La tramvia di Desio va in pensione. Oggi, dopo 130 anni, i vagoni che hanno trasportato generazioni di studenti e lavoratori dalla Brianza a Milano si fermeranno dopo l’ultima corsa delle 23.10. Carrozze vecchie di quarant’anni e rotaie senza manutenzione da due anni l’hanno reso «pericoloso per gli utenti», ha sentenziato il ministero delle Infrastrutture in una relazione di sei mesi fa. I Comuni attraversati dal tracciato, Desio e Nova Milanese su tutti, però non ci stanno e annunciano battaglia.
Dal centro della cittadina brianzola fino al capolinea a Milano, in via Ornato, in zona Niguarda, le rotaie in alcuni punti sono così malmesse che i conducenti devono procedere alla velocità di cinque chilometri all’ora. «La linea non viene chiusa, solo sospesa per disposizione del Comune di Milano e di Atm. Mantenerla in attività non aveva senso, in gioco c’è l’incolumità dei passeggeri», taglia corto Giovanni De Nicola, assessore provinciale ai Trasporti. Per ora, al posto delle carrozze scende in campo un servizio sostitutivo di autobus, che si dovrà fare carico dei mille pendolari che ogni giorno usano il tram. «Bus di 18 metri che finiranno per congestionare ancora di più il traffico - replica Roberto Corti, sindaco di Desio - . Ancora non ci hanno nemmeno fornito il percorso e non sappiamo dove sono previste le fermate».
Entro marzo dovrebbero partire i lavori per spostare la vecchia linea che passa dal centro della cittadina brianzola per portarla in periferia, in via Milano. Il progetto, 230 milioni di investimento, è pronto da dieci anni. Il 60 per cento dell’opera è già stato finanziato dal governo, il restante 40 è da suddividere tra Regione, Province di Milano e Monza e Comuni interessati. «Col Patto di stabilità voglio vedere dove troveremo i soldi», si domanda Corti. «In primavera partiranno i lavori e per giugno 2014 tutto sarà a posto», assicura l’assessore. Ma il primo cittadino di Nova Milanese, Laura Barzaghi, è scettico: «Nel 1981 a Vimercate tolsero il tram dicendo che a breve sarebbe arrivata la metropolitana, tutto era pronto. A distanza di trent’anni i cittadini aspettano ancora che inizino gli scavi. Non siamo disposti a fare la stessa fine».
postilla
Quella di smantellare artificiosamente le reti di linee tranviarie di superficie usando via via motivazioni tecniche per modernizzazioni, sicurezza, diseconomicità e compagnia bella, è una pratica iniziata verso la metà del ‘900 dalle grandi compagnie automobilistiche americane a livello nazionale, che faceva tra l’altro anche, localmente, il gioco di alcuni speculatori immobiliari. Là si acquisiva la maggioranza azionaria della compagnia e poi con sotterfugi di vario genere (finanziari, accordi apparentemente vantaggiosi con la pubblica amministrazione, ricerche addomesticate ..) si arrivava al classico trionfo del mezzo privato, e comunque della rete stradale con la sua controparte di “indifferenza localizzativa” e impossibilità di politiche pubbliche territoriali serie. Non è un sospetto da urbanisti dietrologi, ma un fatto documentato da parecchie ricerche storiche negli archivi delle compagnie colpevoli. Si veda ad esempio il bell'articolo di Al Mankoff sul sito istituzionale Trasporti New Jersey.
Noi, indipendentemente da modi e tempi, seguiamo a ruota: ha senso, in un’epoca di discussione su mobilità dolce, spazi condivisi, primato del trasporto su rotaia in diretto collegamento agli spazi pubblici centrali e alla multifunzionalità, cancellare, e/o decentrare una linea del genere? Credo che la risposta non sia necessaria, e neppure un esercizio di dietrologia. Al massimo, di psichiatria (f.b.)