Come barlumi nella nebbia, segnali nel buio, alcuni accadimenti di segno diverso che riguardano il Mezzogiorno sono rintracciabili sulla stampa di questi ultimi mesi e giorni.
Il primo segnale è dello scorso settembre, e viene da Confindustria, che in Sicilia ha deciso di espellere le aziende che pagano il pizzo. Gli imprenditori hanno dunque compreso che senza legge non c’è mercato, libertà d’azione, dignità del lavoro, prospettiva futura. Il ministro Lunardi aveva torto: nessun tipo di convivenza è possibile, perché alla fine la moneta cattiva scaccia sempre quella buona. Una decisione storica, che va sostenuta e tempestivamente esportata nelle altre regioni, a cominciare dalla Campania, dove appare integro il patto collusivo tra criminalità, imprenditoria e politica, che ha trasformato da tre lustri l’emergenza rifiuti in un affare lucroso.
Il secondo segnale giunge dal presidente della Sardegna, Renato Soru, che ha motivato il suo assenso a ricevere parte dei rifiuti campani, con l’esigenza di tener fede al patto di coesione nazionale. Tra tanti localismi e opportunismi, si fa strada finalmente un ragionamento istituzionale, una visione diversa del nostro paese, fatta di responsabilità, cooperazione, confronto civile. Questa scelta gli è valsa l’assalto notturno della casa da parte di un’orda di farabutti, ma l’opposizione a Soru è più ampia, per colpa del piano paesaggistico che protegge le coste e, pare, del suo brutto carattere, che è poi l’accusa che gli italiani riservano solitamente alle persone serie e rigorose.
Un ultimo segnale, nelle recenti dichiarazioni del ministro Bersani, secondo il quale è meglio restituire a Bruxelles i fondi comunitari, piuttosto che spenderli male. Non avremmo mai sperato di udire simili parole da un ministro di governo italiano. Secondo Bersani troppi soldi non aiutano lo sviluppo del Sud, e comunque gli aiuti comunitari dovrebbero essere impiegati esclusivamente per fabbricare beni comuni, per rimpinguare la dotazione di capitale sociale. Il ministro ha naturalmente ragione, ma sembra non cogliere un aspetto importante della questione. Negli ultimi decenni, i fondi strutturali sono stati sostitutivi più che integrativi dei trasferimenti ordinari. Essi hanno rappresentato quindi le sole risorse a disposizione, che sono state diffusamente impiegate ricorrendo a procedure discrezionali, non ordinarie, emergenziali, perché “altrimenti si perdono i fondi”. Il problema vero è questo: quello di una classe dirigente perennemente tesa alla ricerca di grimaldelli istituzionali e procedurali – si tratti di commissariati straordinari o di procedure di spesa derogatorie – con lo scopo di aggirare i controlli democratici, e di poter liberamente alimentare la zona grigia, la fabbrica malsana del consenso.
Dalle nostre belle isole, ma anche da Roma, barlumi, segnali, frammenti di un discorso politico. In fiduciosa attesa che da qualche parte maturi una nuova sintesi.