Ieri sera, officiato dal gran ciambellano Bruno Vespa, è stato celebrato il trionfo di Berlusconi, l’uomo che mantiene tutte le promesse, descritto qui minuto per minuto. L’occasione era l’inaugurazione ad Onna, delle “Case assolutamente definitive”, così le ha definite Guido Bertolaso, per i primi terremotati. Il capo della protezione civile ha aggiunto che “entro la fine del mese saranno smontate tutte le tendopoli in Abruzzo e tutti gli sfollati saranno sistemati nelle abitazioni”. Silvio Berlusconi ha così potuto affermare “Era una promessa ardita ma l’abbiamo mantenuta. Speriamo che servano solo per poco tempo, ma queste case sono case dotate di ogni ben di Dio. C’è anche il sapone, la carne e le coperte. C’è proprio tutto”.
Per provare a fare un po’ di chiarezza tra la cortina fumogena mediatica che ha visto Totò-Berlusconi e Peppino-Vespa protagonisti di Porta a Porta, diciamo che ieri sono state inaugurate le prime casette di legno provvisorie: 94 appartamenti prefabbricati di varia metratura costruiti dalla Provincia Autonoma di Trento e montate dalla protezione civile trentina, grazie ai 5,2 milioni di euro della Croce Rossa Italiana, che ospiteranno oltre 200 persone, una più una meno. Dove sia il “merito” di Berlusconi, la “grande promessa mantenuta” e il grande evento che giustificava una diretta tv in prima serata con la modifica del palinsesto di 3 reti (Rai1, Rai3 e Cabale 5) è un mistero purtroppo facilmente spiegabile.
A fronte di 200 e più persone che da stasera hanno una casetta (provvisoria) di legno la popolazione assistita, dati al 13 settembre della Protezione civile, è di 36.456 persone, di cui 11 mila ancora in tenda, 15,5 mila in albergo e oltre 9 mila ospiti in case private. L’enfasi di questa inaugurazione ha una ragione, secondo Bertolaso, Berlusconi e Vespa: mai in nessun paese al mondo dopo 162 giorni dal sisma c’erano i primi rientri a casa. A parte il fatto che non è una casa ma un Map di legno, c’è un paese al mondo dove si riuscì a fare ancora più in fretta. Questo paese si chiama Italia: nel terremoto del 1980 in Irpinia, infatti, dopo 122 giorni dal terribile sisma che fece migliaia di morti, furono consegnate a Laviano, vicino Salerno, 150 casette in legno tipo chalet con 450 persone sistemate. Il sindaco di allora, Rocco Falivena, dice che “A maggio dell’81 tutti gli sfollati, nessuno escluso, riuscirono ad avere il salottino, la camera da letto riscaldata, il piccolo patio con giardino. In tutta franchezza quella di Onna mi sembra una zingarata”.
Ma una zingarata la possiamo perdonare, dato che – dice Berlusconi mentre Vespa si frega le mani – tra pochi giorni consegneremo le Case costruite dal Governo ai senza tetto. 4.000-4.500 C.A.S.E., Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili. A fine settembre, se tutto va bene, saranno consegnati i primi 4 lotti, circa 20 edifici. Per gli altri, la previsione slitta di giorno in giorno, e ora si parla di “fine anno”. Prendiamo per buona questa promessa. Queste abitazioni riusciranno a soddisfare circa 14 mila persone. Facendo una stima a naso, visto che dai sopralluoghi al 3 settembre viene fuori che su 70 mila edifici privati 36.501 agibili e 34 mila non agibili, di cui oltre 22 mila praticamente distrutti o inabitabili per un lunghissimo periodo, le C.A.S.E. non basteranno per tutti. Finalmente lo ammette anche la protezione civile.
Infatti ieri, proprio mentre inaugurava le 94 casette provvisorie di legno, Berlusconi firmava l’ordinanza 3806, stabilendo che il sindaco dell’Aquila dovrà individuare, con proprio decreto, i nuclei familiari che ne avranno diritto, stilando una classifica dei terremotati, in cui i “privilegiati” saranno quelli che hanno avuto dei familiari morti, o un disabile in famiglia, ecc. E per gli altri? Dal cappello a cilindro del premier, su pressione del preoccupatissimo Sindaco de L’Aquila, ecco spuntare i Map, i moduli abitativi provvisori. Le vecchie, care casette di legno. Del tutto uguali a quelle trentine inaugurate ad Onna ieri. Saranno circa 2.300, di cui – dice la protezione civile – circa 1.300 consegnate entro settembre. Le altre, si vedrà.
Tra Map (casette di legno) e C.A.S.E., 18 mila o al massimo 20 mila abruzzesi troveranno un tetto (provvisorio) entro la fine dell’anno, se tutto va lisco come l’olio. All’appello mancano quindi 16-18 mila persone. Alcuni forse torneranno nelle loro case, nel frattempo tornate agibili. Ma per molti l’inverno passerà in albergo, nelle caserme della Guardia di Finanza o chissà dove. Quindi un’emergenza costosissima (circa 900 milioni di euro: questo sì, un vero record!) che voleva evitare i container passando dalle tendopoli alle “case”, avrà successo solo utilizzando alberghi (pagati dal contribuente), caserme o chissà che altro. Ma la vera domanda a cui il premier sfugge è. quando inizia la ricostruzione? Quel momento in cui tutti hanno un tetto provvisorio (si chiamino C.A.S.E, Map, Container, sistemazione autonoma o altro) e si ricostruiscono le case. Quelle vere.
A quello che si vede andando in giro per L’Aquila e dintorni e per quello che se ne sa, oggi, a 162 giorni dal sisma, non si è fatto quasi nulla. L’Aquila, Onna e tutti gli altri paesi sono cumuli di ruderi, transennati e inaccessibili. Un monumentale ammasso di rovine, in attesa che qualcuno se ne occupi. Per la ricostruzione “leggera” sugli edifici parzialmente o temporaneamente inagibili, l’ordinanza n.3779 del 6 giugno era imprecisa ed incompleta, e si sono accumulati un po’ di ritardi. Ma è sulla ricostruzione “pesante”, quella dei 22 mila edifici distrutti, che al momento c’è il vuoto. Dice Bernanrdo de Bernardinis, il vice di Bertolaso, che “noi ci occupiamo dell’emergenza, al Sindaco e al presidente della regione spetta il coordinamento dell’attività di ricostruzione. Sarà vero, ma con quali soldi? Perché, dopo aver previsto, nel Decreto Abracadabra, una dotazione tra i 2 e 4 miliardi per la ricostruzione “pesante” a carico del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale gestito dalla presidenza del Consiglio, il governo si è dimenticato di questi soldi nella legge di assestamento del bilancio di luglio 2009.
Mentre Vespa e Berlusconi brindano sulla “promessa mantenuta”, molti sostengono che con gli 883 milioni di euro spesi finora per alberghi, tendopoli e piano C.a.s.e., si potevano acquistare container extra-lusso e case in legno che avrebbero permesso a tutti i 36 mila un appartamento più che dignitoso, davvero provvisorio e removibile, entro settembre 2009. E il patrimonio di moduli abitativi sarebbe tornato utile per future emergenze. L’urbanista Giovanni Nimis, protagonista della ricostruzione post-sismica del Friuli, che ha scritto un libro sulle “terre mobili”, critica il modello Bertolaso dicendo che “Siamo ritornati al tradizionale centralismo, quello del disastro del Belice, con il trasferimento coatto delle popolazioni, le costruzioni ex-novo e lo stato che decide tutto. Fu un fallimento che aveva alle spalle un’idea di stato ottocentesco e si nutriva delle illusioni di demiurghi che decidevano dall’alto della loro sapienza quale fosse il bene delle popolazioni sinistrate. Poi, con il Friuli, il modello è stato capovolto: lo stato finanziava, ma erano regioni e comuni a gestire il come ricostruire. E le popolazioni potevano intervenire su soggetti politici a loro più vicini e condizionarne le scelte. Ora in Abruzzo si torna indietro di quarant’anni.”
Speriamo che ci sia un po’ di esagerazione. Speriamo che tra qualche tempo, fossero pure anni, di queste riflessioni si possa sorridere, parlando di pessimismo disfattista. Ce lo auguriamo di cuore, soprattutto per gli amici dell’Abruzzo. Che per allora saranno tornati nella loro vera casa, speriamo, da un pezzo. Grazie a Silvio Berlusconi e con la collaborazione di Bruno Vespa. Con sapone, carne e coperte. Tutto.