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Tim Parks
Se un uomo cresce con due culture
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Ancora alla ricerca di ciò che c’è tra la nostra società e il terrorismo. Da il Corriere della sera del 24 luglio 2005

Dieci anni fa un mio amico iniziò una storia con una giovane cinese cresciuta nella periferia londinese. Ambedue erano molto innamorati. Lui però era sposato con due figli piccoli.Lei accennava a un matrimonio combinato dalla sua famiglia. Convinto che l'amore avrebbe avuto la meglio, il mio amico abbandonò la moglie. Per sei mesi vissero insieme felici. Poi, quando l'uomo scelto dai genitori della ragazza arrivò da Hong Kong, lei se ne andò per sposarlo. Quello che sconvolse il mio amico fu che lei non soffriva per il sacrificio del loro amore. «Sembra un'altra persona», mi disse.

Si dice che il modo migliore di produrre il bilinguismo è di far sì che un bambino parli sempre e solo una lingua a casa e un'altra fuori. Così cresce sotto due incanti diversi, due visioni del mondo nettamente separate. Ognuno di noi sa quanto è facile, specialmente durante l'adolescenza, essere una cosa per i nostri genitori, un'altra per gli amici. Ma quelli che passano costantemente da una cultura a un'altra sono quasi costretti a costruirsi due personalità. A noi mostrano quella costruita tra di noi, nella nostra lingua, in linea con la nostra visione, ma non possiamo concepire come essi siano nella loro altra cultura d'origine. Tutto questo è una ricchezza, finché i due mondi non entrano in collisione.

Supponiamo che in ogni famiglia la personalità dei figli si formi anche in rapporto a quelle che sono le preoccupazioni maggiori dei genitori, degli zii, dei nonni. Una famiglia che a tavola ogni giorno descrive il mondo in termini del bene e del male costringerà i figli a occupare una posizione tra queste due polarità. La famiglia dei fratelli Karamazov di Dostoevskij è l'esempio più famoso, forse fin troppo schematico. Un figlio è apertamente dissoluto, uno è santo, e uno si arrovella, terribilmente diviso tra l'una e l'altra posizione. Tutti è tre sono simili, però, in quanto non riescono a pensare alla vita se non in questi termini.

Non è difficile immaginare che per la famiglia musulmana che si trasferisce in Occidente una delle preoccupazioni dominanti sarà come e quanto adattarsi a una società laica e liberale, come e quanto mantenere le tradizioni, la «purezza» della cultura d'origine. I figli si costruiranno un' identità anche in rapporto a queste due polarità. Si vedono situazioni simili anche in un romanzo come «Il giardino dei Finzi Contini», dove l'io narrante, ebreo, in contrasto con un padre che vuole integrarsi con la società italiana, fascismo compreso, viene fortemente attratto verso un'altra famiglia ebrea che vuole isolarsi totalmente.

Uno dei terroristi che si è fatto esplodere a Londra il 7 luglio era figlio di un pachistano che ha fatto di tutto per integrarsi nel mondo inglese, padrone addirittura di un Fish n' Chip Shop. Più inglese di così, non si può. Il figlio adolescente a un certo punto assume una posizione in contrasto col padre, comincia a studiare intensamente il Corano. Hanif Kureishi aveva previsto un rapporto simile tra padre e figlio nel suo romanzo «The Black Album». Ma non aveva previsto che, durante l'inevitabile viaggio in Pakistan per riscoprire le proprie radici, il giovane sarebbe venuto in contatto con quelli per cui il rifiuto dell'Occidente è anche la molla del terrorismo.

Tornato trasformato in Inghilterra, in conflitto in casa con l'Islam liberale del padre, fuori casa il giovane mantiene lo stesso la sua altra personalità tutta inglese, la personalità costruita accanto a persone che non pensano al mondo in termini di una scelta tra Occidente o Islam. Così non dobbiamo meravigliarci se pochi mesi prima di commettere un' atrocità si trova a godersi un'uscita in rafting facendosi fotografare vicino a una bionda inglese con i capelli sciolti che tiene il timone e comanda — cosa scandalosa — tutti i maschi nel gommone. Non c'è niente di strano in tutto ciò, anche se si può immaginare che l'esplosione del 7 luglio avrà messo fine a tante tensioni e contraddizioni.

Che fare? Come con il global warming, il surriscaldamento del pianeta, scopriamo il problema dopo che il danno è fatto. Ci saranno migliaia di persone cresciute in questa dinamica che possono essere vulnerabili rispetto a chi, cresciuto in tutt'altra realtà, vuole manovrarle.

«Se volessi arrivare dove vuole andare Lei — amano rispondere gli irlandesi a chi gli chiede delle direzioni — non partirei da dove Lei è adesso». La strada semplice non c'è. Se c'è una via possibile, però, passerà senz'altro attraverso una lunga riflessione sulla vita dei giovani immigrati nei nostri Paesi. Ci sarà anche bisogno, forse, di rivedere il significato della parola identità.

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