Questa è una crisi di governo assai difficile e anche pericolosa. Cavarsela dicendo che è tutta colpa di Rossi e Turigliatto è, anche numericamente, sbagliato. Se il governo è andato in minoranza è perché, al Senato, c’è una destra che non ha gradito che D’Alema abbia parlato di discontinuità. L’obiettivo principale di questa crisi sono le forze di sinistra, i loro valori. Ma la cosa è aggravata dal fatto che la sinistra è in grande difficoltà, impreparata all’attacco e cerca solo di difendersi, non di contrattaccare. E ciò che emerge dalle prime indiscrezioni sul vertice notturno di maggioranza [vedi l'allegato in calce - ndr] confermano questa debolezza, privando la sinistra di quel potere «contrattuale» che aveva cercato di esercitare finora.
Ma questa crisi è anche pericolosa, perché assai controproducente è la tentazione della maggioranza uscita vincente dalle elezioni di un anno fa di sopravvivere con concessioni di merito o tentando di rafforzare la sua maggioranza con contributi centristi. Già La Stampa di ieri titolava il suo editoriale con «Galleggiare tentazione fatale». Insistere a galleggiare è il modo migliore per affogare. Massimo D’Alema credo che questo pericolo lo abbia tenuto in conto parlando di «discontinuità», che, penso, lui abbia visto anche nell’intervento italiano in Libano.
Questa crisi, per non anticipare esiti peggiori, dovrebbe invece essere una lezione per la nostra sinistra. Dovrebbe indurla a un serio esame autocritico della sua condotta fino a questo momento, dovrebbe farle capire che la massa di sostegno che l’ha portata al governo si è allentata, che delusi e astensionisti sono cresciuti di numero. Che la gestione del programma dell’Unione è stata deludente e scoraggiante. E dovrebbe capire altresì che la grande manifestazione di Vicenza è stata anche espressione di critica e di spinta nei confronti del centrosinistra. Quasi a dire: «Romano, fai una cosa di sinistra».
Invece sembra che non stia andando così: se Romano Prodi riuscirà a tenere insieme la sua maggioranza trasformandosi in una sorta di dominus sulla base dei dodici punti «irrinunciabili» annunciati ieri, forse riuscirà a mantenere il controllo di Palazzo Chigi (salvo nuove imboscate), ma non a ridare fiducia e responsabilità partecipativa a quel vasto popolo che adesso è depresso ed esasperato. Sarà magari un nuovo inizio ma non una buona ripartenza.
Insomma un po’ di fiducia in questo nostro paese bisognerebbe averla e mi pare che nell’attuale crisi della politica il paese, nonostante tutto, sia un po’ meglio della sua rappresentanza. Proprio per questo, se non ci fossero le condizioni per fare chiarezza, meglio il ricorso alle urne - anche correndo il rischio di perdere - piuttosto che soluzioni pasticciate, subordinate agli interessi tutt’altro che limpidi di pezzi residuali di ceto politico democristiano. Gli ibridi improvvisati non hanno mai prodotto risultati positivi per questo paese. E nemmeno le larghe intese.