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Paolo Berdini
Si pagano le mancanze del governo
27 Gennaio 2010
Articoli del 2010
La politica della casa del governo non degrada solo le città, uccide anche le persone. Il manifesto, 27 gennaio 2009

Nella chiesa madre di Favara sono stati celebrati i funerali delle due povere bambine sepolte dal crollo di un edificio fatiscente del quartiere del Carmine. Alle esequie stavolta non c'è stata la rituale passerella dei politici di rilievo e per il governo non c'era nessuno. Temevano forse che qualcuno gli avrebbe chiesto conto su due fatti gravissimi compiuti di recente. Il 2 ottobre 2009, infatti, il Consiglio dei ministri aveva impugnato il piano casa della regione Basilicata perché condizionava gli ampliamenti edilizi alla predisposizione del «fascicolo del fabbricato», la carta d'identità di ogni edificio, uno strumento che esiste nei paesi civili e obbliga la proprietà a certificare la solidità degli edifici. Era previsto anche in un disegno di legge del 1999 (il 4339 bis), ma non fu mai convertito in legge e mai più ripresentato. Affermava che: «I comuni individuano le aree al cui interno sono compresi i fabbricati da assoggettare prioritariamente al programma di messa in sicurezza del patrimonio edilizio, attraverso la puntuale ricognizione del singolo fabbricato e del relativo stato di conservazione, nonché l'attuazione delle misure tese a favorirne la manutenzione programmata».

Sembrano parole scritte appositamente per Favara. Era dunque importante che almeno una regione lanciasse il messaggio culturale che è ora di mettere in sicurezza il territorio e gli edifici, così da scongiurare la morte di vittime innocenti. Il governo ha ritenuto al contrario più produttivo ubbidire alla potente associazione dei proprietari edilizi, la Confedilizia da sempre contrarissima all'introduzione di queste pur modeste regole. E, a dimostrazione del loro cinismo, l'impugnazione del provvedimento della Basilicata avvenne proprio il giorno successivo della frana di Messina in cui si contarono 35 vittime. Ma non basta ancora. A funerali appena conclusi, il consiglio dei ministri del 15 ottobre decide di impugnare un analogo provvedimento approvato dalla regione Lazio. In entrambi i casi la Confedilizia ha espresso il proprio vivo compiacimento.

E' dunque questo il motivo dell'assenza degli esponenti del governo. Rischiavano di dover essere chiamati a rispondere alla famiglia Bellavia e all'intera nazione a questo quesito: perché da noi il cieco egoismo di una categoria di super ricchi non permette di dotarsi di strumenti di civiltà, condivisi dalla totalità della popolazione italiana?

Nel paese che ha regalato per valori talvolta irrisori a poche grandi società immobiliari un immenso patrimonio abitativo pubblico, poi, è stata cancellata qualsiasi politica abitativa pubblica. Tanto che il sindaco di Favara, pur in presenza di sacche così estese di disagio abitativo, lascia 56 alloggi pubblici vuoti. Le case popolari devono scomparire dal vocabolario istituzionale, ci penseranno i famelici gruppi cui è stato regalato il patrimonio di tutti. I campanelli d'allarme sono ormai troppi, da Messina a Rosarno fino a Favara, è il ruolo dello Stato che deve essere ricostruito nella sua autorevolezza e credibilità.

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