Si profila una sperimentazione pratica di alcune idee abbastanza diffuse in Europa, ma osteggiate qui in Italia dai paladini della circolazione segregata delle opere dedicate e dei quartieri recintati. Corriere della Sera nazionale e la Repubblica Milano, 8 novembre 2014
Corriere della Sera
di Anna Tagliacarne
Strade senza segnaletica, senza semafori, senza marciapiedi, senza una «grammatica» che separi gli spazi per pedoni da quelli per ciclisti o automobilisti. Strade dove l’unica regola è la precedenza a destra e l’eliminazione dei divieti diventa sinonimo di sicurezza stradale, di qualità ambientale. Il rispetto nei confronti del prossimo nasce dalla condivisione, non dalla separazione. E dai limiti di velocità, 30 chilometri orari, non di più. È questa, in sintesi la filosofia degli «shared space», spazi condivisi da chi cammina, chi pedala e chi sta al volante, nati in Olanda e applicati anche in Germania sul modello proposto dall’ingegnere del traffico Hans Monderman, che ha concepito la mobilità responsabilizzando chi guida e chi cammina.
Ed è questo il progetto che un team di architetti guidati dallo studio Piuarch hanno realizzato, con il logo Farespazio ( http://farespazio.tumblr.com) per ripensare una grande area di Milano, quella compresa tra il Castello Sforzesco, Largo Cairoli, Foro Buonaparte, includendo anche Piazza Cadorna, la Triennale, il Piccolo Teatro Studio: teatri, musei, spazi verdi, negozi, stazioni sarebbero all’interno di una macro-area dove le auto circolerebbero a velocità ridotta al fianco delle biciclette e dei pedoni, che avrebbero a disposizione ampi spazi attrezzati dove sedere, sostare, fare sport oltre alle indicazioni sui luoghi da visitare. L’occasione è stata la pedonalizzazione di piazza Castello, la successiva installazione di bancarelle che hanno suscitato polemiche da parte dei milanesi e l’onerosa costruzione di una pista ciclabile con cordoli ai margini: in tutta Europa questo modello è superato da anni.
Il Comune, alla ricerca di un nuovo consenso, ha avviato un concorso di architettura partecipata: gli undici progetti sono esposti da ieri fino all’8 dicembre alla Triennale alla mostra Atelier Castello. Il progetto del team Fare spazio è il solo che prevede la reintroduzione delle auto nell’area da poco pedonalizzata. Non perché gli altri architetti siano favorevoli alla pedonalizzazione, ma perché il team è andato oltre le richieste comunali.
«Le proposte dovevano essere temporanee, ma reversibili in permanenti nel caso fossero rispondenti alle esigenze dell’area dopo l’Expo. A noi, invece, piaceva avere una visione a lungo termine, e abbiamo pensato alla città che vorremmo vivere ogni giorno, con una grande area dove il Castello Sforzesco torni a essere centrale, con i suoi musei che contengono capolavori come la Pietà Rondanini di Michelangelo e i fossati che sarebbero trasformati in aree attrezzate per lo sport, per sostare. Immaginando questa parte di Milano, abbiamo necessariamente pensato a Exhibition Road che a Londra va da South Kensington ad Hyde Park», spiega Francesco Fresa, uno dei quattro soci dello studio Piuarch, fondato con Germán Fuenmayor, Gino Garbellini e Monica Tricario. La via londinese include attrazioni che vanno dal Victoria and Albert Museum al Natural History Museum, dal Science Museum al Royal Albert Hall: ha milioni di visitatori. «L’obiettivo era integrare veicoli e pedoni, l’abbiamo ottenuto riducendo la velocità e di conseguenze il volume del traffico: si è creato così un ambiente molto piacevole», spiegano i due architetti che hanno seguito il progetto, Jeremy Dixon e Edward Jones.
A Milano succederebbe qualcosa di simile: la piazza che connette il Castello con Largo Cairoli sarebbe liberata dalle barriere architettoniche che la rendono frammentata, la circolazione automobilistica tornerebbe in Piazza Castello ma pensata in modo innovativo. Non è un’utopia, in altre città già succede. «Exhibition Road non è esattamente uno shared space perché è presente segnaletica verticale, come paletti e dissuasori che delimitano gli spazi riservati ai pedoni e quelli previsti per le auto — commenta Federico Parolotto, socio dello studio Mobility in Chain, architetto esperto in pianificazione trasporti —. Hans Monderman faceva un esperimento per dimostrare quanto gli shared space siano sicuri: chiudeva gli occhi e camminava all’indietro». È dimostrato, da uno studio dello stesso Monderman che, mentre i segnali proliferano, nessuno presta attenzione agli stessi: conta di più ridurre la velocità. «È molto intelligente l’idea di grandi zone con circolazione a velocità limitata — conclude l’urbanista Marco Romano —. I casi di shared space realizzati, dimostrano che il primo effetto di questi spazi è ridurre il numero e la gravità degli incidenti stradali. Certo, nelle zone dove esiste già il limite dei 30 chilometri orari, l’automobilista che suona il clacson c’è sempre, ma è un fenomeno che ha a che fare con le nevrosi. Sta comunque cambiando la testa di chi guida: in auto siamo ormai abituati a pensare anche come ciclisti che pedalano contromano, perché tutti siamo anche ciclisti e pedoni. Per questo è inutile dividere e delimitare le aree».
la Repubblica Milano
di Laura Asnaghi
A più di sei mesi dalla pedonalizzazione di piazza Castello, il Comune fa i conti con la lista di lamentele presentata dai residenti. Ieri la verifica sul campo, dalle 9 alle 10.30, nell’orario di punta, quando il traffico, da Cadorna a Cairoli, va in tilt e le auto, insieme a bus, pullman e taxi restano imbottigliate, creando pesanti ingorghi. Il traffico, insieme alla sicurezza notturna dell’isola pedonale del Castello e le linee guida per le manifestazioni che possono essere fatte in quest’area («Se no qui si rischia di diventare un luna park», dicono i residenti) sono stati i temi fondamentali affrontati durante il sopralluogo.
Carlo Monguzzi, il presidente della Commissione ambiente e trasporti, guidava la delegazione del Comune composta da 12 consiglieri. Con loro, Fabio Arrigoni, il presidente del Consiglio di zona 1, accompagnato da 7 consiglieri e 25 cittadini del Comitato Buonaparte-Cairoli. «Le osservazioni dei residenti sono giuste ma si tratta di trovare soluzioni per rendere quest’isola gradevole e utile a tutti», ha commentato Monguzzi, ricordando che, da Cadorna a Cairoli, a paralizzare il traffico «sono gli autobus che sostano per scaricare i passeggeri e bloccano una carreggiata». Sul lato opposto di Foro Buonaparte, oltre via Cusani, a intralciare il traffico sono invece i pullman diretti all’outlet di Serravalle. E poco più in là, all’altezza di via Sella, i residenti segnalano la storia di un semaforo che dura 15 secondi e «per attraversare la strada bisogna essere Speedy Gonzales». Non solo, perché sempre in questo tratto i parcheggi per le auto sono sui marciapiedi «così alti che solo i Suv possono accedervi».
Note dolenti anche sull’isola del Castello, solo in parte digerita dai residenti. Molti infatti sostengono che «era meglio prima, quando le auto potevano circolare e di notte c’era più sicurezza». Ora, con le strade deserte, i residenti sollecitano la vigilanza notturna «perché c’è chi scambia quest’area per un bagno a cielo aperto». Nel mirino dei residenti anche «i cordoli sproporzionati della pista ciclabile. Inutili oltre che dannosi». L’altro tema è quali manifestazioni consentire «evitando di danneggiare una zona storica». E tra gli abitanti c’è già malcontento per le manifestazioni natalizie programmate o concesse dal Comune, come quella di Save the children. La struttura che sarà inaugurata l’11 novembre invadeva, di poco, la pista ciclabile e ieri pomeriggio i vigili sono intervenuti per farla spostare di qualche metro. «I residenti contestano la mancanza di una cabina di regia sul progetto del Castello — spiega Monguzzi — . Ora però Maurizio Baruffi, capo di gabinetto del sindaco, ha preso in mano la situazione e le cose miglioreranno». Tutti i punti critici emersi dal sopralluogo saranno affrontati giovedì prossimo nella seduta della commissione Ambiente e Traffico. «Vanno trovate soluzioni — conclude Monguzzi — da sottoporre agli architetti che sistemeranno temporaneamente quest’area, con una spesa contenuta in 200 mila euro».