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Giovanni Valentini
Se la Rai diventa una potenza atomica
1 Maggio 2010
Articoli del 2010
Due mazzate al nostro futuro con una botta sola: B. degrada l’informazione pubblica e aumenta il rischio nucleare. La Repubblica, 1° maggio 2010

Mentre il presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza Sergio Zavoli dichiara che «la credibilità della Rai è crollata, perché non si rispettano autonomia e qualità», il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi le infligge il colpo mortale annunciando una campagna pubblicitaria a favore dell´energia nucleare sulla tv di Stato a colpi di spot. Reduce dall´incontro con il suo amico Putin, ultimo esemplare di comunista autentico in circolazione, il nostro premier non esita così a dissipare l´autonomia residua della televisione pubblica, certificandone la subalternità strumentale alla politica del governo nell´indifferenza o addirittura con l´acquiescenza dei dirigenti di viale Mazzini.

Quello di Berlusconi è un ragionamento inquietante nella sua banale semplicità: il progetto del ministro Scajola - già, proprio quello degli 80 assegni "neri" per un valore di 900 mila euro utilizzati per pagare più della metà di una casa al Colosseo per la figlia - prevede di iniziare i lavori della prima centrale nucleare in Italia entro tre anni. Ma, avverte lo stesso presidente del Consiglio, «prima di individuare il luogo in cui realizzare una centrale nucleare, bisogna che cambi l´opinione pubblica italiana». Da qui, la fulminante idea degli spot sulle reti della Rai per «fare una vasta opera di convincimento».

L´energia, dunque, come un fustino da lavatrice o una confezione di pannolini. Paghi uno e prendi due. Magari con i punti fedeltà, i bollini premio o lo sconto convenienza. Una campagna pubblicitaria, più che di informazione e persuasione, che fa torto innanzitutto alla vera pubblicità, onesta, trasparente, corretta e veritiera. Come quelle per le creme miracolose che promettono di far crescere i capelli, i muscoli o il pene.

C´è tutta la cultura politica - si fa per dire - di Berlusconi in questo annuncio. Il presidente del Consiglio non chiede al servizio pubblico di dedicare alla questione energetica i talk show televisivi, i programmi di approfondimento, trasmissioni d´inchiesta o eventualmente di confronto e di dibattito. No, pretende d´imporre la logica della propaganda governativa, come ai tempi infausti del Minculpop, il Ministero della cultura popolare di marca fascista. Un lavaggio del cervello, insomma, a livello di massa.

La televisione pubblica come megafono del potere. La tv di Stato come tv di regime. La Rai come succursale o dépendance di Palazzo Chigi.

Si dirà, magari, che così è sempre stato. Ma francamente la degenerazione del servizio pubblico non era mai arrivata fino a questo punto di totale subalternità e asservimento alla politica. Tanto più che - ricordiamolo sempre - il capo del governo è anche il principale concorrente della Rai, il suo competitor diretto sul mercato degli ascolti e della pubblicità. E quindi, il maggior beneficiario della crisi che attanaglia l´azienda di viale Mazzini.

Il governo di un Paese civile e democratico non può, tuttavia, affrontare legittimamente una scelta fondamentale come quella energetica a colpi di spot, di slogan, di effetti speciali. Se fosse vero - come dice Berlusconi - che oggi il 54% degli italiani considera necessario il ritorno all´energia atomica, che cosa ne facciamo del restante 46%? Li esentiamo dal canone d´abbonamento alla Rai? Oppure, li dirottiamo tutti sulle reti Mediaset?

La questione in realtà è troppo seria e importante per essere risolta con una campagna pubblicitaria. Qui non si tratta di vendere un prodotto commerciale o di "piazzare" una merce. Si tratta piuttosto di discutere apertamente, dati e cifre alla mano, per confrontare pareri e opinioni diverse attraverso il contraddittorio più ampio. La decisione evidentemente non può essere rimessa al ministro Scajola, già troppo occupato a maneggiare assegni di provenienza quantomeno sospetta.

Nel 1987 fu un referendum abrogativo a respingere a larga maggioranza la scelta nucleare. Giusto o sbagliato che fosse quel responso, al momento rappresenta tuttora la volontà popolare. E per ribaltarla, occorre semmai una consultazione pubblica libera dalle suggestioni e dagli imbonimenti propagandistici del regime televisivo.

Ammesso che i lavori per la costruzione della prima centrale inizino davvero entro tre anni, ce ne vorranno almeno altri dieci per realizzarla. Nel frattempo, rischieremo di perdere la "chance" delle fonti rinnovabili, aggravando ulteriormente la nostra dipendenza energetica che vale per il petrolio, per il gas o per il carbone come pure per l´uranio. E intanto la Rai continuerà ad andare alla deriva, o naufragherà definitivamente, tra i diktat, gli spot e gli slogan governativi.

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