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Dario Del Porto
Sarno, ricostruzione infinita e l'abusivismo torna a colpire
11 Giugno 2008
Articoli del 2008
Dieci anni dopo la frana, un territorio ancora sotto la minaccia del dissesto idrogeologico. Da la Repubblica, 1° maggio 2008 (m.p.g.)

La sera in cui venne giù la montagna l'ospedale era pieno di medici, infermieri e pazienti. Molti restarono intrappolati, quando l'onda di fango sommerse la frazione di Episcopio. Oggi l'insegna annerita del pronto soccorso è ancora lì, abbandonata, in via Pedagnali, tra le case appena ricostruite e quelle in attesa di essere completate. Ritrovarsi ora davanti all'ingresso del presidio dove sanitari, ammalati e soccorritori persero la vita, fa pensare che l'orologio della storia, per la comunità di Sarno, si sia idealmente fermato intorno alle mezzanotte del 5 maggio 1998, quando una frana spaventosa, otto ore dopo il primo smottamento, seminò distruzione e provocò 137 vittime. Dieci anni dopo quel disastro, molte cose sono cambiate ma altre sono rimaste uguali a prima. «È come vivere senza una gamba. Cammini, ma la tua esistenza non è più la stessa», dice Antonio Milone: allora aveva 31 anni e nella sciagura perse il padre, Gaetano. L'ospedale Villa Malta non è più in via Pedagnali. La nuova struttura, realizzata nei pressi dell'autostrada, è già in funzione. Si chiama, adesso, Martiri di Villa Malta, per non dimenticare la sciagura che sconvolse, oltre a Sarno, i comuni vicini di Siano, Quindici e Bracigliano. La data della tragedia dà il nome a una grande piazza riaperta nel 2006 dopo anni di attesa. Alle vittime è dedicato un mausoleo. La ricostruzione però non è stata portata a termine. E anche se il disastro ha ricordato al mondo che la montagna va rispettata, qualcuno evidentemente non ha imparato la lezione se è vero, come afferma con amarezza il sindaco, Amilcare Mancusi, che «ancora siamo costretti intervenire per costruzioni realizzate abusivamente nella zona rossa»: vale a dire nell'area dove per ragioni di sicurezza è proibita qualsiasi opera edilizia.

La sera del 5 maggio ‘98 Mancusi era consigliere comunale, dal 2004 è sindaco alla testa di una coalizione di centrodestra. Milone invece guida l´associazione Rinascere che riunisce i familiari delle vittime. La ricostruzione, dice Mancusi, «è all'80 per cento. L'entrata in funzione dell'ospedale ha rappresentato un segnale concreto. Ma la ferità è ancora aperta, troppa gente aspetta ancora la propria casa». Milone è più severo: «Speravamo di non vivere un'altra Irpinia. Confidavamo in uno scatto d'orgoglio che non c´è stato. Se possibile, le cose sono andate addirittura peggio che in Irpinia. La ricostruzione è partita con cinque anni di ritardo e procede come in un famoso passo del Manzoni: "Adelante, Pedro, con judicio"».

Oltre all'ospedale, spiega il sindaco, «sono state completate almeno 60 abitazioni e, per quanto riguarda la messa in sicurezza del territorio, undici vasche per contenere l'acqua, alcune delle quali grandi il doppio di un campo di calcio, e una rete di canali lunga 18-20 chilometri. Ma restano da costruire 24 abitazioni in via Casa Sale, alle quali si aggiungono altre 18 in zona Ponte Alario, dove è stata solo sistemata la prima pietra. Soprattutto, non è stato realizzato il Centro polifunzionale di Protezione civile che dovrebbe ospitare anche un eliporto e la caserma dei vigili del fuoco».

Ieri si è concluso il mandato del commissariato straordinario retto dal governatore Antonio Bassolino e dal vice, Agostino Magliulo. Si va verso una soluzione-ponte, con l'attribuzione di poteri speciali limitati ad obiettivi specifici. Una deroga, dunque, non una proroga, in attesa che entri in funzione l'Agenzia regionale per la difesa del suolo, prevista per la fine dell'anno. «Risulta realizzato o in via di completamento - spiegano dalla Regione - l'89 per cento delle opere necessarie alla messa in sicurezza dei centri abitati». Bassolino definisce «positivo» il bilancio delle attività svolte dal commissariato. «Era un dovere dello Stato - afferma - dare risposte alla popolazione e la Regione ha finanziato gli ultimi interventi con 77 milioni di euro».

Milone però non si fa illusioni. «La tragedia, pur tra tanti lutti, ci aveva offerto l'opportunità di studiare questi eventi e prevenirli per evitare una nuova Sarno. Invece, dopo tutto quel che è successo, siamo stati costretti a registrare altre alluvioni: Cervinara, Nocera, l'ultima a Ischia, per rimanere solo in Campania». E in tutta Italia il dissesto idrogeologico minaccia ampie parti del territorio.

Sulla sciagura è stato scritto un libro "Robertino salvato dal fango" che racconta la storia di Robertino Robustelli, il ragazzo che riuscì a sopravvivere dopo essere rimasto intrappolato per due giorni nelle macerie della sua abitazione. Da quel testo, scritto a quattro mani con Ernesto Dello Jacono, è stato tratto il dramma intitolato, semplicemente, "Fango". Con l'assoluzione del sindaco dell'epoca, Gerardo Basile, e dell'allora assessore Ferdinando Crescenzi, si è concluso il processo di primo grado istruito con l'ipotesi di omicidio colposo plurimo. I due esponenti politici erano accusati di non aver lanciato tempestivamente l'allarme e di non aver ordinato l'evacuazione della città. Il Tribunale li ha scagionati con la formula più ampia, «perché il fatto non sussiste». Il processo d'appello riprenderà a settembre.

Sul monte si vedono ancora le piaghe scavate dalle frane di quella notte. «A livello emotivo, quello che pesa di più è l'assenza - dice Milone - non solo delle persone, ma dei luoghi dove siamo cresciuti e abbiamo trascorso la nostra vita». Dieci anni dopo, quelle ferite sulla montagna sembrano confermare quel che oggi molti, a Sarno, pensano: è il territorio, la vittima numero 138 del disastro.

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