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Sardegna: comunicazione e cementificazione
24 Settembre 2011
Sardegna
Da la Repubblica, 23 settembre 2011, un articolo di A. Cianciullo sullo stravolgimento del Piano paesaggistico, e un commento di G. Valentini con una grossa bugia sulla fascia di tutela delle coste. Postilla

Cemento in riva al mare residence e campi da golf il sacco della Sardegna

di Antonio Cianciullo

ROMA - Legge salva coste abolita, vecchi piani di lottizzazione tirati fuori dai cassetti, 25 campi da golf per succhiare un’acqua che con il caos climatico diventerà sempre più preziosa. E, a chiudere in bellezza, un’altra colata di cemento che la giunta regionale si appresta ad approvare. È la cura del Pdl per una Sardegna che ha resistito all’epoca d’oro dell’urbanizzazione selvaggia e rischia di cadere ora, proprio in vista del traguardo di uno sviluppo economico dolce, capace di far leva sulla bellezza del paesaggio per creare un’onda lunga di occupazione e benessere.

L’allarme viene dalle associazione ambientaliste insorte di fronte a un sistema di deroghe che aumenta la possibilità di costruire nuova cubatura sulla fascia costiera. «L’attacco è cominciato con il piano casa del 2009, il biglietto da visita della giunta Cappellacci dopo una campagna elettorale che era stata direttamente sponsorizzata dal presidente del Consiglio», spiega Gaetano Benedetto, direttore delle politiche ambientali del Wwf. «Questo piano casa prevede ampliamenti con aumenti di volume dal 10 al 45 per cento ed elimina una serie di controlli: potrebbe portare all’apertura di circa 40 mila cantieri per opere anche entro la fascia dei 300 metri dal mare. È incredibile che una Regione dalle risorse infinite come la Sardegna immagini una crescita attraverso la strada predatoria del mattone anziché attraverso uno sviluppo armonico del suo territorio e della sua identità».

Il Pdl replica parlando di semplificazione delle procedure. In effetti le nuove procedure sono così semplici che, nel disegnare il progetto di riforma, è saltato anche il dialogo con i diretti interessati, gli amministratori locali. Invece di consultarli, la maggioranza di centrodestra ha deciso di affidarsi alla pubblicità, sostenuta dai fondi pubblici. Sui quotidiani sardi sono comparse due pagine a pagamento per sostenere la tesi che il Piano paesaggistico regionale voluto dalla vecchia giunta Soru contiene troppi vincoli, troppi divieti, mentre per rilanciare l’economia bisogna ricorrere al mattone.

«È un segno di irresponsabilità politica: dei soldi utilizzati in questo modo in un momento in cui la gente è affamata e disperata dovranno rendere conto», protesta Gian Valerio Sanna (Pd), padre del Piano paesaggistico regionale della giunta Soru. E sulle 90 pagine del nuovo Piano di deregulation si scatena la protesta dell’opposizione e degli ambientalisti, preoccupati che il complesso intrico di deroghe in discussione dia il via libera all’assalto delle campagne e faccia saltare i vincoli anche entro i 300 metri dalla costa.

«È particolarmente grave il progetto dei campi da golf», sottolinea Ermete Realacci, responsabile Pd per la green economy. «Non tanto per l’intervento, pur pesante, in termini di acqua e pesticidi, ma perché costituiscono la testa di ponte per una cementificazione selvaggia». Il meccanismo – spiega Vincenzo Tiana, presidente di Legambiente Sardegna – è semplicissimo: si crea un campo da golf sostenendo che è solo un prato verde, perché opporsi? e poi si costruisce un annesso villaggio turistico perché da qualche parte chi gioca a golf deve pure dormire.

«Con il pretesto di favorire l’occupazione si stravolgono le norme di tutela della Sardegna senza comprendere che, così facendo, si raggiunge un risultato opposto a quello dichiarato», ricorda Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente onorario del Fai. «Solo difendendo l’incalcolabile patrimonio dell’isola in termini di paesaggio, e della cultura che ha contribuito a disegnare nel corso dei secoli questo paesaggio, si potrà mettere a punto un’economia duratura e di ampio respiro, in grado di funzionare al di là della breve stagione turistica attuale».

L’ultimo assalto a colpi di spot

di Giovanni Valentini

CEMENTO libero, edilizia selvaggia. Non sarebbe certamente uno slogan di successo per una campagna promozionale o pubblicitaria sul turismo in Sardegna. E in realtà il nuovo Piano paesaggistico regionale minaccia di danneggiare, oltre all’ambiente, anche lo sviluppo e l’economia dell’isola. Bastano 90 pagine e 76 articoli per provocare un tale disastro?

Sì, purtroppo possono bastare. Non solo per le deroghe predisposte dalla giunta Cappellacci che di fatto smantellano i vincoli introdotti dal predecessore, Renato Soru, autorizzando così un assalto al territorio e in particolare alle coste. Ma ancor più per il metodo centralistico e autoritario con cui la Regione ha impostato il suo Piano, eliminando la procedura delle "intese" e quindi il confronto con le amministrazioni locali nella fase progettuale per sostituirlo con un bombardamento mediatico a colpi di pagine a pagamento sui giornali.

Più che eccessivi, i limiti fissati a suo tempo da Soru potevano risultare arbitrari e addirittura inefficaci: il divieto di costruire entro due chilometri dal litorale, nonostante le migliori intenzioni, rischiava di risultare - come qui abbiamo già scritto allora - troppo o anche troppo poco, a seconda dei casi, della conformazione della costa e delle sue caratteristiche. Ma adesso la possibilità di deroga addirittura all’interno della fascia finora superprotetta di trecento metri dalla battigia, a favore delle strutture ricettive esistenti, è senz’altro insufficiente per salvaguardare l’integrità del paesaggio, tanto più nei tratti di particolare pregio.

Non c’è dubbio che, per alimentare l’industria del turismo, occorre realizzare nuovi edifici e nuovi impianti, magari riqualificando prima il patrimonio recuperabile. E in questa prospettiva, gli alberghi, i porti e i campi da golf - contemplati nel Piano paesaggistico regionale - possono contribuire allo sviluppo locale, a condizione ovviamente che i rispettino la natura e l’ambiente. Altrimenti, con gli eco-mostri o con gli scempi edilizi, i turisti non arrivano o se ne scappano presto.

In una terra meravigliosa come la Sardegna, e in tutte le altre regioni meridionali privilegiate dal sole e dal clima, si può e si deve alimentare un turismo sostenibile, cioè compatibile con la tutela dell’eco-sistema, cercando di allungare la stagione al di là dei due o tre mesi estivi in modo da favorire l’occupazione nel settore alberghiero e in tutto l’indotto. E perciò servono gli alberghi, i porti e a maggior ragione possono servire gli impianti golfistici, in grado di richiamare anche in pieno inverno visitatori italiani e stranieri che diversamente vanno in Spagna, in Portogallo, in Marocco, in Tunisia o da qualche altra parte. Si tratta, però, di stabilire dove e come costruire questi alberghi, questi porti o questi campi, per ridurre al minimo e magari azzerare il loro impatto ambientale.

Quello che occorre, in Sardegna o altrove, è dunque un sano riformismo verde che rifugga dagli "opposti estremismi", tutto o niente, due chilometri o trecento metri e anche meno, per conciliare le esigenze dello sviluppo con le ragioni del territorio. A volte è proprio l’eco-radicalismo a provocare reazioni uguali e contrarie, offrendo involontariamente un alibi alle truppe delle ruspe e del cemento, agli speculatori, ai saccheggiatori del paesaggio. O perfino a chi impugna la bandiera ambientalista per difendere solo i propri interessi, le proprie tenute o residenze al mare o in campagna. È una specie di "effetto Nimby" alla rovescia, dove l’acronimo "not in my back yard" (non nel mio giardino o nel mio cortile) - coniato per descrivere l’atteggiamento comune contro le centrali nucleari - si può estendere e applicare al contrario a certi "signori dell’ambiente" che spesso predicano bene e razzolano male.

Postilla

Sulla strategia, mediatica e non, del clone sardo di Berlusconi, si vedano su eddyburg anche gli articoli di Antonietta Mazzette e, completo di spot pubblicitario allegato, di Sandro Roggio. La sortita di Cappellaci non è quindi una novità per i nostri lettori. Lo è invece la persistenza nell'errore di Valentini.

Giovanni Valentini, stimabile per i suoi interventi su altri argomenti, persiste infatti nel affermare falsità quando parla della Sardegna, e in particolare dal suo ex presidente Renato Soru e del piano paesaggistico regionale. Persiste a dire che è un errore grave il vincolo su 2000 metri di costa. Egli sostiene che «il divieto di costruire entro due chilometri dal litorale, nonostante le migliori intenzioni, rischiava di risultare - come qui abbiamo già scritto allora - troppo o anche troppo poco, a seconda dei casi, della conformazione della costa e delle sue caratteristiche». Dimentica, o finge di dimenticare, che il vincolo dei 2km era solo l'estensione temporanea del vincolo di 300 metri già imposto, provvidenzialmente, su tutte le coste italiane dalla legge Galasso. Un vincolo temporaneo, di 18 mesi, in attesa del piano paesaggistico. Il quale effettivamente e puntualmente arrivò, e dispose appunto un vincolo differenziato a seconda delle diverse caratteristiche dei diversi tratti della costa. La speranza è che Valentini faccia affermazioni non vere solo quando si parla della Sardegna di Soru, e non quando tratta gli altri argomenti. Ma sarebbe meglio se non lo facesse mai

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