il manifesto
Residenza negata. Indagato sindaco di Cittadella
di Orsola Casagrande
Usurpazione di funzione pubblica. L'avviso di garanzia inviato al sindaco di Cittadella, il leghista Massimo Bitonci, parla chiaro. I carabinieri hanno consegnato mercoledì mattina l'avviso di garanzia e posto sotto sequesto l'ordinanza che stabilisce che chi non ha un reddito sufficiente non può ottenere la residenza nel comune padovano.
L'indagine della procura di Padova nasce dall'ordinanza cosiddetta 'antisbandati' emessa da Bitonci che limita la concessione della residenza a chi può dimostrare di avere un reddito di almeno cinquemila euro l'anno e una casa 'dignitosa'. Immediata è scattata la solidarietà della Lega Nord. Roberto Maroni ha annunciato un suo intervento in parlamento. Mentre il sindaco di Cittadella ha definito una «forzatura» il provvedimento della magistratura, contro una ordinanza che «è già stata richiesta da centinaia di comuni». Anche Forza Italia si schiera con Bitonci. «L'ordinanza è assolutamente legittima - ha detto la vicepresidente dei deputati di Berlusconi, Isabella Bertolini - e l'avviso di garanzia inaccettabile. Un giudice - ha aggiunto la parlamentare - non può tentare di impedire a un primo cittadino, democraticamente eletto, di difendere adeguatamente i propri amministrati».
Di segno opposto i commenti del centro sinistra. «Non poteva finire altrimenti - ha detto il coordinatore della segreteria dei comunisti italiani, Severino Galante - l'iscrizione nel registro degli indagati del sindaco ha svelato la demagogica rozzezza e l'intrinseco razzismo alla base di una iniziativa che giustamente ora viene perseguita sotto il profilo giuridico». Per Galante a destare allarme è soprattutto «la plateale incostituzionalità del provvedimento che di fatto avrebbe visto il primo cittadino nell'inedita veste di tutore dell'ordine pubblico, ruolo che normalmente è di competenza delle forze dell'ordine». I comunisti italiani infine sottolineano la necessità di «contrastare la violenta campagna xenofoba che sta montando nel Veneto, portata avanti da amministratori locali di fede padana». Letteralmente sul piede di guerra la Lega Nord Padania. Il deputato Angelo Alessandri, presidente federale del partito, annuncia che sarà a Cittadella domenica. «Ci sarò con l'orgoglio di far parte di un movimento popolare che rappresenta la sua gente e che si stringe unito a difendere i nostri amministratori quando vengono attaccati perché fanno il loro mestiere, predisporre atti per la sicurezza e la serenità dei cittadini».
Da parte del governo, duramente criticato dal centro destra anche per alcuni provvedimenti del pacchetto sicurezza, ieri è arrivato il commento del ministro degli interni Giuliano Amato. «Non si può fare di Cittadella una repubblica diversa dalle altre», ha detto Amato che ha aggiunto: «Quella di Cittadella è una storia curiosa perché è il riassunto di discipline esistenti». Bitonci in effetti ha difeso la sua ordinanza sostenendo di essersi limitato a osservare provvedimenti e direttive. A partire dalla direttiva 30. «Il problema - dice l'avvocato Marco Paggi - è che l'idoneità alloggiativa e la pretesa di verificare la non pericolosità di una persona non hanno nulla a che fare con la l'iscrizione anagrafica». Il legale sottolinea che «il sindaco non ha poteri creativi. In questo caso ha anticipato poteri di polizia che non gli competono. La situazione a Cittadella non è tale - aggiunge l'avvocato - da giustificare provvedimenti urgenti in materia di salute e sicurezza pubblica. Inoltre la colpa vera è la discriminazione nei confronti di un gruppo di cittadini comunitari. Perché - conclude Paggi - solo formalmente l'ordinanza è rivolta a tutti».
la Nuova Venezia
«L’editto Bitonci: stato di diritto a rischio»
di Cristina Genesin
PADOVA. Procuratore Calogero, è la prima volta che mette sotto inchiesta un sindaco per usurpazione di funzioni...
«Sì, è la prima volta che mi capita. Vorrei precisare: è solo un’indagine. Non c’è nessuna sentenza. Si tratta di una ricerca volta a verificare se siano stati o no superati i limiti che definiscono l’area di liceità della condotta funzionale di un pubblico amministratore».
Perché si è attivato dopo l’informativa dei carabinieri che le hanno trasmesso l’ordinanza?
«Per spiegare il senso dell’inchiesta è necessario ricordare che la divisione dei poteri e il rispetto della distinzione di funzioni e di attribuzioni sono le fondamenta dello Stato di diritto. L’ordinanza afferisce ad una tematica di fondo dell’ordinamento giuridico complessivo, in quanto può intaccare uno dei pilastri dello Stato di diritto. Una tematica come l’immigrazione, il diritto di circolazione e di soggiorno di cittadini comunitari, l’ordine e la sicurezza pubblica è riservata in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato. Ripeto: è materia di legislazione esclusiva statale perché implica valutazioni che lo Stato riserva a sé. Materia disciplinata da leggi speciali: dalla Martelli del 1989 all’ultima, la legge numero 30 del febbraio scorso (di attuazione di una direttiva Ue relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri). Queste leggi hanno un contrassegno che le accomuna: sono coerenti con il quadro costituzionale. Lo Stato riserva esclusivamente ai propri organi - quello centrale individuato nel Ministro degli Interni, quelli periferici rappresentati dai prefetti e, come autorità provinciali di pubblica sicurezza, i questori - la disciplina del diritto fondamentale di circolare e di soggiornare da parte dei cittadini di altri Stati membri dell’Unione. La maggior parte degli allontanamenti, infatti, spettano al Ministro dell’Interno, una parte minoritaria al prefetto».
Ecco la cornice in cui si inserisce l’indagine...
«È il fondamento. Ribadisco: il punto oggetto della ricerca in relazione al quale si è impostata l’indagine è di accertare il superamento o meno dei limiti imposti dalla riserva di legge. Al vaglio penale non rientrano altri aspetti dell’ordinanza che, magari, afferiscono ad irregolarità amministrative. Io non me ne occupo».
Allora quali punti dell’ordinanza potrebbero aver rilievo penale?
«C’è un unico punto di possibile rilevanza penale. Ripeto possibile. Si tratta degli ultimi due capoversi dell’ordinanza, nella parte dispositiva, in cui si legge che è istituita una commissione interna avente il compito, fra l’altro, di accertare anche per notizie direttamente acquisite la pericolosità sociale di chi richiede l’iscrizione anagrafica in modo da stabilire il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica. Questo accertamento preliminare all’iscrizione anagrafica - che si prevede oggetto di una segnalazione in questura - è il focus dell’indagine: il rappresentante dell’ente territoriale, infatti, ha istituito una commissione con date funzioni. È qui che ci può essere un’appropriazione di poteri specifici - con riferimento all’accertamento della pericolosità e dell’eventuale messa in pericolo dell’ordine pubblico - che appartengono ad altri organi dello Stato, in ragione di quella competenza legislativa riservata in via esclusiva allo Stato di cui ho parlato prima. Così un organismo locale, la commissione comunale parallela ad organismi statali, mette in moto un sub-procedimento con l’acquisizione diretta di dati in una materia riservata allo Stato. Perciò l’eventuale appropriazione dei poteri in tale materia può ledere non solo il buon funzionamento della Pubblica amministrazione, ma la stessa personalità dello Stato».
Ritiene che l’ordinanza del sindaco di Cittadella potrebbe costituire un precedente grave?
«La ragione dell’iniziativa giudiziaria è che l’ordinanza non inerisce un aspetto secondario ma riguarda un principio cardine dell’ordinamento del nostro paese. L’informazione di garanzia non è stata emessa con l’aria di mazzolare nessuno, bensì per salvaguardare, ripeto, un principio basilare. Gli altri aspetti dell’ordinanza non rientrano nell’inchiesta che mi è parso doveroso avviare per stabilire se siano stati o meno superati i limiti posti a salvaguardia della legislazione riservata allo Stato e a tutela delle attribuzioni proprie degli organi statali. Uno dei doveri che ho come procuratore della Repubblica è di sovrintendere al rispetto delle regole».
Dunque è la commissione l’elemento critico, almeno dal punto di vista penale.
«La commissione rende evidente che si sono creati una procedura e un organismo paralleli rispetto a quelli statali».
L’ordinanza del sindaco di Cittadella è del 16 novembre. L’informazione di garanzia è stata firmata il pomeriggio del 21 novembre. Perché tanta fretta?
«Il caso oggi è limitato, ma pensiamo se si moltiplica per migliaia di Comuni. La prontezza dell’iniziativa giudiziaria è legata al fatto che più si allarga l’applicazione di un’ordinanza come quella di Cittadella, più si estende il danno. E se si riesce a contenerlo, tanto meglio. In più l’atto afferisce ad una tematica fondamentale. E, come procuratore, ho il dovere di avviare un’indagine quando ritengo esserci un vulnus in uno dei principi fondamentali dello Stato di diritto da Montesquieu in avanti, il principio della divisione dei poteri».
Secondo lei nel testo ci potrebbero essere profili di incostituzionalità?
«Di quest’aspetto se ne occuperanno eventualmente altri, io mi limito al profilo penale».
Insomma è la previsione della commissione a fare a pugni con la legge.
«Alla fine l’iscrizione anagrafica è un atto dovuto: quindi non si può introdurre qualcosa che è in contrasto con la legge. Tra pericolosità sociale e iscrizione anagrafica non c’è collegamento. Altrimenti un diritto fondamentale rischia di aver mille ancoraggi e di mancare di effettività».
Perché solo il sindaco Bitonci è stato indagato e non, per esempio, gli altri componenti della commissione?
«L’atto istitutivo della commissione e fondante di quella che potrebbe essere un’anomalia è un atto sindacale».
Ma il sindaco ha cercato di dare una risposta alle richieste dei cittadini che si sentono sempre più insicuri...
«Io capisco il bisogno di sicurezza. E comprendo il fermento dei sindaci che avvertono l’esigenza di colmare le carenze e di rispondere alle istanze dei cittadini. Tutto, comunque, deve avvenire nel rispetto soprattutto di una regola fondante: non è consentito farsi giustizia da sé. E neppure è consentito, per fare un esempio, torturare un indagato al fine di accertare una responsabilità. È pur vero che l’obiettivo finale è legittimo, tuttavia devono essere legittimi anche gli atti strumentali: in democrazia è consunstanziale il rispetto delle regole che l’ordinamento appresta per realizzare il bene comune. Una democrazia o uno Stato di diritto si valutano non tanto in ragione del risultato ma degli obiettivi che conseguono nel rispetto dei diritti altrui e delle regole. Guai a scavalcarli».
Allora pure per quanto riguarda le ronde padane potrebbero esserci rilievi di carattere penale?
«Anche se oggi non hanno la configurazione iniziale più pregnante, ho sempre pensato che potessero aprire un varco ad operazioni di destabilizzazione involontarie. C’è un cono d’ombra. E poi guai a far entrare nel sistema-opinione l’idea che lo Stato non riesca ad assicurare una tutela effettiva dei diritti fondamentali e autorizzi, o peggio tolleri, altre forme di tutela non controllate dallo Stato e dagli organi che, nell’assicurare tutela, si assumono le proprie responsabilità e agiscono garantendo il rispetto dei diritti. Sono discorsi pericolosi: la tutela va contemperata con il principio di responsabilità».
Il problema ha un’altra faccia: i cittadini reclamano più sicurezza e il rispetto delle regole, i sindaci (in questo caso Bitonci) cercano di dare risposte. Ed ecco l’ordinanza...
«Ammetto: lo stato di amministrazione della giustizia è disastroso. Tuttavia questo non giustifica scorciatoie. Tutto quello che non è raggiunto nel rispetto delle regole, non vale niente».