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Ivan Berni
Sconfitti dal voto i predicatori di paura
18 Maggio 2011
Milano
Una conferma del voto affatto emotivo nel capoluogo lombardo: la gente oltre a guardare la televisione vive anche la città, diamogli retta. La Repubblica Milano, 18 maggio 2011 (f.b.)

È stata la sconfitta della politica della paura. Lo specchio in cui i milanesi possono finalmente guardarsi, da lunedì sera, rimanda l’immagine di una città cambiata in profondità. Una città che non risponde più alla tastiera dei comandi utilizzata dagli stregoni del centrodestra. Quella dei 500 sgomberi dei rom, del coprifuoco, del divieto di costruire moschee, della chiusura dei locali dove si fa musica, dei clochard cacciati a pedate dalle strade, dei servizi sociali tagliati, dei vigili trasformati in vigilantes o celerini. Nella sorpresa generale, la volontà di cambiamento dei milanesi è stata molto più potente di qualsiasi previsione. Come al solito i sondaggisti – che qualche riflessione sul loro mestiere dovrebbero pur farla, per pudore – non si erano accorti di nulla. La voglia di voltar pagina si è sentita, fortissima, in tutta la campagna elettorale. Ma anche ai più ottimisti sulle speranze di Pisapia e della coalizione di centrosinistra è sfuggito quanto fosse definitivo e impietoso il giudizio negativo su Letizia Moratti e la sua giunta.

L’esito elettorale del primo turno dice che ampie porzioni dell’elettorato moderato milanese si sono ribellate all’idea di rivedere donna Letizia a Palazzo Marino per altri cinque anni. L’irruzione di Silvio Berlusconi sulla scena ha costituito un motivo in più per l’abbandono di Letizia al suo destino. Se c’erano buone ragioni per non ridarle fiducia, la presenza invadente del Cavaliere nell’ultima parte della campagna le ha addirittura moltiplicate. Il ballottaggio, ora, si presenta come una sorta di agonia per il sindaco uscente. Soltanto un miracolo potrebbe rovesciare un esito che già ora sembra condannare il centrodestra all’opposizione. Pisapia e le forze del centrosinistra fanno bene a non abbassare la guardia, ma davvero non si riesce a immaginare la resurrezione di un candidato totalmente groggy con un mentore come il Cavaliere, che all’orizzonte intravvede la fine della sua parabola politica.

Il cambio di pelle di Milano è evidente dal voto per le circoscrizioni. Il centrodestra padrone della città dal lontano 1993 ha perso ovunque. Ha perso clamorosamente nel centro storico e in tutte le altre otto zone. Il risultato è doppiamente significativo non solo perché replica e spesso migliora, a livello di quartiere, il dato cittadino, ma anche perché nelle zone si votano le persone, prima dei partiti. E i candidati scelti dal centrosinistra hanno fatto il pieno. Tutta la città, senza eccezioni, ha bocciato un’amministrazione pessima e insieme ha alzato il cartello di fine corsa per il centrodestra.

Questa omogeneità contiene uno spunto di grande interesse. Il messaggio è netto: chi andrà a Palazzo Marino deve, per prima cosa, occuparsi a fondo, con cura e passione, di una città che il centrodestra ha usato come magazzino elettorale retrocedendola a capitale della Padania. A nessuno verrà più concesso di usare Milano come un parco buoi, come un recinto di obbedienti yesmen, come hanno fatto il Cavaliere e la sua tenutaria Letizia. La solenne bastonata ricevuta al primo turno dal centrodestra è una ribellione aperta alle tante brutte favole, e prese per i fondelli, raccontate in questi anni. Dall’Expo umiliata fra risse e incapacità di gestione, alla beffa dell’Ecopass svuotato di qualsiasi efficacia, allo stato di degrado e abbandono dei quartieri popolari, alle truffe di Santa Giulia fino alle esondazioni del Seveso: i milanesi si sono ricordati benissimo dello spettacolo avvilente cui hanno dovuto assistere. E ne hanno tratto le conseguenze.

Infine, Milano cambia anche perché punisce la Lega. Il partito di Bossi sognava di essere il solo beneficiario dello scontento per Letizia Moratti. Sognava di superare il 15% e invece ha raccolto meno del 10. Questo solo dato basterebbe a indicare quanto sia davvero cambiato il vento. I predicatori di paura, gli uomini pronti a invocare il diritto differenziato contro gli immigrati, a discriminare in classi ghetto i bambini stranieri, a vietare le moschee sono rimasti, quasi, a bocca asciutta. La città ha riscoperto il piacere del coraggio civile. Quello che ai leghisti non è mai piaciuto.

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