno ora concentrando sugli aspetti legali. Una rete emergente di spazi madrileni si sta affannando da mesi per disegnare un quadro comune che dia sostegno alla cessione di spazi e che offra sicurezza legale ai progetti di vicinato che in essi si sviluppano.
Ridisegnare la città intervenendo nel suo spazio legale ha un precedente eccezionale nella “okupación”, dove la trasgressione della legge ha permesso di evidenziare gli abusi della speculazione immobiliare. La costruzione di un quadro legale per la cessione di spazi è una maniera diversa di occupare la città, riabilitando la sua architettura legale: si tratta di esercizi che disegnano sfumature diverse del pubblico, intervenendo sugli spazi normativi. La discussione legale potrebbe sembrare un tema minore, ma è invece un gesto di creatività politica piuttosto audace nella città.
Un precedente importante che ci ha mostrato come hackerare la legge permetta la costruzione di nuove condizioni per la collaborazione, è quello del software libero, una delle eccezionali tecnologie di internet che dà corpo ad alcune delle sue strutture chiave. Una delle invenzioni più sofisticate del software libero è stata lo sviluppo di un’infrastruttura legale che ha invertito il regime convenzionale della proprietà intellettuale. Attraverso un sistema di licenze, il software libero risponde alla logica escludente dei diritti d’autore, dispiegando un impulso includente che espande le possibilità dell’invenzione tecnologica e della creatività organizzativa.
La legislazione urbana è cresciuta durante gli ultimi dieci anni, mentre i nostri diritti sulla città si sono parallelamente ridotti. Il processo di atrofia regolatrice è simile a ciò che è accaduto nel copyright, con il suo l’ampliamento eccessivo che limita la creatività cittadina a favore dell’iniziativa d’impresa e insiste sul diritto d’autore. Tradotto nell’ambito della città, ci troviamo di fronte a ordinanze che proibiscono pratiche secolari come mettere una sedia per strada, norme che proibiscono di giocare in piazza e leggi che limitano la libertà di circolazione. Lo spazio pubblico urbano rimpicciolisce, mentre la legge si ingrandisce.
Alla maniera del software libero, forse la forma di espandere la città è quella di intervenire sulle condizioni legali dello spazio pubblico, invertire e capovolgere la logica della riduzione legale per espandere nuove condizioni dell’urbano. Da anni i governi municipali di tutti il mondo sono coscienti della loro incapacità di rispondere alla complessità crescente delle città. Il tropo della partecipazione è un riconoscimento della necessità di aprire il disegno e la progettazione della città alla partecipazione dei suoi abitanti. Ma a differenza di altre forme convenzionali, dove la partecipazione ai temi cittadini si veicola attraverso la consultazione o la richiesta diretta, gli spazi cittadini costituiscono luoghi dove la partecipazione si reinventa, un’altra politica prende forma e il diritto alla città si equipaggia con nuove infrastrutture. Attraverso altri modi di abitare l’urbano questi esercizi di creatività cittadina sperimentano nuove forme di governo della città. Gli interventi sullo spazio urbano stanno reinventando le forme di organizzazione vicinale, sperimentando altri modi di interloquire con l’amministrazione ed esplorando i limiti della proprietà pubblica.
Viviamo in città sempre più complesse che ci richiedono un enorme esercizio di re-immaginazione per poterle governare in un modo equo ed espandere le possibilità di abitarle. Questi piccoli spazi dove si espande la creatività cittadina contengono dentro di essi la forma di una città diversa: sono la sineddoche di un nuovo governo urbano. In gran parte sono iniziative che condividono sensibilità urbana e aspirazioni politiche con alcuni dei governi municipali sorti nelle ultime elezioni. Per questi governi municipali, così come per altri, la sfida è quella di essere capaci di sostenere gli spazi che ci permettono di immaginare in modo singolare una città diversa. La partecipazione non dipende dall’invito ufficiale, è l’effetto dell’invenzione cittadina. Confidiamo che i nuovi governi municipali siano all’altezza dei tempi che corrono e degli spazi che si dispiegano.
Fonte: Diagonal Periodico Traduzione: Michela Giovannini