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Spazi aperti, qualcosa si muove
30 Maggio 2012
Milano
Si sovrappongono, con parecchie contraddizioni, intenzioni di rilancio legate da un uso non strettamente edilizio del territorio. Articoli da la Repubblica e Corriere della Sera Milano, 30 maggio 2012 (f.b.)

la Repubblica

Cascine, via al piano recupero Palazzo Marino apre l’asta

di Alessia Gallione

Qualcuna è ancora immersa nel verde di un parco o ai margini della città. Altre, ormai, sono circondate dalle case. Mura abbandonate o dal futuro amministrativo incerto, in alcuni casi poco più che ruderi a dispetto della loro storia. E qualche indirizzo noto come quello del centro sociale Torchiera o della Monluè. Che, adesso, però, il Comune vuole riportare a nuova vita. Perché, nella Milano del Parco Sud e dell’Expo dedicato all’alimentazione, Palazzo Marino fa partire un piano per recuperare le sue cascine. In tempi di casse vuote e risorse scarse, per un gruppo di sedici stabili apre la caccia a privati, associazioni o enti, che possano prenderli in gestione e recuperarli. Con nuovi criteri che, d’ora in poi, prevederanno assegnazioni in diritto di superficie lunghe fino a 90 anni e, in alcuni casi, la vendita.

Ancora la crisi, fa partire la ricerca di sponsor anche per il restauro di una ventina di monumenti: dai 500mila euro per l’Arco di Porta Ticinese e i 600mila per quello di piazza Cavour ai 105mila del Leonardo di piazza Scala, dalla statua di Napoleone III nel Parco Sempione (360mila euro) a Palazzo Moriggia, la sede del museo del Risorgimento che ha bisogno di 750mila euro fino alle lapidi della Loggia dei Mercanti. Anche questo progetto fa parte del bilancio: tra le pieghe del documento, è stata inserita la possibilità per sedici delle trenta cascine che l’amministrazione vuole recuperare, di fare bandi - saranno lanciati dopo l’approvazione in Consiglio comunale - per gestioni molto lunghe: dalla Carliona alla Cottica in via Natta, dalla San Bernando nel parco della Vettabbia per cui era andata deserta una gara pochi mesi fa, alla Campazzino. Segni di un passato agricolo da reinventare. L’obiettivo, spiegano in Comune, non è tanto fare cassa, ma fare in modo che pezzi del patrimonio non vadano in malora. Chi presenterà un’offerta - sono previsti anche project financing - dovrà finanziare i lavori di ristrutturazione e presentare piani tecnici ed economici. È anche per dare la possibilità di rientrare dei costi, che la gestione si è allungata e che saranno previste anche funzioni private come ristoranti o, magari, ostelli. Nelle linee guida, però, il Comune immaginerà soprattutto un futuro pubblico. Con punteggi maggiori per le attività agricole, l’alimentazione, la residenza sociale e temporanea, le attività per la città.

Per la cascina Brusada e per la Cottica, descritte come «inserite in contesti residenziali», è prevista la vendita. C’è già un caso, però, che diventa politico. È quello della cascina Torchiera, occupata dagli anni Novanta. Il bando, chiariscono da Palazzo Marino, sarà «aperto a tutti». Se vorranno partecipare, gli occupanti dovranno comunque costituirsi in un’associazione. Il capogruppo del Pdl Carlo Masseroli parte già all’attacco: «Prima si sgombera e poi si pensa alla gara». Il presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo non vede ostacoli alla partecipazione del centro sociale, anche senza bisogno di liberare gli spazi: «Senza di loro sarebbe già caduta a pezzi». Il consigliere di Sel Luca Gibillini si augura «un tavolo» sul modello del Leoncavallo.

Corriere della Sera

Il Comune vende le cascine, ma è scontro sul Torchiera

di Elisabetta Soglio

Mica solo la Sea e la Galleria. Il Comune ha definito anche un piano di cessione di alcune delle proprie cascine: 16, per la precisione, destinate ad essere assegnate in diritto di superficie fino a 90 anni, attraverso un bando pubblico «sulla base degli esiti di gara e con valutazione di offerta tecnico-economica». La decisione è già formalizzata e inserita all'interno del bilancio 2012 e del pluriennale 2012-2014. «Obiettivo principale — garantisce l'assessore all'Urbanistica, Ada Lucia De Cesaris — non è tanto quello di fare cassa, quanto di evitare che si disperda un patrimonio, dando allo stesso tempo la possibilità di attivare all'interno delle strutture una serie di iniziative utili per la città».

Ma c'è già una polemica, perché l'elenco comprende anche la Cascina Torchiera da anni occupata da un gruppo di giovani e da qualche famiglia (per il primo giugno è tra l'altro organizzato un happening: «Venite a ballare a Cascina Torchiera per coprire il nostro buco di bilancio, perché non abbiamo né Lusi né Belsito a darci una mano».Se ne è discusso in commissione consiliare, quando il capogruppo del Pdl, Carlo Masseroli, ha tagliato corto: «Prima di mettere a gara questa struttura è chiaro che va liberata. Come è chiaro che non può partecipare a una gara chi ha occupato». Pronta la replica di Basilio Rizzo, della Federazione delle Sinistre: «Va bene la gara e va bene non concedere privilegi a nessuno. Ma non possiamo neppure tagliar fuori chi in tanti anni ha comunque tenuto in piedi un pezzo del patrimonio del Comune, evitando che cadesse a pezzi come altrimenti sarebbe accaduto». Ancora Masseroli: «Rischiamo di creare un precedente pericoloso. Occupo e tengo in ordine, così dopo quel pezzo di città diventa mio. Così si esce dalle regole e senza regole Milano diventa fuori controllo». Dal Comune non sono giunte ancora risposte ufficiali al quesito posto dall'opposizione, anche se pare che l'orientamento sia quello di consentire ai chiunque voglia di partecipare al bando. Poi, si vedrà.

Il progetto del Comune prevede che i bandi partano appena approvato il bilancio, quindi entro l'estate. Le cascine Brusada e Cotica sono le uniche che verranno messe in vendita: per le altre si procederà con il diritto di superficie e qualche concessione d'uso, sulla base dei progetti che errano presentati. I vincitori dei bandi dovranno impegnarsi al recupero degli immobili e all'insediamento «di specifiche funzioni pubbliche individuate in sede di bando, da affiancare a quelle di carattere privato capaci di generare reddito, che dovranno garantire la sostenibilità economica del recupero».Nel bilancio si lancia anche una ricerca di sponsor per salvare venti monumenti cittadini: da Palazzo Moriggia, sede del Museo del Risorgimento (spesa prevista di 750 milioni, divisi in due interventi), all'Arco di Porta Nuova (600 milioni) e a quello di Porta Ticinese 850 milioni); dalla statua di Napoleone III al Parco Sempione (360 milioni) a quelle di Leonardo da Vinci (105 milioni) e di Giuseppe Missori (90 milioni).

la Repubblica

Fiumi e canali soffocati dai rifiuti resta il mistero su chi deve salvarli

di Franco Vanni

Il canale Vettabbia, che attraversa il Sud milanese, è una discarica per batterie d’auto e latte di vernice. Dal Seveso, che pure è interrato, la polizia provinciale recupera almeno due volte l’anno carcasse d’auto, bombole del gas e intere cucine. La Martesana, in cui ancora si scaricano acque sporche, all’altezza di via Idro viene periodicamente riempita di pneumatici di auto esausti che nella maggior parte dei casi recuperano i vigili urbani pur senza averne competenza. E c’è il caso eterno del cosiddetto Lambro meridionale, il tratto del fiume Olona che incrocia senza mischiarsi il Naviglio Pavese all’altezza di via Chiesa Rossa, sempre intasato di plastica e rifiuti pesanti. Le prime interrogazioni al Comune sullo «scempio ambientale» dei corsi d’acqua milanesi le fece il Pci negli Anni Ottanta e da allora poco è cambiato. I fiumi e i canali di Milano soffrono: nonostante gli allarmi periodici di Legambiente e delle guardie ecologiche volontarie, le Gev, le istituzioni sembrano lontane dal trovare una risposta a una domanda apparentemente semplice: a chi spetta la pulizia?

Minimo comune denominatore delle situazioni di degrado nei corsi d’acqua cittadini è la contesa fra Comune, Provincia, Amsa e consorzi di gestione sulle competenze per la cura e il recupero di alveo e acque. «A noi spetta la pulizia delle sponde, non dei corsi, e solo nel caso gli argini costeggino strade comunali - spiega Sonia Cantoni, presidente di Amsa - Non mi pronuncio sulla razionalità di questa situazione, ma il nostro contratto è chiaro». La convenzione fra Amsa e Comune sarà rinnovata a giugno 2013. «L’augurio è che si renda più razionale il sistema delle competenze - dice Lorenzo Baio, del settore acqua di Legambiente Lombardia - si decida finalmente a chi spetta fare cosa». Cantoni pone una condizione: «Sarebbe bene che il soggetto incaricato delle bonifiche e della pulizia fosse unico».

Nella giungla delle competenze non riconosciute succede che nelle "teste" dei fontanili del parco delle Cave, alla periferia ovest cittadina, siano rimasti immersi per anni quintali di pannelli di eternit da 60 centimetri per 80, rimossi poi dalla polizia provinciale grazie alla buona volontà di una pattuglia di agenti. E la Roggia Vettabbia, che raccoglie acqua di falda pompata per evitare l’allagamento delle fermate della metropolitana, è inquinata al punto che si preferisce non bonificare il fondo. «Smuovendo il limo - dice un perito a cui Palazzo Marino si rivolse nel 2010 - si rischierebbe di disperdere nell’acqua le sostanze pesanti imprigionati nel fango». Ma il problema non è solo la contaminazione chimica. Il consigliere di Zona 5 Piermario Sarina ha consegnato al parlamentino di quartiere un dossier fotografico sulle condizioni «vergognose e indecenti» del canale all’altezza di via dell’Assunta: sacchi dell’immondizia, copertoni e arredi da ufficio riempiono il canale. «Si decida chi pulisce, punto e basta», dice Sarina. Ma non è così facile.

Della cura dei 38,9 chilometri della Martesana per statuto si occupa il Comitato per il restauro delle chiuse dell’Adda, «con la Provincia di Milano» e «con il sostegno della Regione Lombardia». Ma a nessuno dei tre enti spetta la pulizia dell’alveo. La «manutenzione strutturale» dei Navigli maggiori, Grande e Pavese, è disciplinata da una convenzione fra Scarl (società regionale) e consorzio Villoresi: anche in questo caso non c’è chiarezza su chi debba pulire acqua e fondo, da cui ogni anno vengono recuperati quasi 250 quintali di rifiuti. Per il tratto cittadino del Lambro - dalle cui rogge Legambiente periodicamente tira fuori tonnellate di televisori, materassi e cartelli - la competenza è formalmente distribuita fra Comune, Provincia e Regione. Peccato che a pulire alla fine siano i volontari.

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