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Marco Ponti
Soldi pubblici e grandi opere: questione di priorità
13 Luglio 2012
Invertire la rotta
Le “Grandi Opere” non servono: neanche a creare occupazione. Oltralpe se ne stanno accorgendo. Il Fatto Quotidiano, 13 luglio 2012 (m.p.g.)

Pare (lo sostiene Le Figaro), che il governo Hollande abbia scoperto che non ci siano i soldi per tutte le grandi opere avviate da Sarkozy e che occorra stabilire delle priorità. Tra i progetti in forse c’è anche la linea ferrovia-ria Torino-Lione, malamente soprannominata Tav. Apriti cielo! Ma non era un progetto irrinunciabile, da cui non si poteva tornare indietro, e che la Francia tutta voleva realizzare? Anche Hollande si era espresso a favore durante la campagna elettorale. Ma poi, forse, un qualche realismo ha prevalso, anche indipendentemente dalla crisi. Molti studiosi francesi indipendenti avevano infatti già espresso forti dubbi, esattamente come in Italia; e anche lì altrettanto inascoltati, dato il peso degli interessi intorno a queste “fontane di soldi pubblici”.

É un bene per l’Italia? Non sappiamo ancora, né sappiamo se la Torino-Lione uscirà dall’elenco o no. Ma sicuramente è un bene che si evidenzi l’assoluta necessità di determinare una gerarchia tra progetti. C’è da sperare che questa gerarchia sia determinata sulla base di valutazioni economiche e finanziarie trasparenti, democraticamente conoscibili e discutibili. Questo è il nocciolo della questione, che non vuol dire che alla fine la scelta non debba essere politica, anzi. Ma esplicita sì, si tratta di un prerequisito irrinunciabile, quando ci sono in gioco tantissimi soldi pubblici e lobby molto potenti.

In particolare, il quadro macroeconomico (per entrambi i paesi) richiede che ogni euro di spesa pubblica sia indirizzato a creare la massima occupazione possibile, il più rapidamente possibile. Dobbiamo rilanciare la domanda interna e farlo rapidamente. I lavoratori spendono subito, non possono accumulare. Le grandi opere hanno caratteristiche opposte: per ogni euro, creano poca occupazione rispetto alle piccole opere e alle manutenzioni, e la creano nel lungo periodo. Poi il settore ferroviario richiede molti più soldi pubblici di quello stradale, nonostante le sue benemerenze ambientali (che spesso vengono sovrastimate, e non certo in modo innocente). Speriamo che il governo Monti faccia tesoro di questa evoluzione francese, e si decida a fare un po’ di analisi economiche indipendenti e comparative, cosa mai fatta fin’ora da nessun governo.

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